FONDAZIONE STUDI C.D.L. – Circolare 14 maggio 2013, n. 5
Tirocini, princìpi normativi e giurisprudenza della Corte costituzionale
La Corte costituzionale (sentenza 11 dicembre 2012, n. 287) ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 11 del d.l. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148/2011, ritenendo lo stesso, nonostante la formale affermazione di “livelli di tutela essenziali per l’attivazione dei tirocini”, come da rubrica dello stesso articolo, lesivo delle prerogative delle Regioni, che sole possono intervenire a normare la materia.
La norma dichiarata incostituzionale.
La sentenza della Corte costituzionale è intervenuta sull’art. 11 d.l. 138/11, il cui testo prevede(va) al primo comma che “i tirocini formativi e di orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in funzione di idonee garanzie all’espletamento delle iniziative medesime. Fatta eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati ammessi a misure alternative di detenzione, i tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neodiplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio”.
Per il secondo comma poi, “in assenza di specifiche regolamentazioni regionali trovano applicazione, per quanto compatibili con le disposizioni di cui al comma che precede, l’articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e il relativo regolamento di attuazione”.
La sentenza n. 287/2012 della Corte costituzionale.
La Corte costituzionale individua nella istruzione e formazione professionale, cui ascrivere la materia dei tirocini formativi e di orientamento non curriculari, un ambito oggetto della esclusiva di cui all’art. 117, co. 4, della Costituzione, per il quale “spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”.
La Consulta giunge alla dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 11 del d.l. 138/2011 ritenendo che lo stesso invada tale territorio di competenza normativa residuale (ed esclusiva) delle Regioni.
Il percorso logico-giuridico dei giudici delle leggi muove dalle premesse dichiarate dalla pronuncia, che richiamano altri provvedimenti conformi a quello in discorso.
La giurisprudenza della Corte, anche in tempi recenti, ha chiarito che, dopo la riforma costituzionale del 2001, la competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione e formazione professionale “riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a ciò destinati, sia mediante strutture proprie che le singole Regioni possano approntare in relazione alle peculiarità delle realtà locali, sia in organismi privati con i quali vengano stipulati accordi» (sentenza n. 50 del 2005). Viceversa, la disciplina della formazione interna – ossia quella formazione che i datori di lavoro offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti – di per sé non rientra nella menzionata materia, né in altre di competenza regionale; essa, essendo intimamente connessa con il sinallagma contrattuale, attiene all’ordinamento civile, sicché spetta allo Stato stabilire la relativa normativa (sentenza n. 24 del 2007)”.
La giurisprudenza successiva ha avuto modo di precisare, peraltro, che i due titoli di competenza non sempre appaiono «allo stato puro» (così la sentenza n. 176 del 2010 in relazione al regime dell’apprendistato), ed ha chiarito che il nucleo «di tale competenza, che in linea di principio non può venire sottratto al legislatore regionale (…) – al di fuori del sistema scolastico secondario superiore, universitario e post-universitario – cade sull’addestramento teorico e pratico offerto o prescritto obbligatoriamente (sentenza n. 372 del 1989) al lavoratore o comunque a chi aspiri al lavoro: in tal modo, la sfera di attribuzione legislativa regionale di carattere residuale viene a distinguersi sia dalla competenza concorrente in materia di istruzione (sentenza n. 309 del 2010), sia da quella, anch’essa ripartita, in materia di professioni (art. 117, terzo comma, Cost.), nel quadro della esclusiva potestà statale di dettare le norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo comma, lettera n, Cost.)» (così la sentenza n. 108 del 2012).
Perciò, prosegue la sentenza n. 287/2012, l’art. 11 d.l. 138/2011 è incostituzionale in quanto invade la competenza normativa delle Regioni. Il comma 1 della disposizione, infatti, interviene a stabilire i requisiti che devono essere posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento. La seconda parte del medesimo comma, poi, dispone che, fatta eccezione per una serie di categorie ivi indicate, i tirocini formativi e di orientamento non curricolari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere rivolti solo ad una determinata platea di beneficiari. In questo modo, però, la legge statale – pur rinviando, nella citata prima parte del comma 1, ai requisiti «preventivamente determinati dalle normative regionali» – interviene comunque in via diretta in una materia che non ha nulla a che vedere con la formazione aziendale.
D’altra parte – è ancora un passaggio della sentenza n. 287/12 – che la normativa in esame costituisca un’indebita invasione dello Stato in una materia di competenza residuale delle Regioni è confermato dal comma 2 del censurato art. 11, il quale stabilisce la diretta applicazione – in caso di inerzia delle Regioni – di una normativa statale, ossia l’art. 18 della legge n. 196 del 1997.
Conseguenze ed estensione della dichiarazione di incostituzionalità.
Proprio il richiamo della sentenza dell’art. 18 l. n. 196/97 suscita la necessità di verificare la sorte della norma alla luce della dichiarazione di incostituzionalità della Corte. Va subito precisato che giusta la caratteristica concretezza del giudizio di costituzionalità delle leggi assegnato alla Corte costituzionale, non v’è dubbio che la sentenza n. 287/12, e la conseguente declaratoria di incostituzionalità, non può che riguardare ed essere circoscritta all’art. 11 d.l. 138/2011, senza che tali effetti possano ritenersi automaticamente estesi a qualsiasi altra norma. E dunque, da un punto di vista rigorosamente procedurale, l’art. 18 l. n. 196/97 rimane vigente all’interno del nostro sistema di leggi.
Cionondimeno appare evidente, alla luce dei princìpi enunciati dalla Corte con la sentenza de qua, la necessità di respingere qualsiasi norma statale che, per la puntualità ed il dettaglio della disciplina dell’istituto dei tirocini, finisca per invadere l’area riservata alla potestà normativa regionale dal quarto comma dell’art. 117 Cost..
E dunque, i princìpi generali recati dall’art. 18, che non possono ritenersi invalidati dalla pronuncia né superati dalle recenti “linee guida”, rimangono pertanto immanenti alla materia.
Per tutto quanto sin qui rilevato, è da ritenersi la possibilità di una efficacia immediatamente sostitutiva e diretta della applicazione dell’art. 18 laddove manchi una normativa regionale, e ciò almeno fino a quando la Corte con sentenza specifica non dichiari incostituzionale tale normativa.
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