Circolare n. 177 del 22 giugno 1995 – Min. Finanze – Dip. Entrate Aff. Giuridici Serv. III
I.V.A. – Regime speciale per i rivenditori di beni usati, di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione. Applicazione decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, e successive modificazioni, apportate con decreto-legge 10 giugno 1995, n. 226.
Sintesi: Il decreto-legge 23/2/1995, n.41, convertito con modificazioni, dalla legge 22/3/1995, n.85, recependo il disposto della direttiva del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea 14/2/1994, n.94/5/ce, detta una organica disciplina ai fini I.V.A. del commercio dei beni mobili usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione. Il presente regime speciale mira ad evitare fenomeni di reiterata imposizione per i beni che dopo la prima uscita dal circuito commerciale vengono ceduti ad un soggetto passivo di imposta per la successiva rivendita. Conseguentemente per le fattispecie indicate si prevede che sia assoggettato al tributo la sola differenza tra prezzo di vendita e quello d’acquisto, maggiorato delle spese di riparazione e di quelle accessorie.
Testo:
1 - Premessa
Il decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito con modificazioni
dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, al Titolo III, Capo IV, Sezione II, articoli
da 36 a 40, detta una organica disciplina ai fini I.V.A. per il commercio di
beni mobili usati, di oggetti d'arte, d'antiquariato e da collezione. La
materia ha subito talune modifiche con il successivo decreto-legge 10 giugno
1995, n. 226.
Tale disciplina, che introduce un vero e proprio regime speciale I.V.A.,
detto anche "regime del margine", recepisce la direttiva n. 94/5/CE
approvata dal Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea il 14 febbraio 1994,
nel quadro della realizzazione di un sistema comune d'imposta sul valore
aggiunto previsto dall'art. 32 della direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977.
L'esigenza che ha visto nascere la direttiva 94/5/CE e' quella di
evitare fenomeni di doppia o reiterata imposizione per i beni che dopo la
prima uscita dal circuito commerciale vengono ceduti ad un soggetto passivo
d'imposta per la successiva rivendita, con conseguente ulteriore imposizione
ai fini I.V.A. in relazione al prezzo di vendita da questi praticato.
Il presente regime speciale prevede, per le fattispecie indicate, che
sia assoggettato al tributo il solo utile lordo realizzato dal rivenditore,
cioe' la differenza (cosiddetto "margine") fra il prezzo di vendita e quello
d'acquisto maggiorato delle spese di riparazione e di quelle accessorie, con
le modalità di seguito piu' dettagliatamente descritte.
Nell'ambito del regime speciale sono individuabili tre differenti
modalità di applicazione dello stesso:
1) regime ordinario (o analitico);
2) regime forfetario (o percentuale);
3) regime globale.
Torna altresi' utile premettere che per i soggetti interessati
all'applicazione del regime di cui trattasi restano immutati tutti gli
adempimenti cui erano eventualmente tenuti, relativi agli obblighi di
certificazione dei corrispettivi (scontrino e ricevuta fiscale) e di
emissione di documento di accompagnamento dei beni viaggianti, nonche'
quelli previsti dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 non espressamente derogati
dal provvedimento in esame.
2. Requisiti soggettivi, oggettivi e territoriali per l'applicazione del
regime.
L'art. 36, comma 1, definisce l'ambito soggettivo, oggettivo e
territoriale del regime speciale e detta le modalità di calcolo del margine
per la determinazione della base imponibile ai fini dell'applicazione
del tributo.
Sotto il profilo soggettivo, sono interessati i contribuenti che
esercitano per professione abituale il commercio all'ingrosso, al dettaglio o
in forma ambulante di beni mobili usati, oggetti d'arte, d'antiquariato e da
collezione, in relazione ai quali non hanno subito, all'atto dell'acquisto, la
rivalsa dell'imposta, sebbene in taluni casi il tributo possa aver concorso
alla determinazione del prezzo pagato.
Ai sensi del comma 9 dello stesso art. 36 sono interessati al regime
speciale di cui trattasi, anche se con qualche limitazione, i soggetti che
effettuano cessioni dei suddetti beni non nel quadro dell'esercizio abituale
di attività di commercio degli stessi. La disposizione e' rivolta pertanto
ad imprese, professionisti ed enti soggetti passivi d'imposta che
occasionalmente effettuano la cessione dei beni indicati al comma 1 dell'art.
36.
La legge in esame non ha recepito dalla direttiva comunitaria la
disposizione che riconosce ai singoli Stati la facoltà di estendere
l'applicazione del regime particolare alle vendite all'asta. Queste, pertanto,
restano ancora regolate dall'articolo 74, comma 8, del citato D.P.R. n. 633
del 1972.
Sotto il profilo oggettivo i beni interessati dalla disciplina in esame
sono:
- beni mobili usati suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa
riparazione;
- oggetti d'arte, d'antiquariato e da collezione indicati nella tabella
allegata al provvedimento in esame (all.1).
Sotto l'aspetto territoriale i suddetti beni devono essere stati
acquistati nel territorio dello Stato o in quello di altro Stato membro
dell'Unione Europea. Possono essere attratti nel particolare regime gli
oggetti d'arte, d'antiquariato e da collezione importati da paesi terzi
qualora vi sia una espressa manifestazione di opzione della quale si dirà
dettagliatamente in seguito.
Si ritiene utile ribadire che il commercio dei beni di cui sopra e'
soggetto alla disciplina in commento sempreche' gli stessi siano stati
precedentemente acquistati presso privati, e cioe' presso soggetti che non
agiscono nell'esercizio d'impresa, arte o professione e che pertanto non
rivestono la qualifica di soggetti I.V.A.
Il secondo periodo del comma 1 dell'art. 36 stabilisce, al riguardo, che
si considerano acquistati presso privati anche:
a) i beni acquistati presso un soggetto passivo che non ha potuto operare, in
relazione all'acquisto dei beni stessi, la detrazione dell'imposta ai
sensi dell'art. 19, secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972; infatti, in
tal caso, l'operazione di acquisto da parte del rivenditore del bene usato
non e' stata assoggettata all'IVA con rilascio della specifica fattura,
trattandosi di operazione fuori dal campo di applicazione del tributo, a
norma dell'art. 2, comma 3, lettera h). Restano invece escluse dalla
previsione normativa tutte le altre ipotesi in relazione alle quali la
vigente disciplina dell'imposta sul valore aggiunto limita o preclude la
detrazione dell'IVA, quali, ad esempio, quelle previste dall'art. 19, comma
3, e dall'art. 36-bis, comma 2, del medesimo decreto. Infatti le cessioni
successive a tali ultime operazioni rientrano nel campo di applicazione del
tributo, con conseguente rivalsa dell'IVA nella relativa fattura;
b) i beni acquistati presso un soggetto passivo d'imposta comunitario in
regime di esonero nel proprio Stato (l'articolo 24 della sesta direttiva
CEE n. 388 del 17 maggio 1977 prevede che gli Stati membri possono
introdurre regimi di franchigia dall'I.V.A. per le piccole imprese);
c) i beni acquistati presso un soggetto passivo d'imposta che opera anch'esso
nel medesimo regime speciale d'imposizione del margine.
Restano, in linea di massima, escluse dal regime del margine le cessioni
effettuate da commercianti di beni da essi stessi importati ovvero acquistati
al di fuori delle ipotesi precedentemente illustrate.
Tuttavia, i soggetti che effettuano abitualmente il commercio dei
beni di cui trattasi possono ricomprendere, previa opzione, nell'ambito
oggettivo del regime del margine, ai sensi del comma 2 dell'art. 36, le
seguenti operazioni:
- cessioni di oggetti d'arte, di antiquariato o da collezione, importati;
- cessioni di oggetti d'arte acquistati direttamente presso l'autore ovvero
presso i suoi eredi o legatari, se soggetti passivi d'imposta.
L'opzione, ai sensi del comma 8 dell'art. 36, deve essere comunicata
all'Ufficio I.V.A. competente nella dichiarazione relativa all'anno
precedente oppure, in caso di avvio dell'attività, nell'apposita
dichiarazione di inizio della stessa. L'opzione ha effetto dal 1 gennaio
dell'anno in corso se esercitata in sede di dichiarazione annuale, oppure,
nell'ipotesi di inizio dell'attività, a decorrere dalla relativa data. La
scelta compiuta e' vincolante, secondo la dizione del citato comma 8 dell'art.
36, almeno per il biennio successivo all'anno in cui e' stata esercitata e
perdura fino ad espressa revoca. Si precisa che la revoca e' esercitabile
sempre in dichiarazione annuale, ed ha efficacia a decorrere dal 1 gennaio
dell'anno in cui viene manifestata.
Per l'anno 1995, atteso che il regime si rende applicabile a partire dal
1 aprile, data successiva al termine di presentazione della dichiarazione
annuale IVA, l'eventuale opzione deve essere manifestata utilizzando i modelli
anagrafici previsti per la comunicazione di inizio di attività e di
variazione dati, mediante specifica indicazione nel quadro H del modello AA7/6
o AA9/6.
3 - Applicazione dell'imposta nei modi ordinari per singole operazioni.
Il comma 3 dell'art. 36 consente, ai soggetti che applicano il regime del
margine determinato in modo analitico o forfetario, di scegliere, per ogni
singola cessione, l'applicazione dell'imposta nei modi ordinari, a norma dei
titoli I e II del D.P.R. n. 633 del 1972. Tale scelta deve essere portata a
conoscenza del competente Ufficio I.V.A. con la dichiarazione annuale
relativa all'anno in cui l'operazione, interessata dalla scelta, e' stata
effettuata. In sostanza il rivenditore, al momento della cessione di un
determinato bene, gode del beneficio di una facoltà alternativa, che
eserciterà secondo valutazioni di convenienza: o effettuare la cessione
nell'ambito del regime del margine ovvero applicare il regime ordinario
emettendo obbligatoriamente la fattura, ai sensi dell'art. 38, comma 1,
secondo le modalità di cui all'art. 21 del citato D.P.R. n. 633 del 1972. In
tale ultima ipotesi il soggetto ha titolo per recuperare in detrazione, al
momento della rivendita del bene, l'imposta eventualmente assolta per rivalsa
all'atto dell'acquisto o dell'importazione del bene, nonche' per le spese
accessorie e di riparazione dello stesso. Al fine di usufruire della
detrazione e' necessario, pero', eseguire la registrazione della fattura o
della bolletta doganale inerente all'acquisto del bene, nonche' dei documenti
relativi alle eventuali spese di riparazione ed accessorie, con le
modalità e nei termini, previsti dall'art. 25 del D.P.R. n. 633 del 1972,
decorrenti dalla data di cessione del bene. La detrazione e' comunque
esercitata con riferimento alla liquidazione periodica in cui e' computata
la cessione del bene medesimo, come stabilito dal comma 4 dell'art. 36.
4 - Determinazione del margine e fatturazione delle operazioni
Le regole dettate per la determinazione del margine assumono particolare
rilevanza in relazione alle finalità perseguite dalla direttiva 94/5/CE,
tese, come accennato, ad evitare la doppia tassazione dei beni usati, degli
oggetti d'arte, d'antiquariato e da collezione. Per detti beni, infatti, il
rivenditore all'atto dell'acquisto ha corrisposto un prezzo normalmente
comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto anche se questa non ha formato
oggetto di specifica rivalsa, come già chiarito nei paragrafi precedenti. In
tale situazione, ove si assoggettasse ad I.V.A. l'intero corrispettivo della
rivendita, si opererebbe una duplicazione dell'imposta nell'ipotesi in cui la
stessa sia già compresa nel prezzo di acquisto.
Per la determinazione dell'imposta commisurata al margine conseguito
dagli operatori economici interessati, il provvedimento in esame prevede, come
accennato, differenti metodologie, ciascuna delle quali e' caratterizzata
dalla natura dei beni oggetto di rivendita o dalle peculiari modalità di
esercizio del loro commercio ovvero da talune particolarità riferite al
prezzo di acquisto. Da queste caratteristiche consegue che il margine puo'
essere determinato, nelle varie ipotesi, mediante l'applicazione del
regime ordinario (o analitico), di quello forfetario o di quello globale.
Le disposizioni che disciplinano le modalità di fatturazione sono
contenute nel comma 1 dell'art. 38. La regola fondamentale e' quella per cui i
soggetti che applicano il regime del margine, sia che questo venga
determinato in relazione alle singole operazioni, anche forfetariamente,
sia che venga calcolato globalmente per periodo d'imposta in relazione a
tutti gli acquisti e le vendite dei beni interessati dal particolare regime,
non possono, qualora emettano la fattura, esporre in essa l'imposta
distintamente dal corrispettivo, ma devono espressamente indicare nella stessa
che trattasi di operazione soggetta al regime del margine di cui all'art. 36
del D.L. n. 41 del 1995.
Le attività interessate dal regime del margine vengono svolte,
prevalentemente, dai soggetti rientranti nelle previsioni di cui all'art. 22
del D.P.R. n. 633 del 1972, per i quali, come e' noto, l'obbligo di emissione
della fattura consegue all'esplicita richiesta del cliente.
Sussiste, invece, l'obbligo di emissione della fattura nell'ipotesi
disciplinata dal comma 3 dell'art. 36, ossia nel caso in cui per un'operazione
riconducibile nel regime del margine si scelga di applicare l'imposta nei modi
ordinari. In tale ipotesi la fattura emessa dovrà recare l'espressa
indicazione dell'imposta applicata sull'intero corrispettivo.
4.1. Metodo ordinario o analitico
4.1.1. Applicazione del metodo ordinario o analitico di determinazione del
margine.
L'articolo 36, comma 1, del provvedimento in esame dispone che per il
commercio dei beni mobili usati, degli oggetti d'arte, d'antiquariato e da
collezione l'imposta relativa alla rivendita e' commisurata alla differenza
tra il prezzo dovuto dal cessionario del bene e quello relativo
all'acquisto, aumentato delle spese di riparazione e di quelle accessorie.
I costi riferibili all'acquisto del bene ed alle prestazioni di
riparazione, nonche' a quelle accessorie, devono essere computati al lordo
dell'imposta, anche se l'I.V.A. risulta separatamente addebitata al
rivenditore (come ad esempio nel caso di oggetti d'arte acquistati presso
l'autore ovvero presso i suoi eredi o aventi causa soggetti passivi d'imposta,
o importati, per le cui cessioni il rivenditore abbia optato per
l'applicazione dell'imposta col regime del margine).
Tale differenza viene, in sostanza, algebricamente determinata nel modo
seguente:
corrispettivo praticato per la rivendita, al lordo dell'imposta,
diminuito del prezzo di acquisto del bene, al lordo dell'eventuale imposta
addebitata al rivenditore, e delle spese di riparazione e di quelle
accessorie, al lordo dell'imposta addebitata al rivenditore. Il risultato
costituisce il margine lordo.
Se il risultato e' costituito da un margine di segno positivo, la
quota imponibile in esso compresa, sulla quale va calcolata l'imposta dovuta,
verrà determinata mediante l'adozione di uno dei procedimenti di scorporo
indicati nell'articolo 27, quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, con
riferimento all'aliquota propria del bene oggetto della rivendita.
Se invece il margine risulta di segno negativo, per tale operazione non
si renderà dovuta alcuna imposta e in sede di liquidazione il margine
sarà considerato pari a zero.
Occorre precisare che ai sensi dell'articolo 36, comma 4, le spese
accessorie e quelle di riparazione, costituendo spese aggiuntive al costo di
acquisto del bene oggetto della rivendita, non danno diritto alla
detrazione della relativa imposta. In relazione a dette prestazioni, la norma
non concede al rivenditore che opera nel regime del margine la facoltà di
scegliere se esercitare la detrazione dell'I.V.A. addebitatagli in via di
rivalsa o se imputare l'intero corrispettivo dell'operazione, comprensivo
dell'imposta, tra i costi da considerare ai fini della determinazione del
margine. Cio' in quanto il regime del margine si caratterizza per la
indetraibilità dell'I.V.A. assolta sugli acquisti.
Per spese accessorie e di riparazione debbono intendersi i costi
sostenuti dal rivenditore che abbiano una specifica inerenza o alla fase di
acquisizione del bene o a quella successiva di riattazione dello stesso. Tra i
primi possono comprendersi, ad esempio, gli oneri tributari nonche' quelli di
intermediazione relativi all'acquisto, le spese peritali, quelle notarili, di
agenzia, di trasporto, ecc. Tra i secondi sono da comprendere tutte le spese
di riparazione e di restauro del bene.
La disposizione in esame si renderà applicabile anche nell'ipotesi
in cui la riparazione del bene lo renda suscettibile di diversa utilizzazione,
purche' non se ne modifichino le caratteristiche tipologiche. E' il caso, ad
esempio, della credenza che in fase di riparazione viene trasformata in una
libreria.
Il regime del margine non si applica invece alle cessioni di beni
ottenuti utilizzando, quali materie prime e semilavorate, materiali ricavati
da altri beni usati. E' il caso, ad esempio, della realizzazione di un
mobile mediante utilizzo del legno ricavato da una o piu' porte, ovvero quello
della rigenerazione di prodotti (ad esempio di pneumatici o di batterie
usati).
Non sono comprese tra i costi da computare per la determinazione
del margine le spese generali sostenute per l'esercizio dell'attività, le
quali, non essendo riferibili ai singoli beni o alle singole operazioni di
rivendita, danno luogo alla detrazione della relativa imposta secondo le
regole generali di cui ai titoli I e II del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Non sono egualmente comprese tra i predetti costi le spese non
direttamente connesse alla riattazione di beni destinati alla rivendita in
quanto sostenute per la normale utilizzazione dei beni stessi (ad esempio le
spese di riparazione di un veicolo industriale sostenute da un soggetto
passivo che lo utilizza nell'esercizio dell'attività senza farne normale
oggetto di commercio).
E' appena il caso di precisare che le spese accessorie di cui all'art.
36, comma 1, sono quelle che afferiscono alla fase di acquisizione del bene, e
non anche quelle connesse alla loro cessione.
Non vengono espressamente considerate, ai fini della loro rilevanza per
la determinazione del costo e quindi del margine, le prestazioni accessorie
e le riparazioni eseguite dal rivenditore utilizzando la propria struttura
di impresa. Pertanto le stesse, in quanto configurano ipotesi di autoconsumo
interno di prestazioni di servizi, non devono essere fatturate, in base ai
principi generali che regolano l'applicazione dell'imposta sul valore
aggiunto, ai quali fa rinvio l'art. 40, comma 2, del provvedimento in esame.
L'ipotesi di irrilevanza, ovviamente, non si verifica nel caso in cui le
suddette prestazioni vengano rese nell'esercizio di attività separata, di
cui all'art. 36 del D.P.R. n. 633 del 1972. le prestazioni interne, salva
l'eccezione ora indicata, non influenzano, quindi, la determinazione del
margine e l'imposta assolta per rivalsa sugli acquisti di beni prelevati dal
proprio magazzino o comunque acquistati per la realizzazione delle prestazioni
accessorie e di riparazione formerà oggetto di detrazione secondo le regole
generali dettate dal citato D.P.R. n. 633 del 1972.
4.1.2. Modalità di registrazione delle operazioni.
Ai sensi dell'art. 38, comma 2, i contribuenti che effettuano in via
abituale le operazioni di cui al comma 1 dell'art. 36, ossia quelle alle quali
e' applicabile il sistema analitico di determinazione del margine, devono
istituire un apposito registro, strutturato alla stregua di un libro di
carico e scarico, tenuto a norma dell'art. 39 del D.P.R. n. 633 del 1972. In
particolare, i predetti contribuenti devono provvedere ad annotare in
detto registro gli acquisti e le cessioni dei singoli beni cui si applica
il sistema analitico, con specificazione: delle date di acquisto e di
cessione, della natura, quantità e qualità dei beni, del prezzo di acquisto,
al lordo dell'eventuale imposta, del corrispettivo, comprensivo dell'imposta,
relativo alla cessione.
Giova precisare che nel registro in discorso devono essere annotati anche
i costi, al lordo dell'eventuale imposta, afferenti alle riparazioni
effettuate sui beni acquistati, in vista della loro rivendita, e le spese
accessorie relative agli acquisti stessi, di cui si e' detto in precedenza.
Cio' in quanto, come già precisato, ai fini della determinazione del margine,
e quindi della base imponibile, il prezzo di acquisto di ogni bene deve
essere aumentato delle spese di riparazione e di quelle accessorie. Ne deriva
la necessità che le cennate spese emergano dal registro di cui trattasi,
che deve logicamente contenere tutti gli elementi necessari alla
determinazione analitica del margine. In detto registro va, infine, indicato
il margine conseguito, ossia la differenza tra il corrispettivo di vendita e
il prezzo d'acquisto del bene eventualmente maggiorato delle spese sopra
evidenziate.
Le annotazioni relative alle cessioni devono essere eseguite negli stessi
termini previsti, per l'annotazione dei corrispettivi, dall'art. 24 del
D.P.R. n. 633 del 1972, ossia entro il primo giorno non festivo successivo a
quello in cui le operazioni sono effettuate.
Le annotazioni relative agli acquisti dei beni devono invece essere
eseguite entro quindici giorni dall'acquisto stesso, ma comunque non oltre la
data di registrazione della corrispondente cessione.
In sede di registrazione ogni acquisto dev'essere comunque imputato con
riferimento al giorno di effettuazione.
Entro i termini previsti, per le liquidazioni mensili e trimestrali,
dagli articoli 27 e 33 del D.P.R. n. 633 del 1972, il contribuente deve
effettuare una ricognizione dei singoli margini positivi conseguiti nel
periodo, ovverosia di quelli che evidenziano la realizzazione di un utile
lordo. I margini positivi riferiti a ciascun bene devono essere sommati tra di
loro, operando nel contempo una distinzione in relazione alle diverse
aliquote applicabili alle cessioni; successivamente i detti margini
positivi devono essere registrati, con annotazione separata, nel registro
dei corrispettivi di cui all'art. 24 del D.P.R. n. 633 del 1972, per poi
confluire nella liquidazione d'imposta, da effettuarsi secondo le regole
ordinarie e nei richiamati termini fissati dagli articoli 27 e 33 del predetto
decreto n. 633.
I soggetti diversi da quelli che pongono in essere le operazioni indicate
nell'art. 22 del D.P.R. n. 633 del 1972, tenuti alla emissione di fattura per
ciascuna operazione effettuata e alla relativa annotazione nel registro
previsto dal successivo art. 23, che esercitano anche il commercio di beni
rientranti nel regime del margine e che quindi restano obbligati alla
emissione del suddetto documento anche per le relative operazioni, possono
annotare l'ammontare complessivo dei margini conseguiti in relazione alle
operazioni effettuate in ciascun periodo di imposta nello stesso registro
sopra richiamato, entro il termine di esecuzione della liquidazione
dell'imposta, evitando cosi' la tenuta del registro previsto dall'art. 24 del
medesimo decreto n. 633 del 1972.
Correlativamente, i soggetti operanti nel regime del margine che optano,
in relazione a talune operazioni, per l'applicazione dell'imposta nei modi
ordinari, e che sono obbligati alla emissione della fattura ai sensi
dell'art. 38, comma 1, sono tenuti alla registrazione del documento emesso
nel registro previsto dall'art. 23 del D.P.R. n. 633 del 1972. Tuttavia, i
detti soggetti, se operano nell'ambito del commercio al minuto o di attività
ad esso assimilate, possono annotare le fatture come sopra emesse nel registro
di cui all'art. 24 del citato D.P.R. n. 633 del 1972, indicando l'importo
globale delle operazioni effettuate in ciascun giorno e i numeri delle
relative fatture nei termini previsti dal medesimo articolo.
Le sopracennate regole, e in particolare quelle concernenti le
annotazioni nel registro del tipo carico-scarico, non si applicano alle
ipotesi di cessioni di beni che, anche se rientranti nella disciplina
speciale in argomento, sono effettuate occasionalmente da soggetti che non
esercitano per professione abituale il commercio di beni cui si applica il
particolare regime del margine. In tali ipotesi gli elementi necessari per
l'individuazione del margine, e il margine risultante, devono
essere
distintamente indicati con le modalità e nei termini stabiliti per le
liquidazioni periodiche, nel registro usualmente utilizzato dal cedente
nell'esercizio della propria attività, ossia in quello di cui all'art. 23 o
di cui all'art. 24 del citato D.P.R. n. 633 del 1972. Ovviamente dei margini
positivi come sopra evidenziati occorre tener conto ai fini delle liquidazioni
periodiche dell'imposta.
4.2. Metodo forfetario o percentuale
4.2.1. - Applicazione del metodo forfetario o percentuale di determinazione
del margine
Il comma 5 dello stesso articolo 36 individua, talune fattispecie per le
quali il margine viene determinato forfetariamente.
Trattasi di ipotesi per le quali, risultando particolarmente difficoltoso
calcolare il margine con la procedura esposta nel paragrafo 4.1.1., il
legislatore ha determinato in via presuntiva l'ammontare del margine che viene
calcolato in misura percentuale rispetto al prezzo di vendita; cio' sia al
fine di evitare che il margine sia costituito dall'intero prezzo di
vendita, sia al fine di semplificare gli adempimenti previsti dal
particolare regime in esame.
Resta inteso che l'ammontare del margine determinato in modo forfetario
deve ritenersi assorbente di tutti i costi che influenzerebbero la
determinazione analitica del margine. Pertanto nel particolare regime in esame
non e' detraibile l'imposta assolta per rivalsa dal soggetto per le
prestazioni accessorie e di riparazione ricevute, dovendo ritenersi che di
detti costi si sia tenuto conto in sede di determinazione della percentuale di
abbattimento del prezzo di vendita.
In particolare alla lettera a) del comma 5 si dispone che l'ammontare del
margine e' pari al 60% del prezzo di vendita per le cessioni di oggetti d'arte
il cui prezzo di acquisto manca o e' privo di rilevanza ovvero non e'
determinabile.
La irrilevanza del prezzo d'acquisto puo' essere ravvisata nelle ipotesi
in cui questo risulti simbolico rispetto al valore dell'oggetti d'arte.
Il prezzo indeterminabile puo' ravvisarsi nelle ipotesi in cui le modalità
di acquisto siano state tali da non consentirne l'attribuzione al singolo
oggetto d'arte: si pensi al caso in cui il rivenditore abbia corrisposto un
prezzo unico per una universalità di beni.
Con la lettera b) si disciplina la determinazione del margine per i soli
soggetti che effettuano attività di commercio al dettaglio esclusivamente in
forma ambulante. Per essi e' stabilito che il margine e' pari al 50% del
prezzo di vendita dei beni, esclusi i prodotti editoriali di antiquariato, per
i quali la percentuale e' ridotta al 25%. Dette percentuali di forfetizzazione
non sono applicabili ad operatori diversi da quelli espressamente indicati
nella norma.
Pertanto i soggetti che cedono beni usati, oggetti d'arte, di
antiquariato o da collezione, sia in forma ambulante che con sede fissa, sono
tenuti, al pari degli altri rivenditori dei beni interessati dalla disciplina
in esame, alla applicazione degli altri metodi (ordinario o globale)
previsti dall'articolo in commento.
Con la lettera b-bis), introdotta dall'art. 3, comma 1, del decreto-legge
10 giugno 1995, n. 226, si stabilisce che il margine e' pari al 25% del prezzo
di vendita per i prodotti editoriali, esclusi quelli d'antiquariato, anche se
commercializzati in forma non ambulante. Dal combinato disposto delle lettere
b) e b-bis) della norma in commento si ricava, in definitiva, che il
sistema forfetario trova sempre applicazione con percentuale pari al 25%,
per le cessioni di prodotti editoriali non aventi carattere di antiquariato.
Qualora siano invece ceduti prodotti d'antiquariato, il sistema forfetario
trova invece applicazione, ferma restando la percentuale del 25%, solo
ove l'operazione sia effettuata da un soggetto che esercita il commercio
in forma esclusivamente ambulante.
4.2.2. - Modalità di registrazione delle operazioni.
Per i contribuenti che determinano il margine in maniera forfetaria, ai
sensi del comma 5 dell'art. 36, sono previste modalità di annotazione
semplificate. In virtu' dell'art. 38, comma 3, infatti, essi non sono tenuti
all'istituzione del registro speciale, ma devono semplicemente annotare i
corrispettivi delle operazioni effettuate, rientranti nel sistema del
margine forfetario, nel registro dei corrispettivi di cui all'art. 24 del
D.P.R. n. 633 del 1972, ma separatamente da quelli relativi ad altre
operazioni eventualmente effettuate.
I termini per eseguire le annotazioni sono quelli previsti dallo stesso
art. 24 del D.P.R. n. 633 del 1972, richiamati, tra l'altro, dal comma 2
dell'art. 38 in relazione alla registrazione delle cessioni interessate dal
regime analitico del margine. L'annotazione dovrà quindi essere eseguita
entro il primo giorno non festivo successivo a quello di effettuazione
dell'operazione, con imputazione, in ogni caso, al periodo d'imposta in cui e'
compreso il giorno di effettuazione della cessione.
Si precisa che nel caso in esame non ricorre l'obbligo di registrazione
degli acquisti ma soltanto l'obbligo di numerare e conservare i documenti
(fatture, quietanze, etc.)
4.3. - Metodo globale
4.3.1. - Applicazione del metodo globale di determinazione del margine.
Una particolare semplificazione per la determinazione del margine e'
prevista dalla disposizione recata dal comma 6 dell'art. 36.
Tale semplificazione consiste nella determinazione dell'ammontare del
margine imponibile non relativamente a ciascuna operazione effettuata, ma con
riferimento alle cessioni nonche' agli acquisti di beni posti in essere in
ciascun periodo mensile o trimestrale globalmente considerati. L'imposta
dovuta per ciascun periodo e' commisurata al margine globale costituito
dalla differenza tra l'ammontare complessivo delle cessioni e quello degli
acquisti aumentato delle spese di riparazione ed accessorie, effettuati nei
periodi di riferimento.
L'adozione del sistema del margine globale e' prevista esclusivamente
per gli operatori che svolgono, in forma non ambulante, il commercio di taluni
beni usati, tassativamente individuati dalla disposizione in esame. Trattasi
di veicoli, di francobolli, di monete o altri oggetti da collezione, di parti
e pezzi di ricambio o componenti derivanti dalla demolizione dei mazzi di
trasporto o di apparecchiature elettromeccaniche (lavatrici, frigoriferi,
televisori, macchine da cucire, etc.) di abiti e biancheria, di prodotti di
abbigliamento, (quali scarpe, borse, pellicce), di beni il cui acquisto sia
stato effettuato non singolarmente ma per masse o a peso, e comunque con
prezzo di acquisto non determinato per singolo bene, di prodotti
editoriali d'antiquariato non ceduti in forma esclusivamente ambulante,
nonche' di qualsiasi tipo di bene con prezzo di acquisto inferiore ad un
milione di lire.
Peraltro, in virtu' della modifica introdotta con l'art. 3, comma 1, del
citato decreto-legge 10 giugno 1995, i soggetti che sarebbero tenuti
all'adozione del regime in discorso possono optare per il sistema ordinario
del margine. Tale opzione, che si riferisce all'intera attività e non a
singole operazioni, dev'essere manifestata secondo le modalità indicate nel
comma 8 dell'art. 36 (vedi paragrafo 2).
Si fa presente che per l'anno 1995, atteso che il termine per la
presentazione della dichiarazione IVA e' già scaduto, l'opzione in discorso
deve essere manifestata utilizzando i modelli anagrafici previsti per la
comunicazione di inizio di attività e di variazione dati, mediante specifica
indicazione nel quadro H del modello AA7/6 o AA9/6.
In ogni caso, ai soggetti che applicano il regime del margine globale non
e' consentita l'opzione di cui al comma 3 dello stesso art. 36, che prevede la
possibilità di applicare l'imposta nei modi ordinari secondo le disposizioni
di cui ai titoli I e II del D.P.R. n. 633 del 1972. Nel caso in cui i beni in
esame vengano esportati verso paesi extracomunitari, ovvero ceduti a soggetti
residenti nello Stato della Città del Vaticano o nella Repubblica di San
Marino, ovvero agli organismi di cui all'art. 72 del D.P.R. n. 633
(ambasciate, consolati, Comunità europee, ONU, Istituto Universitario Europeo
e Scuola europea di Varese, ecc.), il relativo costo precedentemente
sopportato non influenza la determinazione del margine e conseguentemente, al
momento di effettuazione dell'esportazione o della cessione ai suddetti
soggetti, dovrà essere operata una corrispondente rettifica in
diminuzione dell'ammontare degli acquisti relativi al periodo. Corre l'obbligo
di precisare che l'assimilazione alle cessioni all'esportazione prevista dal
citato art. 72 per le cessioni di beni effettuate nei confronti dei soggetti
ivi indicati, salvo che per quelle effettuate nei confronti dei Comandi
militari degli Stati membri della NATO, opera, ai sensi dell'art. 13 del
provvedimento in esame, solo per i beni con prezzo di vendita superiore a un
milione di lire, il cui acquisto sia stato autorizzato dal Ministero degli
Affari Esteri secondo le indicazioni contenute nella circolare n. 38 del 1
giugno 1973 della soppressa Direzione Generale delle Tasse e delle II.II.
sugli Affari.
Analoga rettifica in diminuzione degli acquisti deve essere operata
nell'ipotesi in cui un bene, il cui costo d'acquisto sia stato contabilizzato
ai fini della determinazione del margine, venga successivamente ceduto
quale materiale di cui all'art. 74, sesto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, e
quindi senza applicazione dell'imposta. Torna utile sottolineare che mentre il
margine calcolato a norma del comma 1 dell'art. 36 e' rilevante per la
determinazione della imposta solo se e' costituito da differenza positiva, non
essendo, come già detto, consentita la contabilizzazione di un eventuale
margine negativo, il margine determinato con il metodo globale, se negativo
(in quanto l'ammontare degli acquisti del periodo supera quello delle
vendite), e' comunque computato nella liquidazione relativa al periodo
mensile o trimestrale successivo. E' appena il caso di precisare che
l'eccedenza di che trattasi, da computare in diminuzione nel periodo
successivo, costituisce credito di margine e non di imposta.
Puo' verificarsi nella pratica l'ipotesi che il commerciante di beni
usati sia obbligato anche all'osservanza delle disposizioni relative alla
determinazione del margine nel modo ordinario o forfetario, qualora
contemporaneamente ceda beni non rientranti nel regime del margine globale. In
tali casi, ferme restando le regole relative alla fatturazione, comuni a
tutti i sistemi di determinazione del margine, dovranno essere osservati,
per quanto concerne le annotazioni, gli adempimenti specificamente
previsti per i diversi regimi applicati.
4.3.2. Modalità di registrazione delle operazioni.
I contribuenti interessati all'applicazione del regime di determinazione
globale del margine, che si caratterizza, come accennato, per essere fondato
sul computo, per ciascun periodo mensile o trimestrale di imposta, della
differenza tra il totale dei corrispettivi delle cessioni effettuate e il
totale dei costi relativi agli acquisti, sono obbligati a tenere, con le
modalità previste dall'art. 39 del D.P.R. n. 633 del 1972, due registri
separati.
In un registro vanno annotati gli acquisti dei beni assoggettati
alla particolare disciplina, in relazione ai quali devono essere indicati,
oltre alla relativa data, la natura, la quantità, la qualità e il costo
d'acquisto.
In ipotesi di acquisto per masse di beni appartenenti a categorie
merceologiche diverse, nell'ambito dello stesso genere, e' sufficiente
annotare la quantità globale con la indicazione del genere. Vanno invece
eseguite separate annotazioni, con le rispettive quantità, nel caso in cui
si acquistino per masse beni appartenenti a generi diversi (es. acquisto per
masse di vestiti, scarpe e borse, appartenenti al genere dell'abbigliamento,
oppure di sedie, tavoli e armadi, appartenenti al genere mobilia).
Nell'altro registro devono essere annotate le cessioni, con indicazione
della data, della natura, della qualità e della quantità dei beni ceduti e
dei relativi corrispettivi conseguiti al lordo dell'imposta, distinti per
aliquota.
I termini per l'effettuazione delle annotazioni sono gli stessi previsti
dall'art. 38, comma 2, relativi alla procedura analitica di calcolo del
margine, già indicati nel precedente paragrafo 4.1.2; tuttavia, considerata
la peculiare modalità di determinazione del margine globale, l'obbligo di
registrare le spese di riparazione ed accessorie puo' essere assolto anche
successivamente alla data di annotazione della rivendita dei beni, ma
comunque entro il termine di quindici giorni previsto dal citato comma 2,
decorrente dalla data di ricevimento della fattura.
Il quarto comma dell'art. 38 non dispone espressamente che il
contribuente, in sede di liquidazione periodica, riporti nel registro dei
corrispettivi, di cui all'art. 24 del decreto n. 633 del 1972, l'ammontare
del margine globale positivo evidenziatosi nel periodo di riferimento. Ne
consegue che il contribuente, ferma restando la facoltà di effettuare, per
maggiore chiarezza contabile, la predetta annotazione nel registro dei
corrispettivi, in linea di principio puo' effettuare la liquidazione
dell'imposta dovuta, in relazione alle operazioni soggette al regime del
margine globale effettuate nel periodo, direttamente nel registro speciale
delle cessioni afferenti al predetto regime globalizzato. Qualora il
contribuente svolga altre attività soggette al regime ordinario dell'imposta,
nel registro tenuto, in relazione alle attività svolte, ai sensi dell'art. 23
o dell'art. 24 del D.P.R. n. 633 del 1972, dovrà essere riportato il margine
globale relativo alle cessioni dei beni in rassegna. Successivamente il
contribuente procederà, previo scorporo dal margine dell'imposta relativa,
alla liquidazione complessiva dell'IVA dovuta per il periodo di riferimento.
E' opportuno precisare che quantunque la disciplina concernente il
regime ordinario faccia espresso riferimento, per quanto concerne gli
adempimenti contabili alla tenuta del registro di carico e scarico, tuttavia
i soggetti che applicano il regime globale, e pongono in essere
occasionalmente anche operazioni soggette al regime ordinario, possono
utilizzare gli stessi registri previsti per il regime globale anche per
l'assolvimento degli adempimenti di registrazione delle operazioni
assoggettate al detto regime, purche' risultino distintamente evidenziati i
relativi elementi.
All'ultimo periodo del richiamato comma 4 dell'art. 38 il legislatore, in
relazione all'ipotesi in cui i beni attratti nel sistema di determinazione
globale del margine siano soggetti ad aliquote diverse, ha dettato le
regole per discriminare, in sede di liquidazione periodica, gli imponibili ai
quali applicare ciascuna delle aliquote.
Nell'ipotesi descritta, il contribuente deve calcolare il rapporto
percentuale tra i corrispettivi soggetti ad ognuna delle diverse aliquote e
il totale dei corrispettivi annotati per il periodo di riferimento. Ogni
aliquota sarà poi applicata ad una porzione del margine globale, evidenziato
nel periodo di riferimento, corrispondente alla percentuale, come sopra
calcolata, in relazione alle cessioni soggette alla medesima aliquota.
Si ritiene utile proporre un esempio numerico atto ad esplicitare il
sopradescritto meccanismo di calcolo.
Si ipotizzi un contribuente tenuto alle liquidazioni mensili che ceda
beni, soggetti esclusivamente al regime del margine globale, ai quali siano
applicabili le diverse aliquote del 4%, del 10% e del 19%.
Elementi di calcolo:
Ammontare dei costi annotati per il mese: L. 100.000.000
Ammontare dei corrispettivi delle cessioni
annotate per il mese: L. 300.000.000
di cui
soggetti all'aliquota del 4%: L. 70.000.000
soggetti all'aliquota del 10% L. 100.000.000
soggetti all'aliquota del 19% L. 130.000.000
Rapporti percentuali tra l'ammontare dei corrispettivi relativi alle cessioni
soggette a ciascuna aliquota e totale dei corrispettivi relativi alle
cessioni effettuate nel mese:
70.000.000
aliquota 4% = ----------- = 23,33% x 200.000.000 = 46.660.000
300.000.000
100.000.000
aliquota 10% = ----------- = 33,33% x 200.000.000 = 66.660.000
300.000.000
130.000.000
aliquota 19% = ----------- = 43,33% x 200.000.000 = 86.660.000
300.000.000
Il margine globale relativo al mese, pari a L. 200.000.000 (300.000.000
vendite - 100.000.000 acquisti), va scomposto in relazione alle ricavate
percentuali e per ciascuno degli importi cosi' determinati va calcolata la
relativa imposta in esso compresa, previa determinazione dell'imponibile
mediante l'utilizzazione di uno dei procedimenti di scorporo previsti
nell'art. 27, quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972.
Percentuali di scorporo
4% : 3,85%
10% : 9,10%
19% : 15,95%
Imponibile I.V.A.
100
46.660.000 x --- = 44.865.384 x 4% = 1.794.616
104
100
66.660.000 x --- = 60.600.000 x 10% = 6.060.000
110
100
86.660.000 x --- = 72.823.529 x 19% = 13.836.471
119 ----------
Totale 21.691.087
----------
IVA dovuta (arrotondata) 21.691.000
4.3.3. - Commercio di veicoli usati
Premesso che per il commercio dei veicoli usati, intendendo per tali
quelli indicati nel titolo III, capo I, del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285, recante il nuovo codice della strada, nonche' le imbarcazioni
e gli aeromobili, si rende applicabile, come detto, il regime globale, si
ritiene opportuno evidenziare talune particolarità che interessano
esclusivamente i detti beni.
Per l'individuazione dei veicoli, e piu' in generale dei mezzi di
trasporto che possono essere considerati usati, il legislatore ha fatto
riferimento, nell'art. 36, comma 10, alle disposizioni contenute nell'art.
38, comma 4, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito nella legge
29 ottobre 1993, n. 427.
Peraltro, con successiva modifica, introdotta dall'art. 3, comma 1,
lettera e), n. 3, del decreto-legge 10 giugno 1995, n. 226, e' stato precisato
che i criteri di identificazione dell'usato previsti dal predetto art. 38,
comma 4, del decreto-legge n. 331 del 1993, si applicano, con riferimento
al regime del margine, solo in relazione agli scambi intracomunitari tra
soggetti d'imposta.
Conseguentemente, per gli scambi interni dei veicoli usati valgono, ai
fini della loro qualificazione di "beni usati", le disposizioni di
carattere generale contenute nell'art. 36, comma 1.
Pertanto, ai soli fini degli scambi intracomunitari, sono da considerare
mezzi di trasporto usati le imbarcazioni di lunghezza superiore a 7,5
metri, gli aeromobili con peso totale al decollo superiore a 1.550 Kg e i
veicoli a motore di cilindrata superiore a 48 cc o potenza superiore a 7,2 Kw,
destinati al trasporto di cose o persone, purche' abbiano, rispettivamente,
navigato per oltre cento ore, ovvero volato per oltre 40 ore e la cessione sia
effettuata dopo tre mesi dalla prima immatricolazione o iscrizione nei
pubblici registri, ovvero abbiano percorso oltre 6000 Km e la relativa
cessione sia effettuata oltre sei mesi dalla data di prima immatricolazione o
di iscrizione nei pubblici registri.
Qualora i mezzi di trasporto usati siano ceduti a contribuenti che
ne fanno commercio, e' previsto al comma 10 dell'art. 36 che i relativi atti
di vendita non sono soggetti al pagamento dell'imposta erariale di
trascrizione di cui alla legge 23 dicembre 1977, n. 952, se il trasferimento
viene effettuato a mezzo scrittura privata con firma autenticata, o
dell'imposta di registro e dell'addizionale regionale di cui al decreto
legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, se il trasferimento e' effettuato a
mezzo atto pubblico. I predetti contribuenti pertanto nella nota di
trascrizione, ovvero nell'atto pubblico, dovranno richiedere l'applicazione
della disposizione di cui al comma 10 dell'art. 36 al fine di poter usufruire
dell'agevolazione ivi prevista.
E' appena il caso di sottolineare, sulla base di quanto espressamente
emerge dalla relazione che accompagna il decreto-legge in esame, che le
richiamate agevolazioni fiscali sono finalizzate a disincentivare la
pratica, diffusa nel settore, del conferimento della procura a vendere,
utilizzata per sottrarsi alle imposizioni connesse al trasferimento di
proprietà del mezzo.
Con la richiamata modifica introdotta dall'art. 3, comma 1, lettera e),
n. 3), del decreto-legge n. 226 del 1995, e' stato chiarito che la cennata
esenzione dall'imposta di registro, dall'imposta erariale di trascrizione, e
dalla addizionale regionale si applica solamente alle cessioni di mezzi di
trasporto effettuate nei confronti di rivenditori, a prescindere dai requisiti
soggettivi del cedente. Quindi l'agevolazione opera anche nel caso in cui il
cedente sia un soggetto passivo d'imposta che emette, in relazione
all'operazione effettuata, una fattura con IVA evidenziata a titolo di
rivalsa.
Sempre per gli stessi commercianti opera, in relazione ai veicoli usati
acquistati, l'interruzione dell'obbligo del pagamento delle tasse
automobilistiche, ai sensi dell'art. 5, comma 43, della legge 28 febbraio
1983, n. 53, e successive modificazioni, purche' l'avvenuto acquisto per la
rivendita sia documentato e portato a conoscenza dell'ente cui e' affidata
la riscossione dei predetti tributi con le modalità indicate nel successivo
comma 44, giusta i chiarimenti già forniti con la risoluzione della soppressa
Direzione Generale delle Tasse e II.II sugli Affari del 3 maggio 1988,
n. 501893.
E' appena il caso di precisare infine che i concessionari rivenditori di
veicoli usati non possono applicare il regime globale del margine, in quanto
non realizzano i relativi presupposti previsti dall'art. 36, comma 1, per
le cessioni di vetture da dimostrazione, trattandosi di beni acquistati presso
un soggetto passivo che ha emesso fattura con espressa rivalsa d'imposta.
Parimenti non possono applicare il regime in argomento anche nei casi di
cessioni di vetture di servizio, per le quali sia stata assolta l'IVA al
momento del relativo acquisto.
Per quanto concerne le cessioni di parti, pezzi di ricambio e componenti
derivanti dalla demolizione di mezzi di trasporto che, salvo opzione, sono
soggette al sistema globale, si fa presente che il relativo margine e'
costituito dall'intero prezzo di vendita, sempreche' il contribuente in sede
di annotazione del relativo acquisto non sia in grado di discriminare il
prezzo pagato, distinguendo la quota di costo riferibile alle parti e
componenti le cui cessioni sono soggette al regime globale di cui trattasi da
quella relativa alla restante parte del bene acquistato che, in quanto
rottame, sarà soggetto, all'atto della rivendita, al regime di cui all'art.
74, sesto comma, del D.P.R. n. 633.
Analoga disciplina si rende naturalmente applicabile per le cessioni di
parti, pezzi di ricambio e componenti derivanti dalla demolizione di
apparecchiature elettromeccaniche.
5 - Operazioni con l'estero e a queste assimilate. Volume d'affari.
Per le cessioni dei beni in discorso effettuate ai sensi degli articoli
8, 8-bis, 38-quater, 71 e 72 del citato D.P.R. n. 633 del 1972, l'articolo 37
prevede che il margine, come sopra determinato, sia assoggettato al regime
di non imponibilità ad IVA. Trattasi, in particolare, delle cessioni
all'esportazione effettuate verso Paesi terzi, ivi compresi lo Stato della
Città del Vaticano e la Repubblica di San Marino, delle cessioni assimilate
alle esportazioni, delle cessioni nei confronti di viaggiatori domiciliati
e residenti fuori del territorio comunitario, nonche' delle cessioni nei
confronti di organismi internazionali e sovranazionali e di rappresentanze
diplomatiche e consolari.
Il margine relativo alle suddette operazioni, con esclusione di quelle
indicate all'art. 38-quater del D.P.R. n. 633 del 1972, concorre sia alla
formazione del plafond per acquisti di beni e servizi in sospensione di
imposta, sia alla determinazione della percentuale prevista, per
l'acquisizione dello "status" di esportatore agevolato, dal decreto-legge 29
dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27
febbraio 1984, n. 17.
In sostanza, lo "status" di esportatore agevolato, per i soggetti che
effettuano anche cessioni dei beni in argomento, si acquisisce a
condizione che l'ammontare delle cessioni all'esportazione e di quelle
assimilate, aumentato del margine relativo alle operazioni non imponibili
afferenti beni assoggettati al particolare regime, effettuate e
registrate nell'anno solare precedente o nei dodici mesi precedenti, sia
superiore al 10 per cento del volume d'affari, al netto dei corrispettivi
relativi alle cessioni dei beni in transito e a quelle dei beni depositati in
luogni soggetti a vigilanza doganale.
Va, altresi', precisato che, per ragioni di omogeneità, ai fini della
determinazione del menzionato "status", nel volume d'affari va compreso, per
le cessioni di beni usati, di oggetti d'arte, di antiquariato o da
collezione il solo margine, al netto dell'IVA. Per tutte le finalità
diverse dalla determinazione dello "status" di esportatore agevolato, nel
volume d'affari, ai sensi dell'articolo 37, comma 4, del provvedimento in
esame, rientra l'ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti dai
cessionari, al netto dell'imposta sul valore aggiunto relativa al margine.
E' opportuno rammentare che l'utilizzo del plafond e' in ogni caso
escluso per l'acquisto di beni e servizi per i quali non e' ammessa la
detrazione dell'IVA e per l'acquisto di beni ammortizzabili.
Di conseguenza la predetta agevolazione non si rende applicabile
agli acquisti e alle importazioni afferenti costi che rilevano agli effetti
della determinazione del margine.
Per quanto concerne, infine, i rapporti di scambio dei beni di cui
trattasi con soggetti d'imposta residenti in altri stati membri dell'Unione
Europea, lo stesso articolo 37 prevede che i relativi acquisti e cessioni
effettuati con applicazione del regime del margine, non sono considerate
"operazioni intracomunitarie", bensi' "operazioni interne" da assoggettare
all'imposta nel paese in cui risiede il cedente del bene stesso. Di
conseguenza, gli acquisti di beni da parte di operatori economici nazionali,
per i quali viene applicata l'imposta in altri stati comunitari in base al
regime del margine, ancorche' i beni stessi siano spediti o trasportati nel
territorio dello Stato, non costituiscono acquisti intracomunitari ai sensi
dell'articolo 38 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con
modificazioni dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427. Analogamente, le
cessioni di beni effettuate, con applicazione del regime del margine, da
operatori nazionali nei confronti di soggetti residenti in altri stati
comunitari non costituiscono cessioni intracomunitarie, ai sensi dell'articolo
41 dello stesso decreto-legge n. 331 del 1993. Per converso, nelle ipotesi in
cui il cedente del bene (nazionale o comunitario) non applichi, per effetto
dell'opzione esercitata ai sensi dell'art. 36, comma 3, il particolare
regime del margine, le operazioni in discorso sono assoggettate alle
disposizioni previste, in materia di IVA per gli scambi intracomunitari, dal
cennato decreto-legge n. 331 del 1993, sempreche' le operazioni stesse
siano effettuate nei confronti di soggetti passivi d'imposta nello stato
membro. Giova inoltre precisare che alle cessioni di beni soggette al regime
del margine non torna applicabile la disposizione di cui all'art. 58 del
decreto-legge n. 331 del 1993 che prevede la non imponibilità al tributo
delle cessioni interne effettuate nei confronti di cessionari o commissionari
di questi se i beni stessi sono spediti o trasportati in altro stato membro;
infine le cessioni dei beni in argomento effettuate nei confronti di soggetti
privati residenti in altro stato membro restano in ogni caso soggette alla
particolare disciplina del margine in quanto, nella fattispecie, non
tornano applicabili ne' le disposizioni concernenti il regime delle cessioni
intracomunitarie, di cui all'art. 41 del D.L. n. 331 del 1993, ne' quelle
previste per le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili di
cui all'art. 40, comma 3, del medesimo decreto.
Si ritiene opportuno, infine, precisare che in relazione agli scambi
di beni soggetti al particolare regime in argomento effettuati tra
soggetti passivi di imposta di diversi stati membri, ancorche', come detto,
essi non costituiscano operazioni intracomunitarie, sussiste l'obbligo di
presentazione, ai soli fini statistici, degli elenchi riepilogativi
previsti dall'art. 50 del suddetto decreto-legge n. 331 del 1993.
6 - Aliquota ridotta per oggetti d'arte, di antiquariato e da collezione.
Con l'articolo 39 viene fissata al 10 per cento l'aliquota dell'imposta
sul valore aggiunto applicabile alle importazioni di oggetti d'arte, di
antiquariato o da collezione, indicati nell'allegato al provvedimento in
esame. Il carattere di oggetto d'arte e d'antiquariato deve risultare,
anteriormente all'importazione, da attestazione rilasciata dai competenti
organi del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali. Alla medesima aliquota
ridotta sono assoggettate anche le cessioni di oggetti d'arte effettuate dagli
autori ovvero dai loro eredi e legatari, se soggetti passivi di imposta. Si
ricorda che la detta aliquota si rende applicabile a tutte le importazioni dei
beni in parola, anche se effettuate da soggetti che non operano nel regime
speciale in argomento. Quindi, anche i soggetti cui non si rende applicabile
il regime in commento, come le case d'asta, potranno effettuare
importazioni di detti beni assoggettandole all'imposta sul valore aggiunto con
l'aliquota del 10 per cento.
7. - Inventario.
Secondo le originarie previsioni dell'articolo 40, le particolari
disposizioni commentate nei precedenti paragrafi trovavano applicazione solo
in relazione alle cessioni dei beni mobili usati e di quelli d'arte, di
antiquariato e da collezione poste in essere a decorrere dal primo aprile del
corrente anno, sempreche' relative a beni acquistati o importati a decorrere
dalla stessa data.
A seguito della modifica apportata al citato art. 40 dall'art. 3,
comma 1, lettera f), del decreto-legge 10 giugno 1995, n. 226, il nuovo
regime del margine trova applicazione anche per le cessioni di beni acquistati
anteriormente alla predetta data, ricorrendo naturalmente i presupposti
indicati nell'art. 36, comma 1. Restano conseguentemente esclusi i beni
acquistati presso soggetti passivi che hanno emesso le relative fatture con
rivalsa di imposta e quelli importati con rilascio di bollette doganali.
Nella determinazione del margine relativo alle cessioni di detti beni non
vanno computate le spese accessorie e quelle di riparazione, in relazione alle
quali si sia operata, anteriormente al 1 aprile 1995, la detrazione
dell'imposta assolta per rivalsa.
Per i beni posseduti alla data del 31 marzo 1995 i soggetti rivenditori
hanno facoltà di redigere apposito inventario; la redazione dell'inventario
comporta che per le cessioni dei beni in esso ricompresi il margine e'
stabilito in misura equivalente al 25 per cento del prezzo di vendita, se
trattasi di prodotti editoriali, ed al 50 per cento, sempre del prezzo di
vendita, per le restanti categorie di beni.
I corrispettivi relativi alle cessioni dei suddetti beni inventariati
devono essere annotati nel registro di cui all'art. 24 del D.P.R. n. 633 del
1972 e delle intervenute cessioni si dovrà prendere nota nell'inventario in
riferimento ai corrispondenti beni.
Nell'inventario, ovviamente, possono essere compresi esclusivamente i
beni, indicati nel comma 1 dell'art. 36, per il cui commercio si rende
applicabile il particolare regime del margine.
L'inventario deve essere redatto evidenziando analiticamente, ovvero per
masse ove non sia possibile una descrizione analitica, i beni distinti per
categorie merceologiche; deve essere sottoscritto dal titolare, se trattasi di
impresa individuale, o dal soggetto che ne ha la rappresentanza legale, se
trattasi di società. Il documento, cosi' redatto e sottoscritto, deve essere
vidimato entro il 23 luglio del corrente anno (l'originario termine, fissato
al 23 maggio, e' stato cosi' prorogato dal citato art. 3, lettera f), del
decreto-legge n. 226 del 1995) dai notai, ovvero dagli Uffici del pubblico
registro delle imprese istituito presso le Camere di Commercio o anche dagli
Uffici del registro o dagli Uffici provinciali dell'imposta sul valore
aggiunto. Torna altresi' utile precisare che relativamente ai beni risultanti
dall'inventario, attesa la determinazione forfetaria del margine, non puo'
operarsi la detrazione dell'imposta assolta per rivalsa sulle prestazioni di
riparazione ed accessorie, afferenti i beni stessi, ricevute successivamente
al 31 marzo 1995.
In relazione alle modifiche apportate dal citato decreto-legge n. 226 del
1995, che reca, tra l'altro, nuove regole che interessano la fase di prima
applicazione del regime del margine, si ritiene di dover consentire ai
soggetti che abbiano già vidimato l'inventario entro l'originario termine
del 23 maggio di annullarlo, ovvero di sostituirlo con un altro, recante la
seguente indicazione: "il presente inventario sostituisce quello vidimato da
... (ufficio o notaio) in data ...". Nel caso di annullamento, dovrà essere
data comunicazione al competente ufficio IVA, mediante lettera raccomandata
nella quale dovranno essere indicati i dati relativi alla vidimazione.
Per i beni posseduti al 31 marzo 1995, la mancata redazione
dell'inventario comporta che il margine dovrà essere determinato con
applicazione del sistema analitico o di quello globale o, eventualmente, anche
del sistema forfetario, ma con applicazione delle percentuali stabilite
nell'art. 36, comma 5. Nelle ipotesi di applicazione del metodo analitico o
di quello globale il costo relativo all'acquisto, purche' risultante da idonea
documentazione, dovrà essere annotato entro i termini stabiliti per la
registrazione della relativa cessione. Ovviamente, in mancanza di un'idonea
documentazione relativa al costo di acquisto, il margine sarà costituito
dall'intero prezzo di vendita.
Si chiarisce, infine, che l'adempimento relativo all'inventario non
riguarda i soggetti che pongono in essere operazioni che, se anche rientranti
oggettivamente nel regime del margine, non vendono effettuate nell'ambito di
abituale commercio disciplinato dal provvedimento.
8. Sanzioni.
Per quanto concerne le sanzioni si osserva che relativamente alle ipotesi
di omissioni o inesattezze delle annotazioni nei registri previsti, nel quadro
del nuovo regime, nei commi 2, 3 e 4 dell'articolo 38, si applicano le
sanzioni previste dall'art. 42 del D.P.R. n. 633 del 1972 per le
corrispondenti violazioni commesse in applicazione del regime normale
dell'imposta. Pertanto, nei casi di violazioni che comportano riduzione
di imposta dovuta, si renderà applicabile la pena pecuniaria da due a quattro
volte l'imposta stessa. Se le annotazioni sono eseguite con indicazioni
inesatte, tali da importare un'imposta inferiore, si applica la medesima
sanzione commisurata alla differenza. Le stesse sanzioni si rendono
applicabili anche per le omissioni o irregolarità delle annotazioni eseguite
o da eseguire nei registri stessi nelle ipotesi di variazioni
dell'imponibile o dell'imposta.
Gli Uffici in indirizzo e le organizzazioni di categoria interessate sono
pregati di fornire la massima diffusione al contenuto della presente
circolare.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 settembre 2020, n. 19374 - In tema di IVA, il regime del margine per le cessioni da parte di rivenditori di beni d'occasione, di oggetti d'arte, da collezione o di antiquariato - costituisce un regime speciale in…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 13473 depositata il 29 aprile 2022 - In tema di IVA, il regime del margine - previsto dall'art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con modif. in I. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni…
- Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell'Abruzzo, sez. 6, sentenza n. 507 depositata il 4 luglio 2023 - In tema di IVA, il regime del margine, previsto dall'art. 36 del dl. n. 41 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni…
- Ritenuta d'acconto e obbligo di fatturazione delle spese di giudizio a favore di legale distrattario della controparte vittoriosa - Circolare n 203 del 6 dicembre 1994 del Ministero delle finanze Dip. Ebtrate Aff. Giuridici
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- CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 12 giugno 2019, n. C-185/18 - La direttiva IVA nonché il principio di neutralità fiscale non ostano a una normativa nazionale che assoggetta ad un’imposta indiretta gravante sui trasferimenti patrimoniali, distinta…
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