La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 4307 depositata il 19 febbraio 2025, intervenendo in tema di ICI su terreni, ha riconfermato il principio secondo cui in tema di ICI, per considerare agricolo un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, il fascicolo aziendale, di cui all’art. 9 d.P.R. n. 503/1999, contiene dati utilizzabili ma, al fine di provare nell’ambito di un giudizio contenzioso il possesso in capo al proprietario del requisito della diretta conduzione del fondo e, in generale, dei requisiti per beneficiare del regime agevolativo, occorre una verifica da parte del giudice di merito della sufficienza, adeguatezza, completezza e rilevanza delle informazioni ivi riportate, tenuto conto degli oneri probatori incombenti sul contribuente» (cfr. Cass. n. 3474/2024 cit.; sulla rilevanza ai predetti fini del fascicolo aziendale, v. anche, Cass. n. 10306/2019).”

La vicenda ha riguardato una contribuente a cui era stato notificato un avviso di accertamento, con cui il Comune liquidava l’ICI in relazione a vari terreni posseduti dalla contribuente, qualificati come aree fabbricabili. La contribuente impugnava l’atto impositivo. I giudici tributari di primo grado accoglievano il ricorso della contribuente. Il Comune impugnava la sentenza. I giudici di appello, in riforma della sentenza impugnata, accoglievano l’appello proposto dal Comune. La contribuente, avverso la sentenza di secondo grado proponeva ricorso per cassazione fondato su due motivi.

I giudici di legittimità accoglievano il ricorso, cassavano la sentenza impugnata e rinviavano la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado.

Gli Ermellini ricordavano l’orientamento costante che aveva chiarito «in forza di una interpretazione letterale e sistematica del Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), […] un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, deve considerarsi agricolo, ai fini della applicazione dell’imposta, laddove ricorrano tre condizioni: a) il possesso dello stesso da parte di coltivatori diretti o di imprenditori agricoli a titolo principale; b) la diretta conduzione del medesimo da parte dei predetti soggetti; c) la persistenza dell’utilizzazione agro-silvo- pastorale, mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione” (Cass. n. 15566/10, cit.)»;

«[…] ricorrendo tali presupposti, il terreno soggiace all’imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia»;

«La considerazione, in questi casi, dell’area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo […] in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio […]»;

«le due norme, nonostante talune interferenze, disciplinano situazioni diverse: quella di cui all’art. 2, comma 1, lett. b), che ha riguardo alla qualificazione dell’area ai fini del criterio del calcolo della base imponibile […] ed ha carattere oggettivo, e quella di cui all’art. 9 dello stesso decreto, che invece introduce agevolazioni, di carattere soggettivo, ai fini del calcolo dell’imposta in concreto applicabile» (così Cass. n. 1121/2023, che richiama n. 17337/2018, nonché, sulla ribadita incompatibilità dell’oggettiva qualità agricola di un terreno, pur potenzialmente edificabile, con la possibilità dello sfruttamento edilizio della stessa, Cass. n. 23591/2019, che richiama Cass. n. 14696/2018, Cass. n. 13261/2017; Cass. n. 15566/2010; Cass. n. 25596/2017; Cass. n. 22486/2017; Cass. n. 14824/2011; Cass. n. 16636/2011; nello stesso senso, Cass. n. 13131/2023 e Cass n. 3474/2024).”

Per il Supremo consesso ” nella qualificazione dell’area (come non fabbricabile) ai fini del criterio del calcolo della base imponibile (art. 2) e nelle agevolazioni, di carattere soggettivo, applicabili ai fini del calcolo dell’imposta in concreto richiedibile (art. 9), dovendo aggiungersi sul punto che il regime agevolato di cui all’art. 9 del citato decreto contempla, in realtà, un’esenzione per la parte di valore del bene inferiore a 25.822,84 €, nonché varie riduzioni in relazione alle successive soglie monetarie (sempre concernenti il valore del bene) ivi considerate (cfr., sul punto, Cass. n. 1121/2023 cit.).

(…)  Si tratta di aspetti distinti e non sovrapponibili, il che significa che l’area “considerata” dall’art. 2, comma 1, lett. b), del citato decreto come non fabbricabile (perché impiegata a fini agricoli dall’imprenditore agricolo professionale) non è, per ciò stesso, ritenuta esente dal pagamento dell’imposta in esame, risultando piuttosto sottoposta ad un regime agevolato, nel duplice senso di assoggettare il terreno alla tassazione in relazione al suo valore catastale, al netto quindi della sua potenzialità edilizia, e di calibrare la misura dell’imposta secondo i criteri di calcolo stabiliti dall’art. 9, comma 1, del menzionato decreto, che pure prevedono, nella parte di valore eccedente 25.822,84 €, l’applicazione dell’imposta con le riduzioni ivi previste (cfr., su tali principi, Cass. n. 1121/2023 cit., che richiama n. 17337/2018).

(…) Alla stregua delle riflessioni svolte può, allora, declinarsi il seguente principio di diritto: «In tema di ICI, il criterio della rilevanza oggettiva del dato catastale riconosciuto per i fabbricati rurali non è applicabile anche ai terreni, per i quali, invece, opera il combinato disposto degli artt. 2 e 9 d.lgs. 30  dicembre  1992,    504.  Dette  disposizioni disciplinano profili diversi e non sovrapponibili, individuabili, rispettivamente, nella qualificazione dell’area (come non fabbricabile) ai fini del criterio del calcolo della base imponibile in base al reddito dominicale (art. 2 d.lgs. cit.) e nelle agevolazioni, di carattere soggettivo, applicabili ai fini del calcolo dell’imposta in concreto liquidabile (art. 9 d.lgs. cit.).».