AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 327 del 10 maggio 2023
GEFIA di ”minori dimensioni” – Requisito della «vigilanza» – Artt. 27, comma 3, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 1, comma 633, legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021)
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Istante è una società lussemburghese, costituita nel XXXX, nella forma della société à responsabilité limitée, la cui attività esclusiva consiste nella gestione di fondi alternativi di investimento, tra i quali i FIA LUX.
I FIA LUX sono entrambi costituiti nella forma di société en commandite speciale (SCSp) regolata dal diritto del Lussemburgo.
L’Istante evidenzia che trattasi di veicoli societari che, ove sottoposti a vigilanza da parte di un’autorità indipendente, hanno caratteristiche molto simili a quelle dei fondi di investimento di diritto italiano, dove il soggetto responsabile della gestione dei fondi raccoglie capitale da una pluralità di investitori al fine di investire sulla base di una politica predeterminata di investimento.
L’Istante rappresenta di essere al di sotto delle soglie previste dall’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2011 sui gestori di fondi di investimento alternativi (di seguito ”direttiva AIFM”).
A tale proposito viene fatto presente che, in generale, si pongono al di sotto delle soglie sopra menzionate i gestori di fondi alternativi che, direttamente o indirettamente, tramite una società alla quale il gestore è legato da gestione o controllo comuni o da una «partecipazione importante diretta o indiretta», alternativamente, gestiscono portafogli di fondi alternativi le cui attività gestite:
non superano in totale l’ammontare di euro cento milioni (comprese eventuali attività acquisite mediante leva finanziaria), oppure,
non superano in totale l’ammontare di euro cinquecento milioni, quando i portafogli consistono in fondi alternativi che non ricorrono alla leva finanziaria e non prevedono il diritto di rimborso esercitabile per un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di investimento iniziale in ciascun fondo alternativo.
Per i gestori di fondi che si collocano al di sotto di tali soglie, pur non applicandosi appieno la menzionata disciplina dell’Unione, è richiesto che gli Stati membri prevedano «perlomeno» (salvo eventuali norme più rigorose, come precisato expressis verbis dalla direttiva AIFM):
un meccanismo di registrazione presso le autorità competenti dello Stato di origine, in cui vi sia l’identificazione di tali gestori e dei relativi fondi alternativi gestiti,
nonché siano fornite informazioni sulle strategie di investimento dei fondi alternativi gestiti (cfr. articolo 3, paragrafo 3, lettere a) c), della direttiva AIFM);
flussi informativi periodici verso le ridette autorità competenti in merito ai principali strumenti in cui negoziano, alle principali esposizioni e alle più importanti concentrazioni dei fondi alternativi che gestiscono, al fine di consentire alle autorità competenti di «monitorare efficacemente il rischio sistemico» (cfr. articolo 3, paragrafo 3, lettera d), della direttiva AIFM);
un meccanismo di notificazione alle menzionate autorità competenti del sopravvenuto superamento delle soglie ai fini dell’applicazione obbligatoria della stessa direttiva AIFM (articolo 3, paragrafo 3, lettera e), della direttiva AIFM).
Tali previsioni sono integrate dal Regolamento delegato (UE) n. 231/2013, il cui articolo 5 elenca ulteriori informazioni da fornire nel quadro della registrazione, tra cui il valore totale delle attività gestite, le principali categorie di attività in cui il fondo alternativo gestito può investire, i settori industriali e geografici ovvero i comparti di mercato o classi specifiche di attività su cui s’incentra la strategia di investimento, la descrizione della politica del fondo in materia di assunzione prestiti o di leva finanziaria.
Come rappresentato dall’Istante, anche in sede di documentazione integrativa, in Lussemburgo, il regime del c.d. ”sottosoglia” è disciplinato dalla norma di attuazione della direttiva AIFM, ossia la legge 12 luglio 2013 sui gestori di fondi di investimento alternativi, che prevede, tra l’altro:
la registrazione del gestore di fondi alternativi presso la Commission de Surveillance du Secteur Financier (CSSF) entro dieci giorni lavorativi dall’inizio delle proprie attività, attraverso la compilazione di apposita modulistica e fornendo, in allegato, tra l’altro, la documentazione relativa alla propria costituzione, alla verifica dei requisiti di onorabilità e professionalità dei propri manager e amministratori, al rispetto della normativa antiriciclaggio, nonché ulteriori informazioni (anche di natura strategica) sul gestore e sul fondo.
la possibilità per il CSSF di richiedere informazioni aggiuntive, conferme scritte, precisazioni e/o documenti ulteriori concernenti qualsivoglia aspetto della richiesta di registrazione;
la comunicazione dell’avvenuta registrazione, da parte del CSSF, con contestuale attribuzione di un numero di registrazione e avvertenze relative all’ossequio di obblighi e doveri posti a carico dei gestori sottosoglia;
la possibilità per il gestore di valutare la natura temporanea di eventuali sforamenti delle soglie, purché contenuti entro tre mesi (cfr. articolo 4 del Regolamento delegato (UE) n. 231/2013) e l’obbligo, in caso di superamento conclamato delle stesse soglie, di richiedere al CSSF l’autorizzazione ad operare in piena applicazione della disciplina posta dalla direttiva AIFM (che comporta, tra l’altro, la nomina di un depositario e l’osservanza di talune regole a baluardo della trasparenza verso gli investitori).
Oltre agli obblighi di registrazione, sussiste una disciplina riguardante l’ordinaria attività gestoria dei fondi alternativi in base alla quale, in particolare, è prevista:
la presentazione con cadenza almeno annuale di un ”Annex IV reporting” concernente i principali strumenti intermediati e l’esposizione al rischio e con indicazione di informazioni specifiche sulle strategie del fondo alternativo, eventuali ulteriori informazioni sulla leva finanziaria;
la possibilità per il CSSF di richiedere ulteriori documenti e informazioni al gestore, tra cui una relazione annuale di ogni fondo eurounitario gestito dalla società in ciascun esercizio e un elenco trimestrale dettagliato dei fondi gestiti dalla società;
l’obbligo per la società di gestione dei fondi alternativi di informare tempestivamente il CSSF qualora intervengano mutamenti sostanziali alle informazioni fornite in sede di registrazione (incluso, naturalmente, l’eventuale superamento della soglia).
L’eventuale violazione degli obblighi descritti comporta l’applicabilità di un’ampia gamma di sanzioni, quali censure, sanzioni pecuniarie e misure interdittive nei confronti della società di gestione e/o degli amministratori e delle figure che rivestono ruoli di responsabilità de jure o de facto all’interno della società stessa, oltre alla possibilità di rendere pubbliche le sanzioni comminate.
Ciò premesso, l’Istante chiede se possa ritenersi sussistente il requisito della «soggezione a forme di vigilanza» agli effetti delle esenzioni previste dall’articolo 27, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dall’articolo 1, comma 633, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, con riferimento ai dividendi ed alle plusvalenze che dovessero essere, rispettivamente, percepiti o realizzate dai FIA LUX gestiti dall’Istante.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene che le disposizioni fiscali citate prevedano, genericamente, che il gestore deve essere «soggetto a forme di vigilanza», senza ulteriormente precisare quale forma debba assumere tale vigilanza e rinviando, al più, alle previsioni di settore, tra le quali deve essere incluso l’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva AIFM (così come recepito in Lussemburgo).
A tal fine l’Istante richiama alcuni orientamenti di prassi nei quali è stato chiarito che:
il contenuto del requisito della vigilanza prudenziale si traduce nella sottoposizione «in via continuativa a controlli obbligatori» successivi agli adempimenti di inizio esercizio (cfr. circolare 15 febbraio 2012, n. 2/E);
la verifica del requisito della vigilanza avviene «a seconda del modello di vigilanza prudenziale adottato nel Paese in cui l’organismo è istituito» (cfr. risposta ad interpello 24 ottobre 2019, n. 423);
occorre valorizzare la diversità dei modelli di vigilanza prudenziale (cfr. risoluzione 27 giugno 2017, n. 78/E circa l’adeguatezza di un modello di vigilanza costituito da una registrazione preliminare che comporta l’assoggettamento a valutazione da parte dell’autorità competente al momento della registrazione ed a controlli obbligatori durante lo svolgimento della loro attività).
L’Istante evidenzia che i cardini del sistema di vigilanza adottato dal Lussemburgo e applicabile alla società istante rispondono agli standard posti dalla direttiva AIFM per le società di gestione ”sottosoglia”.
Infine, l’Istante effettua una comparazione con il regime c.d. sottosoglia italiano (di cui all’articolo 35undecies, comma 1, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e relativi provvedimenti regolamentari) per evidenziare da un lato, la ratio di armonizzazione delle normative eurounitarie in tema di fondi alternativi e, dall’altro, la chiara comparabilità della situazione di un fondo di investimento alternativo italiano che riceve dividendi ovvero che realizza plusvalenze con quella di un fondo di investimento alternativo lussemburghese, il quale, rispondendo agli stessi requisiti di vigilanza delineati a livello sopranazionale, dovrebbe beneficiare dello stesso trattamento impositivo riservato al predetto fondo italiano.
In conclusione, l’Istante ritiene che il modello di vigilanza in commento, costituito dall’obbligo di registrazione iniziale presso l’autorità finanziaria lussemburghese e da controlli obbligatori successivi da parte della stessa autorità sopra illustrati, consente la fruibilità del regime di esenzione per dividendi percepiti e plusvalenze realizzate dai FIA LUX gestiti dall’Istante in quanto sono integrati i previsti presupposti della vigilanza prudenziale di cui all’articolo 27, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e dall’articolo 1, comma 633, della legge di bilancio 2021.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
In generale, il comma 3 dell’articolo 27 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 prevede l’applicazione di una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta nella misura del 26 per cento sugli utili corrisposti da società residenti a soggetti non residenti, fermo restando la possibilità di applicare, laddove più favorevoli, le aliquote convenzionali in presenza di una Convenzione per evitare le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e lo Stato di residenza del percettore dei dividendi.
L’articolo 1, comma 631, della legge di bilancio 2021, ha modificato l’articolo 27, comma 3, sopra citato aggiungendo, alla fine, il seguente periodo: «La ritenuta di cui al primo periodo non si applica sugli utili corrisposti a organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) di diritto estero conformi alla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, e a OICR, non conformi alla citata direttiva 2009/65/CE, il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, istituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni».
Il successivo comma 632 stabilisce che tale modifica si applica «agli utili percepiti a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge», ossia a decorrere dal 1° gennaio 2021.
Analoga esenzione è prevista per le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate realizzate da tali soggetti, in quanto il comma 633 del citato articolo 1 della legge di bilancio 2021 stabilisce che «non concorrono a formare il reddito le plusvalenze e le minusvalenze di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 67 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, realizzate, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, da organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) di diritto estero o conformi alla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, e da OICR, non conformi alla citata direttiva 2009/65/CE, il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, istituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni».
Le modifiche normative in esame sono dirette ad equiparare il trattamento fiscale dei dividendi e delle plusvalenze conseguiti da OICR residenti in Italia anche agli OICR di diritto estero conformi alla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, ossia alla c.d. direttiva UCITS IV (di seguito ”direttiva UCITS”) e a quelli non conformi alla medesima direttiva il cui gestore è soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della direttiva 2011/61/UE del Parlamento e del Consiglio, dell’8 giugno 2011 (direttiva AIFM), istituiti in Stati membri dell’Unione europea e in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni (cfr. relazione illustrativa alla legge di bilancio 2021).
Il diverso trattamento era stato oggetto di indagine da parte della Commissione europea (EU Pilot 8105/15/TAXU) e considerato contrario ai principi di libera circolazione dei capitali e di libertà di stabilimento nell’Unione europea e nello Spazio Economico Europeo ai sensi, rispettivamente, degli articoli 63 e 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFEU).
Pertanto, al fine di prevenire una procedura d’infrazione ai sensi dell’articolo 258 del TFUE da parte della Commissione europea, con la legge di bilancio 2021 è stato introdotto un regime di esenzione degli utili distribuiti da emittenti italiani e delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate in società ed enti residenti in Italia conseguiti da OICR di diritto estero istituiti in Stati membri UE e in Stati SEE, al pari di quanto previsto per gli OICR istituiti in Italia.
Per effetto di tali disposizioni, le esenzioni fiscali dei dividendi e delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate in società residenti spettano agli OICR esteri, diversi dai fondi immobiliari, che presentano le seguenti caratteristiche:
sono istituiti in uno Stato membro dell’Unione europea o aderente all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni;
sono conformi alla direttiva UCITS oppure non sono conformi a quest’ultima direttiva, ma il gestore è soggetto a vigilanza nel Paese nel quale è istituito in conformità alla direttiva AIFM.
A tal fine è necessario che gli OICR soddisfino i predetti requisiti regolamentari, mentre non è previsto alcun requisito in merito alla forma giuridica e allo status fiscale dei medesimi nei Paesi in cui sono istituiti.
Il citato comma 632, prevede che il regime di esenzione dei dividendi si applica agli utili ”percepiti” a decorrere dal 1° gennaio 2021 in base al principio di cassa, a prescindere dal periodo di formazione degli utili medesimi o dalla relativa delibera di distribuzione.
Tenuto conto che ai sensi dell’articolo 27ter del d.P.R. n. 600 del 1973, gli utili derivanti dalle azioni e dagli strumenti finanziari similari alle azioni di cui all’articolo 44 del Tuir, immessi nel sistema di deposito accentrato, è applicata, in luogo della ritenuta di cui ai commi 1, 3 e 3ter dell’articolo 27, un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con le stesse aliquote ed alle medesime condizioni previste dal predetto articolo, nei confronti dei suddetti OICR esteri non si rende applicabile neppure l’imposta sostitutiva del 26 per cento in caso di azioni o di altri strumenti finanziari equiparati immessi in deposito accentrato presso Monte Titoli S.p.A..
Come chiarito nella circolare 10 luglio 2014, n. 21/E, la direttiva AIFM introduce misure volte a creare un mercato interno europeo dei gestori dei fondi di investimento alternativi (GEFIA) mediante la definizione di un quadro di riferimento armonizzato per la regolamentazione in materia di autorizzazione, funzionamento e trasparenza di tutti i GEFIA che gestiscono e/o commercializzano fondi di investimento alternativi (FIA).
Per FIA si intendono tipologie di fondi che raccolgono capitale da una pluralità di investitori allo scopo di investirlo a vantaggio degli investitori e in autonomia dai medesimi, in base a una determinata politica d’investimento, ma che non necessitano di un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 5 della direttiva UCITS. Pertanto, si tratta dei fondi diversi dagli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) ricompresi in quest’ultima direttiva.
L’ambito di applicazione della direttiva AIFM è riferito ai soggetti che esercitano abitualmente l’attività di gestione di FIA, indipendentemente dalla tipologia del fondo (aperto o chiuso), dalla sua forma giuridica, nonché dalla quotazione o meno delle azioni o quote dello stesso, e che raccolgono capitale da una pluralità di investitori allo scopo di investirlo a vantaggio di tali investitori in base a una determinata politica d’investimento.
I GEFIA che si sono conformati alle regole e ai requisiti richiesti dalla direttiva AIFM possono istituire, gestire e/o commercializzare FIA liberamente in tutta l’Unione Europea, mediante lo strumento del cosiddetto ”passaporto del gestore” senza la necessità di costituire una sede fissa nel Paese di istituzione del fondo.
In sostanza, la direttiva AIFM, proseguendo la strada intrapresa dalla direttiva UCITS, assicura il riconoscimento in tutta l’Unione europea delle autorizzazioni e dei sistemi di vigilanza prudenziale di ciascun Stato membro. Per istituire e gestire un OICVM armonizzato o un FIA in uno Stato membro è, quindi, sufficiente il rilascio dell’autorizzazione e l’esercizio della vigilanza da parte del solo Stato membro di origine del gestore (home country control).
La direttiva AIFM non disciplina i FIA, i quali continuano ad essere regolamentati e sottoposti a vigilanza a livello nazionale in base alla legge dello Stato nel quale sono istituiti.
Ciò premesso, la direttiva AIFM prevede alcune eccezioni alla propria sfera di applicazione che sono disciplinate nell’articolo 3 (rubricato «Deroghe»).
In particolare, per i GEFIA c.d. di ”minori dimensioni”, è prevista una parziale applicazione delle previsioni della direttiva AIFM che sono limitate a taluni obblighi informativi nei confronti delle proprie autorità domestiche.
Infatti, il paragrafo 2 dell’articolo 3 della direttiva AIFM stabilisce che «Fatta salva l’applicazione dell’articolo 46 [ndr. rubricato ”Poteri delle autorità competenti”], solo i paragrafi 3 e 4 del presente articolo si applicano ai seguenti GEFIA:
a) i GEFIA che, direttamente o indirettamente, tramite una società alla quale il GEFIA è legato da gestione o controllo comuni o da una partecipazione importante diretta o indiretta, gestiscono portafogli di FIA le cui attività gestite, comprese eventuali attività acquisite mediante la leva finanziaria, non superano in totale la soglia di 100 000 000 di EUR; ovvero
b) i GEFIA che, direttamente o indirettamente, tramite una società alla quale il GEFIA è legato da gestione o controllo comuni, ovvero da una partecipazione importante diretta o indiretta, gestiscono portafogli di FIA le cui attività gestite non superano in totale la soglia di 500 000 000 di EUR, quando i portafogli di FIA consistono in FIA che non ricorrono alla leva finanziaria e non prevedono il diritto di rimborso esercitabile per un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di investimento iniziale in ciascun FIA».
Ai sensi del paragrafo 3 di tale disposizione «Gli Stati membri provvedono affinché i GEFIA di cui al paragrafo 2 perlomeno:
a) siano soggetti a registrazione presso le autorità competenti del loro Stato membro d’origine;
b) identifichino sé stessi e i FIA che gestiscono presso le autorità competenti del loro Stato membro d’origine all’atto della registrazione;
c) forniscano informazioni sulle strategie di investimento dei FIA che gestiscono alle autorità competenti del loro Stato membro d’origine all’atto della registrazione;
d) forniscano periodicamente alle autorità competenti del loro Stato membro d’origine informazioni sui principali strumenti in cui negoziano e sulle principali esposizioni e più importanti concentrazioni dei FIA che gestiscono al fine di consentire alle autorità competenti di monitorare efficacemente il rischio sistemico; e
e) notifichino alle autorità competenti del loro Stato membro d’origine il fatto di non soddisfare più le condizioni di cui al paragrafo 2.
Il presente paragrafo e il paragrafo 2 si applicano senza pregiudizio di eventuali norme più rigorose adottate dagli Stati membri in relazione ai GEFIA di cui al paragrafo 2.
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che, qualora le condizioni di cui al paragrafo 2 non siano più soddisfatte, il GEFIA di cui trattasi richieda l’autorizzazione, entro trenta giorni solari, in base all’apposita procedura stabilita dalla presente direttiva».
Il successivo paragrafo 4 dell’articolo 3 della direttiva AIFM stabilisce che «I GEFIA di cui al paragrafo 2 non beneficiano di nessuno dei diritti concessi a norma della presente direttiva, a meno che non scelgano di sottoporsi alle norme della presente direttiva. Qualora un GEFIA faccia questa scelta, la presente direttiva diviene integralmente applicabile».
In sostanza, come espressamente chiarito al punto 17, la direttiva AIFM prevede «un regime agevolato per i GEFIA nel caso in cui i FIA cumulativi gestiti non superino la soglia di 100 000 000 di EUR o di 500 000 000 di EUR per i GEFIA che gestiscono solo fondi che non ricorrono alla leva finanziaria e non concedono agli investitori diritti di rimborso per un periodo di cinque anni».
Al riguardo, la medesima direttiva AIFM precisa che «Sebbene sia improbabile che le attività dei GEFIA in questione abbiano conseguenze significative a livello individuale per la stabilità finanziaria, potrebbe accadere che, congiuntamente, tali attività generino rischi sistemici. Di conseguenza è opportuno che tali GEFIA siano soggetti non già all’obbligo di autorizzazione integrale bensì all’obbligo di registrazione nel proprio Stato membro d’origine e che forniscano, tra l’altro, alle autorità competenti le informazioni pertinenti sugli strumenti principali che negoziano e sulle principali esposizioni e più importanti concentrazioni dei FIA che gestiscono. Tuttavia, affinché beneficino dei diritti riconosciuti dalla presente direttiva, è opportuno che tali GEFIA di minori dimensioni possano essere trattati come GEFIA soggetti alla procedura di adesione prevista dalla direttiva stessa. Tale esenzione non dovrebbe impedire agli Stati membri di imporre obblighi più rigorosi ai GEFIA che non abbiano aderito».
Le suddette previsioni della direttiva AIFM rivolte ai GEFIA di ”minori dimensioni” sono integrate dall’articolo 5 del Regolamento delegato (UE) n. 231/2013, il quale elenca le ulteriori informazioni che tali soggetti devono fornire alle autorità competenti in sede di registrazione e periodicamente (il valore totale delle attività gestite calcolato secondo la procedura prevista nel medesimo regolamento, le principali categorie di attività in cui il fondo alternativo gestito può investire, i settori industriali e geografici ovvero i comparti di mercato o classi specifiche di attività su cui s’incentra la strategia di investimento, la descrizione della politica del fondo in materia di assunzione prestiti o di leva finanziaria, i principali strumenti negoziati, la diversificazione del portafoglio del fondo alternativo).
In conclusione, i GEFIA di ”minori dimensioni”, pur non beneficiando dei diritti previsti dalla direttiva AIFM (salvo che non scelgano diversamente), sono soggetti:
all’obbligo di registrazione, in luogo dell’autorizzazione, presso le autorità dello Stato membro d’origine (cfr. lettere a) del paragrafo 3 dell’articolo 3 della direttiva AIFM);
a doveri informativi (cfr. lettere da b) a e) del paragrafo 3 dell’articolo 3 della direttiva AIFM e articolo 5 del Regolamento delegato (UE) n. 231/2013);
ai controlli derivanti dall’esercizio dei poteri delle autorità competenti (cfr. articolo 46 della direttiva AIFM).
Con riferimento ai controlli cui sono sottoposti tali gestori, si fa presente che l’articolo 46 della direttiva AIFM stabilisce che «Alle autorità competenti sono conferiti tutti i poteri di vigilanza e di indagine necessari per l’esercizio delle loro funzioni». Tale disposizione elenca i poteri e le modalità di esercizio nei confronti di tutti i tipi di GEFIA.
Sulla base di quanto illustrato, sebbene la direttiva AIFM disciplini un regime agevolato per i GEFIA di ”minori dimensioni”, in termini di semplificazione del relativo iter costitutivo, si ritiene che tale circostanza non escluda, ai fini delle disposizioni fiscali in commento, la sussistenza di una «vigilanza» nei confronti di tali soggetti proprio in virtù dei doveri informativi sopra citati e delle ordinarie disposizioni di vigilanza applicabili.
Tali elementi appaiono sufficienti per ritenere, ai fini fiscali, il GEFIA di ”minori dimensioni” ”soggetto a forme di vigilanza” nello Stato in cui è stato istituito.
Peraltro, poiché la direttiva AIFM consente agli Stati membri di stabilire norme più rigorose rispetto alle citate previsioni della direttiva AIFM, il modello di vigilanza adottato da uno Stato membro potrà essere, in concreto, più stringente al minimum standard illustrato.
Con riferimento al caso di specie, viene chiesto se l’Istante, quale gestore dei FIA LUX, sia «soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito» ai sensi della direttiva AIFM, come prescritto dall’articolo 27, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e dall’articolo 1, comma 633, della legge di bilancio 2021.
Al riguardo l’Istante, fiscalmente residente in Lussemburgo, dichiara di qualificarsi come GEFIA di ”minori dimensioni” ai sensi della direttiva AIFM.
Inoltre, dalla documentazione allegata all’istanza, risulta che la CSSF ha iscritto l’Istante come gestore di fondi di investimento alternativi ai sensi dell’articolo 3, comma 2, della legge lussemburghese di attuazione della direttiva AIFM del 12 luglio 2013, e che la gestione di fondi di investimento alternativi è attiva dal XX/YY/ZZ.
Ciò posto, tenuto conto che l’Istante si qualifica come GEFIA di ”minori dimensioni” ai sensi della direttiva AIFM di fondi istituiti in uno Stato UE (Lussemburgo), per i motivi sopra illustrati, si considera «soggetto a forme di vigilanza», come richiesto ai fini fiscali per l’applicazione dell’articolo 27, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’articolo 1, comma 633, della legge di bilancio 2021.
Pertanto, con riferimento alle partecipazioni in società residenti detenute dai FIA LUX gestiti dall’Istante, opera il regime di esenzione fiscale dei dividendi e delle plusvalenze previsto dalle citate disposizioni, per cui non si applica la ritenuta di cui al comma 1 dell’articolo 27 del d.P.R. n. 600 del 1973 sui dividendi percepiti e non sono imponibili le plusvalenze dallo stesso realizzate.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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