La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 4655 depositata il 12 febbraio 2025, intervenendo in tema di licenziamenti disciplinari, ha ribadito che per i licenziamenti a seguito della procedura disciplinare di cui all’art. 7 della legge n 300/1970, come statuito dal comma 41 dell’art. 1 della legge n. 92/1212 deve attribuirsi rilievo al momento dell’inizio della procedura di contestazione trattandosi di effetti, quelli regolati dal comma 41, che vanno ad incidere sulla condizione del lavoratore sin da quel momento e che necessitano, pertanto, di essere noti e considerati nel contraddittorio che il procedimento instaura.

La vicenda ha riguardato una dipendente di un istituto bancario, nei cui confronti era stata iniziata la procedura disciplinare di cui all’art. 7 della legge n. 92/2012. Alla lavoratrice veniva contestato alcune illegittime condotte tenute nell’esecuzione delle proprie mansioni. Tale procedura veniva sospesa in attesa dell’esito del giudizio penale sui medesimi fatti. Alla conclusione del giudizio penale di primo grado la dipendente veniva condannata. La banca a seguito della condanna della dipendente concludeva la procedura licenziandola. La lavoratrice impugnava il provvedimento di espulsione. Il Tribunale adito, nella veste di giudice del lavoro, riteneva ai sensi del comma 41 dell’articolo 1 della legge n. 92/2012 che “il licenziamento intimato all’esito del procedimento disciplinare di cui all’artico/o 7 della legge 20 maggio .l970, n. 300, oppure all’esito del procedimento di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come sostituito dal comma 40 del presente articolo, produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato“. La dipendente impugnava la decisione del Tribunale. La Corte di appello rigetta la predetta domanda, ritenendo che la datrice di lavoro abbia avuto una condotta corretta anche in ordine alla decorrenza degli effetti del recesso al momento dell’avvio del procedimento disciplinare. La dipendente, avverso la sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione fondato su tre motivi.

I giudici di legittimità accolgono il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla corte di appello.

Per gli Ermellini Il procedimento disciplinare è per sua natura suscettibile di un lasso temporale spesso non prevedibile in quanto necessitante, talvolta, di accertamenti ulteriori, oltre che, nel caso della coesistenza di un procedimento penale in corso, di un eventuale tempo di sospensione in attesa dell’esito giudiziale. Peraltro, questa Corte di legittimità ha in più occasioni considerato come unico il procedimento disciplinare anche quando il “dipanarsi” dell’azione abbia risentito di tempi più prolungati (si veda in proposito Cass. Sez. U. n. 18923/2021; Cass. n. 14103/2014,  Cass. n. 458/2009).                                                                      

Nel senso della singolarità del procedimento disciplinare deve anche considerarsi quanto da questa Corte affermato con riguardo al concetto di tempestività della contestazione che, ugualmente, sia pur con il limite della ragionevolezza dei tempi utilizzati, ha dovuto in molti casi adeguarsi ad una scansione che necessariamente può risentire di momenti di sospensione o comunque di prolungamento necessitato da fasi istruttorie di accertamento  (tra  le  altre:  Cass.  n.  281/2016;  Cass.  n. 16841/2018; Cass. n. 27069/2018). “

Per i giudici di piazza Cavour la disciplina del comma 41 dell’art. 1  della legge n. 92/2012, entrata in vigore il 18 luglio 20212, ” deve trovare applicazione solo ai procedimenti disciplinari avviati dopo l’entrata in vigore della L. 92/2012 e non anche a quelli che, come nel caso di specie, siano stati incardinati prima di tale data ma siano stati conclusi successivamente.”