La Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 13162 depositata il 14 maggio 2024 è stata chiamata a dirimere un contrasto interpretativo in ordine a che i presupposti per la detrazione IVA siano, sostanzialmente, gli stessi del rimborso dell’imposta medesima, con specifico riguardo all’IVA afferente ad operazioni imponibili passive relative a beni di proprietà di un soggetto che è terzo rispetto al rapporto d’imposta. Il Supremo organo dirime tale contrasto con il seguente principio di diritto secondo cui “… L’esercente attività d’impresa o professionale ha diritto al rimborso dell’ IVA per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili dei quali non è proprietario, ma che detiene in virtù di un diritto personale di godimento, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l’attività svolta …”

La vicenda ha riguardato un contribuente titolare di una impresa individuale a cui l’Agenzia delle entrate notificava avviso di accertamento con cui procedeva al recupero di un rimborso IVA per l’importo oltre sanzioni per euro 90.000 ex art. 5, d.lgs. 471/1997 (30% del capitale) in quanto il rimborso era stato chiesto dal contribuente per IVA afferente alla effettuazione di lavori di fabbricati ed impianti su un terreno che il contribuente stesso deteneva in virtù di un contratto di locazione stipulato con un soggetto terzo e non quale proprietario, quindi al di fuori della previsione di cui all’art. 30, terzo comma, lett. c), dPR 633/1972. Avverso tale atto impositivo il contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (attualmente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado). I giudici di prime cure accolsero le doglianze del contribuente. L’Agenzia delle Entrate impugnava la decisione dei giudici di primo grado. I giudici di appello respingeva l’appello. Per i giudici di secondo grado nel caso di specie doveva applicarsi il principio di diritto sancito dalle SU della Corte di Cassazione, secondo il quale «L’esercente attività d’impresa o professionale ha diritto alla detrazione IVA anche per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili di proprietà di terzi, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l’attività svolta, anche se potenziale o di prospettiva e pur se, per cause estranee al contribuente, detta attività non possa poi in concreto essere esercitata» (Sez. U – , Sentenza n. 11533 del 11/05/2018). L’Amministrazione finanziaria avverso la sentenza di secondo grado proponeva ricorso in cassazione fondato su un motivo unico, poi illustrato con una memoria.

I giudici di legittimità rigettarono il ricorso.

Per gli Ermellini occorre dar seguito al “…  secondo indirizzo, per la dirimente ragione che il giudice nazionale, particolarmente quello di ultima istanza, nel caso dubbio deve adottare un criterio di “interpretazione conforme”, a maggior ragione qualora, come nel caso in esame, oggetto del giudizio sia un’imposta “armonizzata” ossia soggetta alla disciplina unionale delle ben note “direttive IVA” L’obbligo dell’ “interpretazione conforme”, quale strumento attuativo del principio di primazia del diritto unionale, è del tutto pacifico nelle giurisprudenze della Corte di giustizia (dalla sentenza Von Colson, C-14/83 in poi) e della Corte costituzionale (dalla sentenza Granital, n. 170 del 1984 in poi), nonchè costantemente ottemperato da questa Corte (cfr. Sez. U, nn. 17927/2008, 6316/2009, 299/2020; specificamente nella materia tributaria, tra le molte, Sez. 5, nn. 6085-9453-11418-16001/2019, 7533/2021, 8589/2022).

Orbene, non è dubbio che il “fondamento primo” della disciplina unionale dell’imposta sulla cifra d’affari è sicuramente il principio di neutralità, inteso anzitutto nel senso che il tributo non può incidere sui soggetti passivi, ma soltanto sul consumatore finale

(…) Questa è, al fondo, la base ermeneutica della giurisprudenza della Corte di giustizia UE, che senz’altro può dirsi orientata nel senso della totale equiparazione di detrazione e rimborso, quali strumenti diretti appunto a garantire il principio generale in questione. Nell’ampia casistica attuativa/esplicativa di tale principio, la Corte di Lussemburgo ha avuto modo di precisare che l’an del diritto alla detrazione trova disciplina negli artt. 167-172 della Direttiva 2006/112, mentre i successivi artt. 178-183 della medesima disciplinano -esclusivamente- le modalità di esercizio di tale diritto e di quello alternativo di rimborso (in tal senso, Corte giust., C- 338/98, Commissione/Paesi Bassi, C-152/02, Terra Baudedarf- Handel, C-691/17, PORR Epitesi Kft). …”

Per il Supremo consesso “… negare, in concreto, il diritto al rimborso IVA de quo equivarrebbe a violare il principio generale di neutralità secondo l’interpretazione datane dalla Corte di giustizia …”

Per i giudici di piazza Cavour “… la prospettata esegesi dell’enunciato normativo in contesto non valica il “confine” dell’ “interpretazione conforme”, quale posto dalle stessa giurisprudenza della Corte di giustizia (tra le molte, cfr. Corte giust., C-105/03, Pupino, C- 306/12, Spedition Welter, C-335/21, Vicente)

(…) bisogna rimarcare che non esiste un vincolo di conformità/continuità  ermeneutica  tra  diritto  civile  e  diritto tributario, stante la natura speciale di quest’ultimo, che implica ed impone specifiche attribuzioni di senso al suo lessico normativo (basti pensare al concetto di «possesso di redditi» di cui all’art. 1, dPR 917/1986, che pacificamente non può essere ricondotto al solo assonante concetto civilistico), mentre è certamente vincolante l’acquis della citata giurisprudenza unionale, che appunto sospinge la soluzione della questione di diritto in oggetto nel senso che si è indicato….”