La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 50919 depositata il 17 dicembre 2019 intervenendo in tema di violazione del precetto di cui all’articolo 4 della legge 300/1970 ed in contrasto con la sentenza della stessa Cassazione n. n. 22611 del 2012 ha statuito che “l’installazione in azienda, da parte del datore di lavoro, di impianti audiovisivi – che è, appunto, assoggettata ai limiti previsti dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori anche se da essi derivi solo una mera potenzialità di controllo a distanza sull’attività lavorativa dei dipendenti – deve essere preceduta dall’accordo con le rappresentanze sindacali; con l’ulteriore conseguenza che è identificabile in tale fattispecie, ove il datore di lavoro provveda senza rispettare l’obbligo del preventivo accordo, un comportamento antisindacale del datore di lavoro, reprimibile con la speciale tutela approntata dall’art. 28 dello Statuto dei lavoratori “
Ed in particolare motivando che “la ragione per la quale l’assetto della regolamentazione di tali interessi è affidato alle rappresentanze sindacali o, in ultima analisi, ad un imparziale organo pubblico, con esclusione della possibilità che i lavoratori, uti singuli, possano autonomamente provvedere al riguardo, risiede, ancora una volta, nella considerazione della configurabilità dei lavoratori come soggetti deboli del rapporto di lavoro, questione che viene in rilievo essenzialmente con riferimento all’affermazione costituzionale del diritto al lavoro e con riferimento alla disciplina dei rapporti esistenti tra il datore di lavoro ed il lavoratore, sia nella fase genetica della sua instaurazione sia in quella funzionale della gestione del rapporto di lavoro.”
Per i giudici di legittimità, pertanto, il consenso, in qualunque forma espresso, dei singoli lavoratori non ha alcuna valenza ai fini della esclusione del reato di cui all’articolo 4 della legge n. 300/1970 sanzionato dall’articolo 38 della stessa legge. In quanto al fine di incorrere nella violazione prevista dall’art. 4 di cui sopra occorre l’accordo sindacale o il provvedimento di autorizzazione da parte dell’Ispettorato del lavoro in quanto la predetta violazione produce l’oggettiva lesione degli interessi collettivi di cui le rappresentanze sindacali sono portatrici.
Nel caso di specie il datore di lavoro, a cui veniva contestato la violazione del precetto di cui all’articolo 4 della legge n. 300/70, produceva, a sua giustificazione, una dichiarazione, postuma, sottoscritta da tutti i suoi dipendenti con cui questi ultimi avevano prestato il proprio assenso all’installazione dell’impianto di videosorveglianza.
Gli Ermellini nel rigettare il ricorso del datore di lavoro, non aderiscono al principio di diritto statuito dalla sentenza, della stessa Corte, n. 22611/2012. Riaffermando, quanto enunciato dalle sentenza n. 22148/2017 e 3882/2018, che qualora manchi l’accordo sindacale lo stesso può essere sostituito solamente ed esclusivamente da una autorizzazione amministrativa resa dall’Ispettorato del lavoro, quindi da un organo pubblico, ma non dal consenso dei singoli lavoratori, proprio per le finalità del legislatore che ha tenuto conto della posizione di debolezza del lavoratore rispetto al datore di lavoro.
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