La corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 2382 depositata il 4 febbraio 2014 intervenendo in tema di detraibilità IVA ha riaffermato che nelle frodi carosello, il meccanismo dell’operazione e gli scopi che la stessa si propone, fanno presumere la piena conoscenza della frode e la consapevole partecipazione all’accordo simulatorio del beneficiario finale. Ne consegue che l’IVA assolta da quest’ultimo nelle operazioni commerciali con la società filtro non è detraibile, anche se le operazioni siano state effettivamente compiute e le relative fatture, al pari dell’intera documentazione contabile, sembrino perfettamente regolari.
Infatti, gli scopi dell’operazione, ovvero l’acquisto di prodotti a prezzi più bassi e pertanto la possibilità di praticare prezzi di vendita più concorrenziali, senza rinunciare al margine, con conseguente alterazione delle principali regole di mercato, fanno del beneficiario finale un attore consapevole nell’architettura dell’operazione.
Pertanto quest’ultimo, in applicazione del relativo principio stabilito dall’art. 17 Direttiva comunitaria n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977, non potrà considerare detraibile l’IVA assolta sugli acquisti da società filtro.
La vicenda ha riguardato un contribuente il quale aveva ricevuto un avviso di accertamento relativo all’imposta sul valore aggiunto.
Il contribuente avverso l’atto impositivo propose ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici accolsero le doglianze della ricorrente ed annullarono l’atto impugnato. L’Amministrazione Finanziaria impugnava la decisione del giudice di prime cure dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello rigettarono il gravame del Fisco. I giudici territoriali hanno evidenziato che il metodo induttivo seguito non era stato regolare, atteso che si basava su presunzioni costituite dalle rilevazioni dei funzionari erariali, per cui si era trattato di operazioni inesistenti, per le quali invece alcuna prova era stata fornita dall’appellante in ordine agli acquisti effettuati dall’appellata, e concernenti rilevanti quantitativi di giocattoli elettronici, forniti ad essa dalla ditta individuale, cui venivano ceduti dai fornitori spagnoli, sicché le considerazioni del giudice di prime cure, ritenute corrette, andavano condivise.
Per la cassazione della sentenza del giudice di seconde cure l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso, basato su due motivi di censura, alla Corte Suprema. Lamentando che le operazioni sottostanti dimostravano come ci fosse un rapporto diretto tra la società spagnola, che importava direttamente in Italia, e il contribuente, mentre la società filtro fungeva unicamente da cartiera. Inolre rilevava la mancanza di un’organizzazione, del magazzino, di personale, di punti vendita, della tenuta della contabilità; nonché addirittura l’omissione della dichiarazione dei redditi.
Gli Ermellini accolgono il ricorso del Fisco cassano la sentenza impugnata e rinvia alla CTR.
I giudici di legittimità hanno puntualizzato che in tema di IVA, nelle c.d. “frodi carosello” – fondate sul mancato versamento dell’imposta incassata da società “cartiere” a seguito di acquisti intracomunitari, o altrimenti esenti, e successive rivendite anche attraverso l’interposizione di una o più società o ditte filtro (“buffers”) – il meccanismo dell’operazione e gli scopi che la stessa si propone (acquisizione di materiali a prezzi più contenuti al fine di praticare prezzi di vendita più bassi, con alterazione a proprio favore del libero mercato), fanno presumere la piena conoscenza della frode e la consapevole partecipazione all’accordo simulatorio del beneficiario finale, con la conseguenza che, in applicazione del relativo principio sancito dall’art. 17 della direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, 11 IVA assolta dal medesimo beneficiario nelle operazioni commerciali con la società filtro non è detraibile ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, anche se le predette operazioni siano state effettivamente compiute e le relative fatture, al pari dell’intera documentazione contabile, sembrino perfettamente regolari, mentre invece – e a maggior ragione – la contabilità della società incisa e della ditta interposta risultava fortemente irregolare nella specie (V. pure Cass. Sentenza n. 867 del 20/01/2010, Sezion./Unite: n. 30055 del 2008).
Ne consegue che la consapevole partecipazione all’accordo simulatorio del beneficiario finale rende non detraibile l’IVA assolta dal medesimo ai sensi dell’art. 19, d.p.r. n. 633/72.
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