La Corte di Cassazione, sezione II, con la sentenza n. 18720 depositata il 9 luglio 2024, intervenendo in tema successione dei soci nelle ipotesi di estinzione della società, ha ribadito il principio secondo cui “… Ai sensi del secondo comma (oggi terzo) dell’art. 2495 c.c., “ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi”. …”
La vicenda a riguardato una società a responsabilità limitata chiamata in giudizio dal condominio, presso cui aveva effettuato dei lavori edili, per il pagamento della somma necessaria per l’eliminazione dei vizi e dei difetti presenti in parti comuni dell’edificio condominiale, nonché del danno causato dal minore godimento di servizi e impianti. Il l Tribunale adito accertava la concorrente responsabilità ai sensi dell’art. 1669 c.c. per i vizi relativi all’immobile, condannando gli ex soci della società, in solido tra loro. I giudici di prime cure avevano ritenuto che le somme del patrimonio netto della società e del fondo per i rischi fossero state trasferite ai soci e ha quindi statuito la responsabilità dei medesimi entro tali limiti. La decisione veniva impugnata dagli ex soci. I giudici di appello ritennero che presupposto della loro responsabilità fosse l’avvenuta riscossione da parte degli stessi delle somme loro attribuite secondo il bilancio finale di liquidazione ed essendo mancata la prova sia della attribuzione che della riscossione la domanda di condanna proposta nei loro confronti dal Condominio doveva, in riforma di quanto stabilito dal Tribunale, essere rigettata. Il Condominio proponeva ricorso, avverso la decisione di appello, in cassazione fondato su sette motivi.
I giudici di legittimità accolgono i primi tre motivi, assorbiti i restanti motivi del ricorso.
Gli Ermellini precisano che il richiamo, fatto dai giudici di appello, alla decisione n. 15474/2017 della Suprema Corte “… interpreta in modo restrittivo la lettera dell’art. 2495 c.c., che parla di somme riscosse dai creditori sociali in base al bilancio finale di liquidazione. Tale interpretazione della norma non considera quanto evidenziato dalle sezioni unite di questa Corte nel 2013 con la sentenza n. 6070 (cfr., tra le pronunzia successive più recenti, Cass. n. 32790/2023, Cass. n. 30832, Cass. n. 10752/2023). Le sezioni unite hanno ricostruito “lo scarno tessuto normativo” in chiave successoria, così che i soci succedono nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata ma non definiti all’esito della liquidazione, fermo restando il loro diritto di opporre al creditore agente il limite di responsabilità di cui all’art. 2495 c.c. I soci succedono anche in relazione alle sopravvenienze attive, così che, venuto meno il vincolo societario, “la titolarità dei beni e dei diritti residui o sopravvenuti torna ad essere direttamente imputabile a coloro che della società costituivano il sostrato personale”; sparita la società, si instaura quindi tra i soci un regime di contitolarità o di comunione indivisa.
Ciò significa che nel caso in esame, come ha sottolineato il Tribunale, del patrimonio netto della società e del fondo stanziato per rischi sono diventati contitolari i soci, che quindi, sia pure in regime di comunione, hanno riscosso tali poste in base al bilancio finale di liquidazione. La lettera dell’art. 2495 c.c. parla infatti genericamente di “somme riscosse dai soci” e non di somma singolarmente riscossa da ciascuno di essi, così che risulta applicabile anche al caso in cui l’attribuzione ai soci sia avvenuta quale fenomeno successorio di attribuzione dei beni in comunione. Quanto al sostantivo “somme” utilizzato dal legislatore, di esso deve essere data una lettura funzionale, estesa a comprendere tutto quanto sia stato percepito dai soci, si tratti di beni e/o di altre utilità, come ha precisato la pronuncia di questa Corte n. 31109/2023 (nel caso di specie erano stati attribuite ai soci quote di partecipazione di un’altra società). Tale pronuncia ha sottolineato come siano state le sezioni unite nella sentenza sopra ricordata (Cass. n. 6070/2013) a basarsi su una nozione di oggetto della responsabilità patrimoniale in termini di elementi attivi, in coerenza con la disciplina generale della responsabilità patrimoniale, di cui all’art. 2740 c.c. A tale riguardo va ancora rimarcato, in relazione alla circostanza che siano parte del patrimonio netto crediti tributari, che non si tratta di una “mera pretesa cui ancora non corrisponda la possibilità d’individuare con sicurezza nel patrimonio sociale un diritto o un bene definito”, essendo tali crediti “stati iscritti nell’attivo del bilancio finale di liquidazione” (sono parole della pronuncia sopra citata delle sezioni unite n. 6070/2013). …”