AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 269 del 30 marzo 2023
Fondi pensione – Esternalizzazione funzioni fondamentali – Esenzione IVA – Recupero IVA medio tempore applicata – Mancata tempestiva emissione note di variazione – Rimborso ex articolo 30-ter
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA (di seguito, ”Istante” o ”Società”) dichiara di effettuare, a favore di fondi pensione integrativi, servizi di revisione interna per lo svolgimento della funzione di revisione interna di cui all’articolo 5quater del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, recante la disciplina delle forme pensionistiche complementari.
L’Istante rappresenta che l’articolo 5bis del citato decreto istituisce l’obbligo per i fondi pensione di dotarsi di una serie di funzioni espressamente definite come ”fondamentali”, tra cui la funzione di revisione interna disciplinata dal successivo articolo 5quater, e che tali funzioni fondamentali possono essere esternalizzate ai sensi dell’articolo 5septies del medesimo decreto.
La Società, dunque, presta ai fondi pensione integrativi servizi di revisione interna in regime di esternalizzazione, le cui condizioni sono stabile in un apposito contratto.
Lo schema di contratto allegato dall’Istante ha per oggetto l’esecuzione, mediante la propria organizzazione e assumendone il relativo rischio di impresa, della funzione di revisione interna in ordine all’attività svolta dal fondo committente: nello specifico, prevede che la prestazione della funzione di revisione interna comporta lo svolgimento delle attività previste dai piani approvati dal consiglio di amministrazione del Fondo, e ha come principali ambiti di controllo quelli indicati dal decreto legislativo n. 252 del 2005 quali:
la correttezza dei processi gestionali e operativi riguardanti il Fondo;
l’attendibilità delle rilevazioni contabili e gestionali;
l’adeguatezza e l’efficienza del sistema di controllo interno;
l’assetto organizzativo del sistema di governo del Fondo, comprese le attività esternalizzate;
la funzionalità dei flussi informativi.
Le Parti concordano altresì che, nell’ambito dello svolgimento della funzione di revisione interna, l’Istante svolga ulteriori attività.
La Società precisa che la prestazione di revisione interna non comprende la diretta esecuzione dei c.d. controlli di 1° livello e di 2° livello (v., rispettivamente, ”controlli di linea” e di ”controlli sulla gestione dei rischi” contenute nell’art. 1 dello schema di Contratto allegato) e delle attività di tipo operativo che comportano l’assunzione di responsabilità gestionali.
Fanno capo al Fondo i doveri e le responsabilità riguardanti la costituzione e il mantenimento dei predetti controlli nonché la valutazione, in sede di progettazione e attivazione, della conformità legale di processi, procedure, prodotti, servizi, formule contrattuali elaborati dal Fondo medesimo.
La Società, pertanto, espleta controlli di 3° livello (secondo la definizione di ”controlli di internal audit” contenuta nell’articolo 1 dello schema di Contratto) adattando quanto previsto dagli standard internazionali per la pratica professionale dell’internal auditing al contesto normativo ed operativo delle forme di previdenza complementare.
L’Istante chiede il parere della scrivente in merito al trattamento IVA delle prestazioni dei servizi di revisione interna che rende ai fondi pensione integrativi in esecuzione dello schema di contratto allegato. Chiede in particolare di sapere:
1. se i predetti servizi sono esenti da IVA ovvero imponibili con aliquota IVA ordinaria;
2. il trattamento IVA delle funzioni specifiche (ad esempio, verifiche di attendibilità delle rilevazioni contabili e gestionali) che delega a terzi collaboratori nell’ambito della funzione di revisione interna (svolta in favore dei fondi pensione integrativi) e se tale trattamento dipende dalla disciplina IVA dei servizi di revisione interna dallo stesso fatturati ai fondi pensione;
3. nel caso si riconosca l’esenzione IVA ai servizi del quesito 1, le modalità di correzione delle fatture emesse sin dall’inizio del 2021 in regime di imponibilità nonché di recupero dell’IVA addebitata ai fondi pensione e versata all’Erario.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante rappresenta che per stabilire se i servizi di revisione interna prestati ai fondi pensione committenti sono esenti da IVA ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 1) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in seguito, ”Decreto IVA”) occorre prima definire cosa si intende per ”gestione” di fondi pensione.
Al riguardo cita la risoluzione 29 novembre 2011, n. 114/E che sul punto richiama i principi espressi dalla Corte di giustizia UE in relazione all’esenzione prevista dalla direttiva unionale per le operazioni di gestione dei fondi comuni di investimento.
Per la Corte di giustizia in particolare la nozione di ”gestione” di fondi comuni di investimento è una nozione autonoma del diritto dell’Unione europea che non può essere delimitata dalla legislazione interna degli Stati membri, ma deve essere interpretata uniformemente al fine di evitare divergenze nell’applicazione del regime IVA da uno Stato membro all’altro.
L’Istante riconosce che l’Agenzia delle entrate, in una serie di documenti di prassi, anch’essi, per lo più, concernenti l’interpretazione della nozione di ”gestione di fondi comuni di investimento”, ha sostanzialmente ribadito i principi elaborati dalla Corte di giustizia (cfr. risposte a interpello n. 489/2022, n. 363/2022, n. 206/2022, n. 104/2022, n. 631/2021, n. 527/2021, n. 628/2020, n. 75/2007 nonché risoluzioni n. 61/E dell’8 agosto 2018 e n. 97/E del 17 dicembre 2013; per quanto concerne i fondi pensione complementari, v. altresì la citata risoluzione n. 114/E del 2011).
Rilevante è la risposta a interpello n. 583 del 7 dicembre 2022 che riconosce l’esenzione IVA in commento all’esternalizzazione della funzione fondamentale di revisione interna, effettuata da un Fondo pensione nel rispetto delle condizioni previste dal D.Lgs. n. 252 del 2005.
Nel caso in esame, la Società ”s’impegna ad eseguire in favore del COMMITTENTE, mediante la propria organizzazione ed assumendo il relativo rischio di impresa, la funzione di Revisione Interna in ordine all’attività svolta dal COMMITTENTE, ai sensi del novellato d.lgs. n. 252 del 2005, con le modalità e nei termini stabiliti dal presente Contratto e dagli Allegati” (cfr. articolo 3 dello schema di Contratto allegato).
A parere dell’Istante, dunque, questi servizi rientrano nel regime di esenzione di cui all’articolo 10, primo comma, n. 1) del Decreto IVA.
Viceversa le funzioni specifiche (quali le verifiche di attendibilità delle rilevazioni contabili e gestionali) che delega a terzi collaboratori nell’ambito della funzione di revisione interna (svolta in favore dei fondi pensione integrativi) sono operazioni imponibili da assoggettare a IVA con aliquota ordinaria.
Con riferimento infine al quesito n. 3, posto che i fondi pensione integrativi sono obbligati a dotarsi di una funzione di revisione interna a decorrere dal 1° gennaio 2021, l’Istante ritiene di poter correggere le fatture medio tempore emesse con IVA al 22 per cento, anche oltre l’anno, e di poter recupere l’IVA addebitata ai fondi pensione e versata all’Erario. Ciò anche in considerazione della sostanziale equiparabilità dei fondi pensione committenti ai consumatori finali che impedisce loro di portare in detrazione l’IVA addebitata in via di rivalsa dalla Società.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Il quesito n. 1 è inammissibile in quanto la risposta n. 583 del 2022 chiarisce i principi e i criteri cui attenersi per l’applicazione dell’esenzione in commento e pertanto spetta ora all’Istante individuare il regime IVA delle prestazioni oggetto del Contratto ”…tenendo conto delle caratteristiche oggettive del servizio reso, nonché del grado di responsabilità del prestatore del servizio”. Come infatti, ricordato nella medesima risposta, ”esula dalle finalità proprie dell’istituto dell’interpello l’attività volta a individuare servizio per servizio lo specifico regime IVA applicabile (cfr. anche risposte nn. 760 e 851 del 2021) …”.
E’ inammissibile per la medesima ragione anche il quesito n. 2 che ripropone la fattispecie dell’outsourcer che affida l’esecuzione di una parte della propria prestazione a un soggetto terzo, già valutata da questa Agenzia nelle risposte nn. 363 e 364 del 2022, oltre che nelle risposte 760 e 851 del 2021, peraltro tutte richiamate dalla citata risposta n. 583. Ad ogni buon fine si fa presente che in merito a questa fattispecie, in base all’articolo 13.3 dello schema di Contratto allegato, ”3. La SOCIETA’ si riserva, in ragione della complessità o dell’atipicità delle problematiche riscontrate, di avvalersi eccezionalmente, con oneri economici esclusivamente a suo carico, della collaborazione di terzi per l’esecuzione di specifiche attività. Resta naturalmente fermo che i terzi incaricati agiranno sotto la responsabilità della SOCIETA’, nel rispetto di tutti gli obblighi discendenti dal presente Contratto e segnatamente degli obblighi di riservatezza”.
Con riferimento al quesito n. 3, concernente le modalità per correggere le fatture erroneamente emesse in regime di imponibilità e recuperare l’IVA addebitata e versata in eccesso, l’articolo 26 comma 2 del Decreto IVA consente al cedente/committente al verificarsi dei presupposti ivi indicati di emettere una nota di variazione in diminuzione al fine di «[…] portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25». Tuttavia quando si configura un ”errore di fatturazione” torna altresì applicabile il limite disposto dal successivo comma 3, secondo cui la nota di variazione non può essere emessa «dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile […] in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all’applicazione dell’articolo 21, comma 7».
L’Istante può dunque ricorrere alla nota di variazione ex articolo 26 del Decreto IVA solo con riferimento a quelle operazioni per le quali non è ancora decorso il limite temporale di un anno dalla data di emissione della fattura, e non anche per quelle il cui termine è già decorso.
Quanto poi alla possibilità di presentare una richiesta di rimborso ex articolo 30ter, comma 1, del Decreto IVA secondo cui «il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell’imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione» la circolare n. 20/E del 29 dicembre 2021 chiarisce che «[…] il superamento del limite temporale previsto dal legislatore per l’esercizio del diritto alla detrazione rinvenibile dal combinato disposto degli articoli 26, commi 2 e seguenti, e 19, comma 1, del Decreto IVA non implica, in via generale, che il recupero dell’imposta non detratta possa avvenire, alternativamente, presentando, in una fase successiva, la dichiarazione integrativa a favore di cui all’articolo 8, comma 6bis, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, contenente la riduzione non operata dell’imposta, o un’istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 30ter del Decreto IVA.
[…].
Per quanto concerne l’istituto disciplinato dall’articolo 30ter del Decreto IVA, si ritiene che, trattandosi di una norma residuale ed eccezionale, questo trovi applicazione ogni qual volta sussistano condizioni oggettive che non consentono di esperire il rimedio di ordine generale (nel caso di specie, l’emissione di una nota di variazione in diminuzione). Deve ritenersi, quindi, che tale istituto non possa essere utilizzato per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione qualora tale termine sia decorso per ”colpevole” inerzia del soggetto passivo (cfr. risposta a interpello n. 663 pubblicata sul sito della scrivente il 10 maggio 2021, ndr).
La possibilità di ricorrere al rimborso deve essere riconosciuta, invece, laddove, ad esempio, il contribuente, per motivi a lui non imputabili, non sia legittimato ad emettere una nota di variazione in diminuzione ai sensi dell’articolo 26 del DPR n. 633 del 1972 (Cfr. risposte a interpello n. 592 e 593 del 15 dicembre 2020 e n. 190 del 13 giugno 2019, ndr)».
In estrema sintesi, dunque, l’articolo 30ter, comma 1, del Decreto IVA è invocabile solo nell’ipotesi di incolpevole inerzia nell’emissione della nota di variazione nei termini normativamente previsti.
Tanto premesso, nel caso di specie va ricordato che la disciplina dei fondi pensione è stata ampiamente innovata dalla Direttiva UE 2016/2341 del 14 dicembre 2016 (c.d. IORP II), recepita dal Decreto Legislativo n. 147 del 2018, che, a sua volta, ha modificato, con decorrenza 1° febbraio 2019, il Decreto Legislativo n. 252 del 2005.
Tra le novità di maggiore rilievo vi è l’obbligo per i fondi pensione di dotarsi di un sistema di governo, inteso quale insieme di regole e principi finalizzato a garantire una gestione sana e prudente della loro attività. Tale sistema comprende, tra le funzioni fondamentali, la funzione di gestione dei rischi, la funzione di revisione interna e la funzione attuariale, intendendo per ”funzione fondamentale” una capacità interna di svolgere compiti pratici (cfr. per ulteriori dettegli risposta n. 583 del 2022).
Queste funzioni fondamentali sono disciplinate, oltre che dal predetto decreto, anche dalle Direttive del 29 luglio 2020 della Commissione di Vigilanza sui fondi Pensione (”COVIP”) che con riferimento ai tempi di attuazione dell’obbligo in commento chiarisce che ”I fondi pensione negoziali e preesistenti con soggettività giuridica sono comunque tenuti a organizzarsi n.d.r. anche ricorrendo all’esternalizzazione per assicurare l’attivazione delle predette funzioni entro e non oltre il 31 dicembre 2020, …” (cfr. paragrafo 4 delle ditate Direttive).
È dunque a partire dal 1° gennaio 2021 che i citati fondi pensione devono avere tali funzioni, che possono esternalizzare a soggetti terzi ”idonei”.
Va altresì considerato che, in assenza di chiarimenti da parte della scrivente in merito agli aspetti fiscali delle novità recate dalla predetta modifica forniti solo con la risposta ad interpello n. 583 pubblicata il 7 dicembre 2022, l’Istante ha scelto di adottare medio tempore un comportamento improntato alla prudenza, assoggettando a IVA i servizi de quo che, nella generalità dei casi, rientrano nel campo dell’imponibilità IVA.
La Società ha anche evidenziato che i fondi pensione committenti non hanno portato in detrazione l’IVA ai medesimi addebitata in via di rivalsa, in considerazione della sostanziale equiparabilità degli stessi ai consumatori finali.
Nel presupposto che solo la richiamata risposta di fine 2022 ha fatto chiarezza in merito al regime IVA applicabile alle funzioni fondamentali svolte in outsourcing, laddove le prestazioni rese dall’Istante siano effettivamente riconducibili tra i servizi esenti valutazione che, come già detto, non può essere effettuata in sede d’interpello la mancata tempestiva emissione delle note di variazione entro un anno dalla data di emissione delle fatture non sembra riconducibile a una mera ”inerzia colpevole”.
La Società conseguentemente ha la facoltà di richiedere, ai sensi dell’articolo 30ter, comma 1, del Decreto IVA, il rimborso dell’IVA erroneamente addebitata, entro il termine di due anni dalla data del versamento, ossia entro due anni dalla scadenza del termine per pagamento della liquidazione mensile o trimestrale relativa al mese in cui sono confluite le fatture non più ”rettificabili” ai sensi dell’articolo 26, commi 2 e 3, del medesimo Decreto.
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