FONDAZIONE STUDI CONSULENTI DEL LAVORO PARERE N. 2 DEL 27 maggio 2013
OBBLIGHI ANTIRICICLAGGIO DEL CONSULENTE DEL LAVORO
Il consulente del lavoro nello svolgere la propria attività è obbligato alle disposizioni sulla normativa antiriciclaggio? E pertanto, all’identificazione del cliente, all’adeguata verifica ed eventualmente alla segnalazione di operazioni sospette? Il decreto 231/2007 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico il concetto di riciclaggio ai fini amministrativi. Oltre alla definizione, diversa rispetto a quella di carattere penale, prescrive delle regole di comportamento che determinati soggetti devono adottare per prevenire il riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo tramite il sistema finanziario ed economico. I soggetti indicati entrano così in un ruolo collaborativo con le autorità al fine di prevenire tale reato. La norma non è volta a punire il reato di riciclaggio in sé, che continuerà ad essere punibile sotto il profilo penale, ma la mancata collaborazione per la prevenzione di tale reato. È sostanzialmente richiesta la collaborazione a determinati soggetti, affinchè adottino idonei ed appropriati sistemi per verificare la clientela, nel rispetto della tutela della privacy. Il decreto individua 4 gruppi di soggetti destinatari di specifici obblighi di collaborazione per individuare possibili operazioni a rischio.
INTERMEDIARI FINANZIARI (art.11): si tratta di banche, poste, sim, società di investimento, imprese di assicurazione, agenti di cambio, ecc….
PROFESSIONISTI (art.12): sono divisi in 4 categorie, ossia a) gli iscritti all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili e consulenti del lavoro; b) ogni altro soggetto che rende servizi o prestazioni in materia di contabilità e tributi; c) notai e avvocati e d) i prestatori di servizi relativi a società e trust.
REVISORI CONTABILI O LEGALI (art. 13): si intendono sia i singoli revisori che le società di revisione
ALTRI SOGGETTI (art. 10 e art. 14) Recupero crediti, custodia e trasporto di denaro contante, gestione di case da gioco, anche via internet, agenzie di intermediazione immobiliare, case d’asta, fabbricazione di preziosi, commercio di cose antiche, ecc…
Sono previste, tuttavia alcune esclusioni. Quella che rileva ai nostri fini riguarda l’Attività di redazione e trasmissione delle dichiarazioni fiscali e attività legate all’amministrazione del personale.
A tal riguardo l’art. 12 al comma 3 prevede che gli obblighi di registrazione ed archiviazione non sussistono per i consulenti del lavoro per la mera attività di redazione e/o di trasmissione delle dichiarazioni derivanti da obblighi fiscali e per gli adempimenti in materia di amministrazione del personale di cui alla legge 11 gennaio 1979, n. 12.
Essi inoltre, su delega e in rappresentanza degli interessati, sono competenti in ordine allo svolgimento di ogni altra funzione che sia affine, connessa e conseguente, a quanto previsto nel comma precedente.
Ferma restando la responsabilità personale del consulente, questi può avvalersi esclusivamente dell’opera di propri dipendenti per l’effettuazione dei compiti esecutivi inerenti all’attività professionale.
Ne consegue, che rientrano non solo l’elaborazione dei cedolini, ma anche tutte le attività annesse e connesse alla gestione del personale.
E pertanto, per tutte le prestazioni tipiche dell’amministrazione del personale non esistono obblighi in relazione all’adeguata verifica e registrazione della clientela. Al riguardo, si evidenzia che il MEF con una nota di chiarimenti del 12 giugno 2008 ha precisato che la disposizione va interpretata in misura estensiva. Vale a dire non solo limitatamente alla mera redazione del cedolino paga, ma di tutte le attività comprese, appunto, nella L. 12/1979.
Pertanto, le attività svolte da un consulente del lavoro – oltre evidentemente alla gestione e consulenza strettamente connessa ed annessa al personale dipendente – che riguardino ad esempio consulenze su contratti di compravendita, societarie, tributarie, gestione della contabilità non rientrano nella citata esclusione. Quindi, per dette attività nasce l’obbligo di identificare il cliente e procedere alla adeguata verifica. Non va poi dimenticato che la deroga prevista non rileva quando il professionista ritiene che la prestazione richiesta (anche dunque in materia di personale dipendente ed adempimenti connessi) può essere riconducibile ad attività di riciclaggio. Infatti, in queste ipotesi, non valgono limiti o deroghe di sorta. Vale a dire che se il cliente, ad avviso del professionista, sebbene stia richiedendo la redazione del cedolino e null’altro, stia in realtà riciclando denaro illecito, scattano automaticamente tutti gli obblighi quali l’identificazione, la verifica e la segnalazione.
Infine, a completezza di argomentazione, si segnala che un’altra esclusione è collegata all’attività legata a procedimenti giudiziari.
Non esiste l’obbligo di segnalazione quando al professionista è richiesta una prestazione legata all’esame della posizione giuridica del cliente o per l’espletamento della difesa dello stesso, includendo anche la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare il procedimento. Questa esclusione è limitata alla mera segnalazione. Vale a dire che se al consulente del lavoro è richiesta una prestazione di difesa in un processo tributario, ad esempio, non sarà esentato dall’identificazione e dalla verifica adeguata del cliente, ma semplicemente, qualora scoprisse in tale sede un investimento di denaro di provenienza illecita, potrà evitare la segnalazione.
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