La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 19746 del 06 maggio 2013 depositata il 26 agosto 2013 intervenendo in tema di detraibilità IVA ha affermato che nelle frodi “carosello”, fondate sul mancato versamento dell’imposta incassata da società cartiere negli acquisti intracomunitari e la successiva rivendita attraverso società filtro (butTers), deve sempre presumersi la piena conoscenza della frode e la consapevole partecipazione al sodalizio da parte dell’impresa terza beneficiaria finale.
Gli Ermellini con la sentenza in esame hanno confermato l’orientamento già statuito con la sentenza n. 867 del 2010, secondo cui, nelle frodi carosello che sono fondate sul mancato versamento dell’imposta incassata da società cartiere a seguito di acquisti intracomunitari, o altrimenti esenti, e successive rivendite anche attraverso l’interposizione di una o più società filtro, il beneficiario finale ha piena conoscenza della frode. Infatti il meccanismo dell’operazione e gli scopi che si propone (acquisizione di materiali a prezzi più contenuti per praticare prezzi di vendita più bassi, con alterazione a proprio favore del libero mercato), fanno presumere la piena conoscenza della frode e consapevole partecipazione all’accordo simulatorio del beneficiario finale. Per cui in applicazione del principio sancito dall’articolo 17 della direttiva 77/388/CEE, l’Iva assolta dal medesimo beneficiario nelle operazioni commerciali con la società filtro non è detraibile ai sensi del Dpr 633 del 1972, articolo 19, anche se le predette operazioni siano state effettivamente compiute e le relative fatture, al pari dell’intera documentazione contabile, sembrino perfettamente regolari.
I giudici di legittimità a sostegno di tale inconfutabile tesi cita anche il precedente di giustizia comunitaria (sentenza della Corte di Giustizia Europea C-439-04), in base alla quale non può e non deve essere riconosciuta la detrazione dell’Iva se il beneficiario finale sapeva o avrebbe dovuto sapere (con l’ordinaria diligenza) di partecipare con il proprio acquisto ad un’operazione che si iscriveva in una frode all’Iva.
In tal senso, ribadisce ancora la sentenza, l’onere probatorio gravante sull’amministrazione finanziaria può dirsi assolto anche per presunzioni semplici, laddove si rilevi l’esistenza di tutti gli elementi (acquisto e rivendita sottocosto, mancato versamento dell’Iva da parte dell’interposta, detrazione Iva posta in essere dall’interponente) atti a far presumere la presenza di un’attività fraudolenta consapevole.
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