La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 40174 depositata il 31 ottobre 2024, intervenendo in tema omissione di atti di ufficio del curatore, ha ribadito che ” il reato di rifiuto di atti di ufficio consiste nel mancato adempimento di un’attività doverosa, per il compimento della quale è fissato un termine unico finale e non soltanto iniziale, essendo il soggetto obbligato all’adempimento appena possibile, sicché la consumazione del reato si verifica nel momento stesso in cui si è verificata l’omissione o è stato opposto il rifiuto.
È il connotato di indifferibilità dell’atto che qualifica la nozione di rifiuto penalmente rilevante, in quanto solo in questo caso l’inerzia omissiva del pubblico ufficiale assume intrinsecamente valenza di rifiuto e integra quindi la condotta punita dall’art. 328, comma 1, cod. pen.
Correlativamente, è la valutazione della rilevanza della tempestività del compimento dell’atto che attribuisce rilievo penale al ritardo, atteso che il rifiuto assorbe in sé il ritardo quando questo si traduca in una situazione di concreto pericolo per la tutela del bene implicato, che nel caso di specie è dato da corretto andamento della funzione giudiziaria.
Ma ciò evidentemente non significa che il reato si consumi automaticamente sin dalla scadenza del termine entro il quale l’atto deve essere compiuto, atteso che la norma non punisce il mero ritardo, inteso come inosservanza di un termine anche se perentorio, ma il ritardo che si manifesti in forma di rifiuto indebito dell’atto, e quindi, solo quando l’inerzia silente del pubblico ufficiale si prolunghi in modo non più tollerabile oltre la scadenza di detto termine, il che accade quando l’entità del ritardo, valutato alla stregua di tutte le circostanze del caso e dell’ordinamento di riferimento, generi una situazione di concreto pericolo per l’interesse tutelato.“
I giudici di legittimità hanno evidenziato che “ in considerazione del fatto che l’indifferibilità dell’atto non dipende dalla maggiore durata del procedimento ma presuppone l’accertamento dell’incidenza effettiva che tale ritardo può avere avuto sugli interessi tutelati dalla procedura rallentata nel suo regolare sviluppo (Sez. 6, n. 8870 del 154i12/2021, dep. 2022, Mineo, Rv. 283378, in tema di ritardo nel deposito della motivazione della sentenza da parte del giudice).
Va, altresì, considerato che per le attività svolte dagli ausiliari de giudice, essendo nel potere del giudice revocare l’incarico e porre tempestivo rimedio ad eventuali ritardi, neppure trova giustificazione lo strumento della diffida formale ad adempiere prevista dal secondo comma dell’art. 328 cod. pen. che a tiene più alla richiesta rivolta dal privato che soggiace al potere del pubblico ufficiale, senza possibilità di ulteriori tutele.
In ogni caso, anche a prescindere da detta considerazione, il diverso reato omissivo di cui al secondo comma dell’art. 328 cod. pen. ha come presupposto necessario che la “richiesta” in essa norma prevista, abbia il contenuto di una formale diffida ad adempiere, che nella specie la stessa Corte di appello ha correttamente invece escluso, non potendo essere considerate tali le mere sollecitazioni e richieste di provvedere entro termini neppure previsti dalla normativa processuale, trattandosi di semplici modalità operative proprie della gestione dei rapporti di collaborazione tra il giudice ed i suoi ausiliari. “
Il Supremo consesso ha anche ricordato che ” … con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 328, comma 1, cod. pen., che il dovere di compiere l’atto qualificato senza ritardo sorge non per affetto di una formale richiesta, ma in forza dell’avveramento di una situazione corrispondente a quella astrattamente prevista dalla specifica norma giuridica: è la legge che, in funzione della natura dell’interesse da soddisfare, impone di adottare l’atto senza ritardo, perché già il mero mancato tempestivo compimento determina un’offesa allo specifico interesse protetto (vedi, Sez. 6, n. 7766 del 09/12/2002, Masi, Rv. 223958).
La giurisprudenza ne ha sempre affermato la natura di reato a consumazione istantanea (Sez. 6, n. 43903 del 13/07/2018, Mango, Rv. 274574; 5; az. 6, n. 27044 del 19/02/2008, Mascia, Rv. 240979; Sez. 6, n. 35837 del 26/04/2007, Civisca, Rv. 237706; Sez. 6, n. 12238 del 27/01/2004, PG in proc. Bruno ed altri, Rv. 228277). “
Per cui sulla base dei principi e considerazione esposte nella sentenza in commento è possibile affermare che non è configurabile l’omissione né il rifiuto di atti d’ufficio a carico del curatore fallimentare che deposita con ritardo gli atti nella procedura, nonostante i termini fissati dal giudice delegato. Infatti, affinché si configuri la prima è necessaria la diffida formale ad adempiere, mentre il secondo scatta soltanto quando l’atto risulta indifferibile perché è fissato un termine unico finale, laddove non sono invece previste scadenze di legge per la formazione del piano di riparto per i creditori.