La Corte di Cassazione con la sentenza n. 37591 depositata il 13 settembre 2013 intervenendo in tema di reati fiscali ha statuito che in caso di frode fiscale dell’amministratore, il sequestro delle somme di denaro sui conti correnti bancari intestati alla società è illegittimo, a meno che la persona giuridica non rappresenti un apparato fittizio per la commissione dell’illecito.
Gli Ermellini hanno accolto il ricorso presentato nell’interesse di una società di capitali che aveva subito un provvedimento di sequestro, emesso dal G.i.p., del denaro sui cui conti correnti in relazione ai reati di natura fiscale addebitati all’amministratore.
I giudici di legittimità hanno ritenuto che trattandosi di beni mobili appartenenti alla persona giuridica, di cui l’amministratore può disporre esclusivamente nell’ambito dei mandato conferitogli ai fini della gestione societaria, il Tribunale del riesame avrebbe dovuto fornire chiarificazioni in ordine alla fittizietà della realtà societaria e la diretta riconducibilità all’amministratore delle somme di danaro oggetto del sequestro. “L’ordinanza, però, è del tutto carente della indicazione di elementi di valutazione sul punto, non essendo all’uopo sufficienti le argomentazioni afferenti alla ritenuta natura fittizia di alcune operazioni poste in essere dalla società”.
Il consente orientamento della giurisprudenza di legittimità prevede l’esclusione dell’applicazione del sequestro per “equivalente” al patrimonio della società che abbia tratto vantaggio dai reati tributari posti in essere dal legale rappresentante, a meno che non si dimostri che l’ente è un mero apparato fittizio utilizzato per la commissione degli illeciti fiscali.
La giurisprudenza della Cassazione ha chiarito definitivamente il sequestro preventivo, strumento funzionale alla confisca per equivalente, introdotto e regolato dall’articolo 19, comma 2, del D.Lgs. n. 231 del 2001, nei confronti delle persone giuridiche, non può essere disposto sui beni di qualsiasi natura appartenenti alla persona giuridica nel caso in cui si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, sulla base dell’articolo 1, comma 143, della L. n. 244 del 2007, atteso che gli artt. 24 e ss. del citato D.Lgs. n. 231 non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del provvedimento, salva l’ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio, utilizzato dal reo per commettere gli illeciti, in quanto in tal caso l’illecito non risulta commesso nell’interesse o a vantaggio di una persona giuridica, ma del reo medesimo attraverso lo schermo dell’ente (tra le altre, Cass. sentenze n. 22980, n. 33371/2012 e n. 25774/2012). Il che rende l’attuale sistema punitivo, soprattutto quello volto al recupero dei proventi del reato attraverso la confisca di valore, “inefficace” (cfr. Cass. sentenza n. 1256/2013).