La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 25018 depositata il 17 settembre 2024, intervenendo in tema di indebita compensazione, ha statuito che “il d.lgs. 14 giugno 2024 n.87 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 28 giugni 2024) avente ad oggetto la revisione del sistema sanzionatorio tributario, all’art. 1, comma 1, opera una precisa distinzione tra crediti inesistenti e crediti non spettanti ai fini dell’applicazione della fattispecie di indebita compensazione prevista dall’art. 10 quater del d.lgs 10 marzo 2000, n. n. 74. La distinzione operata nella norma sostanzialmente ripercorre i criteri differenziali enucleate dalle Sezioni Unite di questa Corte ed ulteriormente arricchite dalle pronunce giurisprudenziali che ne sono seguite.

La vicenda ha riguardato una società a cui veniva notificato un avviso di accertamento riguardante tra l’altro l’indebito utilizzo di una somma, a titolo di credito d’imposta. La società contribuente impugnava l’atto impositivo. I giudici di prime cure rigettavano il ricorso della ricorrente. Avverso la decisione di primo grado la contribuente proponeva appello. I giudici di secondo grado accoglievano il gravame della contribuente, in riforma della sentenza impugnata. L’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi.

I giudici di legittimità rigettavano il ricorso dell’Agenzia delle entrate.

Gli Ermellini dopo un excursus sulle varie modifiche intervenute nel corso degli anni, hanno ribadito, quanto statuito sentenze gemelle dell’11 dicembre 2023 nn. 34419 e 34452 delle Sezioni unite civili, che “ il credito va considerato inesistente non solo quando le attività e i presupposti fondanti non sono mai venuti in essere ma anche quando siano assenti le ulteriori condizioni essenziali – formali o sostanziali – previste dal legislatore. Se sussiste l’esigenza di identificare quali siano gli elementi la cui mancanza impedisce il perfezionarsi della fattispecie agevolativa, è tuttavia evidente che non tutti gli elementi (e gli adempimenti) che partecipano alla realizzazione della fattispecie assumono un necessario rilievo costitutivo, potendo influire su aspetti meramente formali ovvero incidere solo sull’efficacia della pretesa. In tali ipotesi, il credito esiste ma non è utilizzabile in tutto o in parte, sicché il credito non può validamente od efficacemente esser posto in compensazione. Le due categorie, dunque, appaiono strutturalmente distinte e, sul piano logico, alternative: il credito è inesistente oppure esiste ma è non spettante. In via generale, ai fini della determinazione dell’inesistenza del credito, si possono distinguere le seguenti ipotesi:

a) la fattispecie che fonda l’agevolazione o il credito d’imposta non è mai venuta ad esistenza ma, semplicemente, è stato solo realizzato un simulacro dei presupposti su cui si fonda la pretesa;

b) la fattispecie è carente di un elemento costitutivo; in tal caso la verifica richiede l’esegesi puntuale delle norme che istituiscono l’agevolazione, tenuto conto dei principi regolatori della specifica imposta.

(…) L’art. 13, comma 5, d.lgs. n. 471 del 1997 – che ha solo confermato e precisato quanto già desumibile dall’art. 27, comma 16, d.l. n. 185 del 2008 – è chiaro sul punto dove precisa che il credito è inesistente quando manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo «e» tale inesistenza non sia riscontrabile con controlli cd. automatizzati. L’uso della congiunzione «e» rivela la necessaria contitolarità dei due requisiti – quello strutturale interno correlato ai singoli crediti e quello strutturale esterno di portata generale – per la costruzione della nozione e l’applicazione del regime più severo, che resta circoscritto alle fattispecie di maggiore gravità e offensività. Il corollario è che, in assenza di uno dei due requisiti, il credito, ai fini qui in rilievo, non può qualificarsi come inesistente: non importa che il credito sia carente di elementi costitutivi o sia “non reale” se tale inesistenza è agevolmente rilevabile, restando la vicenda, in tale ipotesi, soggetta al regime giuridico ordinario e meno afflittivo. In altri termini, il credito, pur inesistente in fatto, non è valutabile come tale e, dunque, esclusa la possibilità di un tertium genus tra esistente e inesistente, deve essere ricondotto, sul piano formale, ai crediti “esistenti”, sicché la sua indebita compensazione rileva come quella di credito “non spettante”, sempre escluso dal più lungo termine di accertamento, nonché, sul piano afflittivo, oggi sanzionato ai sensi del comma 4 del d.lgs. n. 471 del 1997 e, in precedenza, ai sensi del comma 1 del medesimo decreto legislativo. […] Da ultimo, la necessità che l’inesistenza del credito non sia riscontrabile mediante controlli formali impone alcune ulteriori considerazioni. In primo luogo, è appena il caso di precisare che la condizione del mancato riscontro formale ha valore oggettivo: non assume rilievo che, materialmente, l’inesistenza del credito sia stata rilevata a seguito di accertamento sostanziale ma solo che, in sede di controllo formale, non era possibile riscontrarne la mancanza, ancorché, in concreto, tale verifica non sia stata operata. In secondo luogo, al di là dell’ipotesi in cui la condotta sia palesemente connotata da fraudolenza, come tale mirata a fornire solo una fittizia rappresentazione dei presupposti di fatto e normativi del credito e/o dell’eccedenza, tra gli elementi strutturali idonei ad assumere natura costitutiva del credito, su esaminati al punto 9, assume una particolare rilevanza l’esistenza di un obbligo di facere o di non facere. L’adempimento di un obbligo di tal genere, infatti, se, da un lato, condiziona l’esistenza e/o il mantenimento dell’agevolazione (e del diritto di credito), dall’altro si traduce nel compimento di una attività da parte del contribuente che, più di altre, non necessariamente è suscettibile di rilevazione in sede di controllo formale. “

 

 

La norma e il principio
Disposizioni previste dal dlgs n. 87, 14 giugno 2024

Violazioni commesse fino al 31 agosto 2024 

Violazioni commesse dal 1° settembre 2024

 
In ambito penale, valgono le nuove definizioni rese dalle lett. g-quater e g-quinquies, art. 1, dlgs 74/2000.
In ambito amministrativo, valgono le definizioni rese dai principi di diritto stabiliti dalle Ss.Uu. civili dell’11 settembre 2023 nn. 34419 e 34452
 In ambito penale e amministrativo
valgono le nuove definizioni rese dalle lett. g-quater e g-quinquies, art. 1, dlgs 74/2000
 
    
    

 

Cassazione, sent. n. 25018, 17 settembre 2024
Le nuove definizioni rese dalle lett. g-quater e g-quinquies, art. 1, dlgs n. 74/2000 hanno natura interpretativa e si applicano retroattivamente, eliminando la distinzione temporale sopra indicata