La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27562 depositata il 28 settembre 2023, intervenendo in tema di opponibilità del fondo patrimoniale, ha statuito che “… il debitore che contesti il diritto del creditore di agire esecutivamente sui beni costituiti in fondo patrimoniale deve dimostrare l’esistenza del fondo, il conferimento in esso del bene assoggettato ad esecuzione e che il creditore fosse consapevole, al momento del perfezionamento dell’atto dal quale deriva l’obbligazione, che questa veniva contratta per scopi estranei ai bisogni della famiglia (intesi in senso lato, ovvero volti non soltanto al soddisfacimento delle necessità cosiddette essenziali o indispensabili della famiglia ma anche a soddisfare esigenze volte al pieno mantenimento e all’armonico sviluppo della stessa nonché al potenziamento delle sue capacità lavorative e al miglioramento delle qualità di vita restandone estranee le ragioni voluttuarie).
L’onere probatorio, per sottrarre il bene costituito in fondo patrimoniale all’azione esecutiva del creditore, è quindi a carico del debitore. …”
La vicenda ha riguardato due coniugi che avevano rilasciato una fideiussione, in favore di un istituto di credito, a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni di società commerciale. A causa degli inadempimenti della società, in cui erano soci, nei confronti dei coniugi veniva notificato un decreto ingiuntivo. I coniugi proposero opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti, quali fideiussori omnibus fino all’importo massimo di euro 60.000,00. Il Tribunale non revocava il decreto ingiuntivo opposto. In particolare evidenziavano che i garanti non avessero provato, essendone onerati, che il debito per il quale era stata iscritta l’ipoteca era stato da loro contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Avverso la decisione del Tribunale i coniugi proponeva appello. La Corte territoriale confermava la decisione di primo grado, ribadendo che l’attività lavorativa e imprenditoriale è svolta, di regola, per garantirsi un reddito necessario ad assicurare alla famiglia del produttore del reddito il tenore di vita prescelto e che quindi spetti ai debitori provare l’esistenza delle condizioni di operatività del beneficio previsto dall’articolo 170 c.c. I coniugi proponevano ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini accolsero il secondo motivo, assorbito il primo.
I giudici di legittimità, contrariamente ai giudici di merito, hanno statuito che “… nell’esercizio dell’attività di impresa o di quella professionale le obbligazioni sono assunte, di regola, non già per l’immediato e diretto soddisfacimento dei bisogni della famiglia bensì ai fini dello svolgimento dell’attività professionale o commerciale. Solo mediatamente ed indirettamente le relative ricadute economiche si ripercuotono, positivamente o negativamente, sul tenore di vita familiare.
Ciò comporta che il semplice richiamo al tipo negoziale ( nel caso, la fideiussione) non è sufficiente all’assolvimento, da parte del debitore, dell’onere probatorio volto a sottrarre il bene costituito in fondo patrimoniale alla garanzia dei creditori (in questo senso, Cass. n. 29983 del 2021, Cass. n. 10166 del 2020, Cass. n. 20998 del 2018). E’ necessario un accertamento caso per caso, in cui il debitore può, per l’assolvimento del proprio onere probatorio, richiamare gli elementi presuntivi in favore di una non diretta finalizzazione delle obbligazioni connesse all’attività professionale di ciascuno dei coniugi ai bisogni della famiglia, mentre, al contrario, il creditore interessato, che intende assoggettare l’immobile costituito in fondo patrimoniale all’esecuzione forzata, potrà compiere un ulteriore passaggio probatorio, fornendo la prova, a fronte di contestazioni in ordine alla estraneità della garanzia prestata ai bisogni della famiglia, che essa sia destinata a soddisfarli in via diretta e immediata, avuto riguardo alla specificità del caso concreto (in questo senso Cass. n. 2904 del 2021), ovvero provare che le obbligazioni della società, e più in generale il positivo andamento della società, conseguente anche alla prestazione della garanzia, fossero direttamente funzionali non già, come è la regola, al buon andamento dell’attività commerciale della società garantita in sé bensì al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. …”
Per cui al fine di poter aggredire i beni costituenti il fondo patrimoniale ricade sul creditore dimostrare che le obbligazioni assunte nell’esercizio dell’attività di impresa o di quella professionale siano imputabili al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, in quanto di regola sono riferibili allo svolgimento di queste stesse attività.
Il Supremo consesso ha precisato che: “Qualora, come nella specie, si tratti di fideiussione stipulata a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni di società commerciale (alla quale i coniugi erano interessati, in quanto soci), deve ritenersi che essa abbia invero la immediata e diretta funzione di garantire le obbligazioni commerciali della società, soggetto terzo rispetto al nucleo familiare. In relazione alla natura del debito garantito non può pertanto in tal caso legittimamente affermarsi l’esistenza di una presunzione secondo la quale la prestazione della garanzia (così come del pari l’assunzione di tutte le obbligazioni connesse all’attività imprenditoriale svolta da uno dei coniugi per il tramite di società commerciali) sia finalizzata, immediatamente e direttamente, a soddisfare i bisogni della famiglia”.
Si rammenta che il fondo patrimoniale costituito a mezzo di una convenzione matrimoniale assoggettata a oneri formali (art. 167 c.c., comma 1) e pubblicitari (art. 162 c.c., comma 4 e dpr n. 396 del 2000, art. 69), di un vincolo di destinazione (art. 169 c.c.) al soddisfacimento dei bisogni della famiglia (art. 170 c.c.). Il vincolo di destinazione impresso ai beni comporta che essi non siano aggredibili per debiti che i creditori conoscevano essere stati contratti per bisogni estranei alla famiglia (art. 170 c.c.). A tale stregua, il detto vincolo limita l’aggredibilità dei beni conferiti solamente alla ricorrenza di determinate condizioni (art. 170 c.c.), rendendo più incerta o difficile la soddisfazione del credito, conseguentemente riducendo la garanzia generale spettante ai creditori sul patrimonio dei costituenti in violazione dell’art. 2740 c.c., che impone al debitore di rispondere con tutti i suoi beni dell’adempimento delle obbligazioni, a prescindere dalla relativa fonte.
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