La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 15391 depositata il 3 giugno 2024, intervenendo in tema di licenziamento disciplinare e controlli difensivi, ha ribadito il principio secondo cui “… in tema di cd. sistemi difensivi, sono consentiti, anche dopo la modifica dell’art. 4 st. lav., ad opera dell’art. 23 del d.lgs. n. 151 del 2015, i controlli anche tecnologici posti in essere dal datore di lavoro finalizzati alla tutela di beni estranei al rapporto di lavoro o ad evitare comportamenti illeciti, in presenza di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto (in tal senso Cass., sez. lav., 12.11.2021, n. 34092; id., sez. lav., 22.9.2021, n. 25732). Confermandosi che la legittimità dei controlli difensivi in senso stretto presuppone il “fondato sospetto” del datore di lavoro circa comportamenti illeciti di uno o più dipendenti, è stato, quindi, specificato che spetta al datore di lavoro l’onere di allegare, prima, e di provare, poi, le specifiche circostanze che l’hanno indotto ad attivare il controllo tecnologico ex post, sia perché solo il predetto sospetto consente l’azione datoriale fuori del perimetro di applicazione diretta dell’art. 4 st. lav., sia perché, in via generale, incombe sul datore, ex art. 5 l. n. 604 del 1966, la dimostrazione del complesso degli elementi che giustificano il licenziamento (Cass., sez. lav., 26.6.2023, n. 18168). …”

La vicenda ha riguardato un dipendente di una società per azioni, a cui veniva notificato, da parte della datrice di lavoro, il licenziamento disciplinare irrogatogli per alcune mancanze commesse coperte dalla società mediante i riscontri dei pedaggi autostradali forniti dal sistema telepass installato sul mezzo aziendale affidatogli. Il dipendente impugnava tale provvedimento espulsivo. Il Tribunale adito, in funzione di giudice del lavoro, rigettava le doglianze del lavoratore ritenendo legittimo il provvedimenti di licenziamento. Il dipendente avverso tale decisione proponeva appello. La Corte territoriale accoglieva l’appello proposto dal dipendente contro la sentenza del Tribunale ed, in riforma di tale decisione, annullava il licenziamento disciplinare. In particolare, per i giudici di appello la società datrice di lavoro non aveva dato prova del rispetto degli adempimenti di cui all’art. 4 L. n. 300/1970 (obbligo di adeguata informativa al dipendente) in ordine all’utilizzo dei dati forniti dal sistema telepass. Pertanto i dati riportati nella lettera di contestazione disciplinare, prima, e di licenziamento, dopo, non potevano essere utilizzati. La società impugnava la sentenza di appello con ricorso in cassazione fondato su quattro motivi.

I giudici di legittimità rigettavano il ricorso della datrice di lavoro.

Gli Ermellini premettono che “… per “controlli difensivi” sui dipendenti s’intendono i controlli diretti ad accertare comportamenti estranei al rapporto di lavoro illeciti o lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale e dunque non volti ad accertare l’inadempimento delle ordinarie obbligazioni contrattuali (cfr. Cass., sez. lav., 5.10.2016, n. 19922). Cass. pen., sez. III, n. 3255/2020 …”

Inoltre per i giudici di piazza Cavour “… Non assume, infatti, rilievo che quei dati non siano acquisiti dalla datrice di lavoro direttamente (ma dal soggetto terzo che fornisce a pagamento tale servizio) e, per così dire, in tempo reale (come potrebbe essere per i dati di un sistema di cd. geolocalizzazione o satellitare GPS: v. Cass. n. 19922/2016 cit.).

Ciò non toglie che l’apparecchio telepass installato per iniziativa datoriale sull’autovettura pure messa a disposizione del lavoratore per lo svolgimento delle sue prestazioni di tecnico trasfertista consente all’atto dei transiti autostradali (in entrata e in uscita) la registrazione dei relativi dati, che, una volta forniti al datore di lavoro da chi gestisce il sistema telepass, consentono un controllo a distanza, sebbene postumo, dell’attività del lavoratore.

(…)

parte della dottrina specialistica è del parere che il telepass, se installato su auto aziendali destinate allo svolgimento di specifici servizi, si deve considerare uno strumento direttamente funzionale all’efficienza della singola prestazione, oltre che ormai fortemente compenetrato con essa nell’odierna pratica lavorativa, sicché il telepass così contestualizzato rientra nell’ambito applicativo del comma 2 dell’art. 4 L. n. 300/1970 novellato.

Tuttavia, le informazioni, così “raccolte” a mente appunto di quest’ultima previsione, giusta il successivo comma 3, sono “utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro” (e quindi anche, ma non soltanto, ai fini disciplinari) solo “a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli”, oltre che “nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”. …”