
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 4951 del 17 gennaio 2017 interviene, tra l’altro, sui limiti del giudice di merito di poter eseguire ricerca di informazioni al di fuori del contraddittorio delle parti affermando che in tal caso il giudice pone in essere un’attività istruttoria illegittima. In altri termini, qualora, gli avvocati delle parti non offrono al giudice sufficienti elementi di prova per decidere, quest’ultimo non può ricercare, di suo, ulteriori fonti di prova attraverso indagini condotte in autonomia, come ad esempio andando a ricercare su internet informazioni e altri dati sui fatti relativi alla controversia.
Principio dispositivo
Il processo civile Italiano è retto dal cosiddetto «principio dispositivo»: in base a tale principio il giudice può decidere solo sulla base delle prove e delle allegazioni presentate dalle parti. Per cui anche riconoscendo che vi sono ulteriori prove che potrebbero essere prodotte per giungere ad una decisione diversa della lite, il giudice non può che riferirsi solo ai documenti e ai testimoni utilizzati dagli avvocati difensori. Il giudice si deve limitare a prendere atto e a giudicare sulla base di quanto svolto nel corso del processo e non può sostituirsi alle parte. Se le prove sono insufficienti il giudice non può chiederne di altre o, peggio, di sua iniziativa, procurarsele lui stesso.
Per il processo penale vige il «principio accusatorio» ed è la procura della Repubblica a ricercare le prove che portano alla colpevolezza (o, più raramente) all’innocenza dell’accusato. Anche qui, però, il giudice non può andare oltre le prove presentate nel corso del processo.
In entrambi i casi c’è un’eccezione costituita dal cosiddetto «fatto notorio». Il tribunale può tenere conto anche di elementi non presentati dagli avvocati delle parti a condizione che essi siano fatti a tutti conosciuti e noti, che non richiedono neanche di essere provati. Vediamo meglio di cosa si tratta.
fatti notori
Gli Ermellini con la sentenza in commento hanno dato una nozione di “fatto notorio” secondo cui “è quello che non richiede, pure in tema di valutazione indiziaria, la verifica del “probandum”, qualificandosi come tale ogni dato che può essere facilmente asseribile perché corrispondente a cognizioni comuni, storiche o “de rerum natura” (Sez. 6, n. 4401 del 16/11/1994, dep. 1995, Merola, Rv. 200665), quindi, sostanzialmente, un fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire incontestabile.”
Ed inoltre, continuano i giudici di legittimità “il fatto stesso che siano state necessarie ricerche per acquisire quelle informazioni rende ipso facto evidente che non si trattava certo di un fatto notorio. La circostanza che attraverso il ricorso ai moderni strumenti informatici un’informazione sia agevolmente accessibile ad una vasta platea di soggetti non rende di per sé “notoria” l’informazione secondo le caratteristiche sopra indicate. Fuor di dubbio è, poi, il fatto che il Giudice non può raccogliere ed utilizzare prove da lui acquisite al di fuori del contraddittorio delle parti.”
Possono essere considerati fatti notori i fenomeni dell’inflazione e della svalutazione monetaria, il terremoto che colpisce una determinata zona, il dissesto di una banca locale, che una lieve inabilità permanente non può avere ripercussioni psichiche nei confronti dei genitori della persona lesa.
Non possono essere considerati fatti notori le nozioni tecniche e le valutazioni che richiedono il preventivo accertamento di particolari dati come, ad esempio, la determinazione del valore di mercato degli immobili (Cass. 1956/2007).
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