La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22036 depositata il 13 ottobre 2020 intervenendo in tema di operazioni contestate come soggettivamente inesistenti e obbligo di valutazione delle dichiarazioni di terzi ha riaffermato che il pvc quale “atto pubblico redatto da pubblici ufficiali, è dotato di efficacia probatoria privilegiata in relazione “ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese; restando peraltro il contenuto e l’attendibilità oggettiva e soggettiva delle dichiarazioni affidate alla valutazione del Giudice del merito, nel contesto degli altri elementi probatori acquisiti.”
La vicenda ha riguardato un contribuente titolare di una ditta individuale esercente attività di commercio di autoveicoli usati a cui venivano notificati due avvisi di accertamenti in relazione ad operazioni contestate come soggettivamente inesistenti, rispettivamente per due periodi di imposta, ed una cartella di pagamento emessa per l’esecuzione provvisoria del primo dei due avvisi impugnati. Avverso tali atti impositivi il contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. Il giudice di prime cure rigettavano il ricorso. Avverso la decisione della CTP, il contribuente proponeva appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello riformavano la sentenza impugnata accogliendo le doglianze del contribuente. L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della CTR con ricorso in cassazione fondato su cinque motivi.
Gli Ermellini accolgono il secondo ed il terzo motivo del ricorso. I giudici di legittimità hanno riaffermato che “competa all’Amm.ne Finanziaria che contesti l’insussistenza soggettiva dell’operazione non soltanto l’onere della prova circa la non corrispondenza tra i soggetti effettivi della transazione e quelli risultanti dalla fatturazione della catena delle cessioni e la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente” e residuando “a carico del contribuente l’onere della prova liberatoria contraria “di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto”
Infine nell’accogliere il secondo e terzo motivo la Corte Suprema ha ribadito che il PVC fa fede fino a querela di falso anche se contiene solo una sintesi delle dichiarazioni rese dai soggetti coinvolti nella frode carosello.
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