La Corte di Cassazione sez. tributaria con la ordinanza n. 17010 del 09 luglio 2013 interviene in tema di durata delle verifiche, confermando l’orientamento della stessa Corte, affermando che se la verifica fiscale dura più di 30 giorni, il successivo accertamento non è nullo poichè il termine è ordinatorio, per cui la violazione non determina la sanzione della nullità.
La vicenda ha visto un contribuente che è stato sottoposto a verifica fiscale dalla Guardia di Finanza, sfociata in una rettifica di maggior reddito da parte dell’ufficio. Il contribuente ha lamentato, tra l’altro, che il controllo era durato più dei 30 giorni previsti dall’articolo 12 dello Statuto del contribuente. Secondo la tesi difensiva da questa violazione doveva conseguire la nullità dell’atto impositivo perché i dati raccolti erano inutilizzabili. I giudici di merito, invece, hanno ritenuto legittimo l’atto.
Per gli Ermellini il termine di permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente è meramente ordinario in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso.
La nullità non può ricavarsi nemmeno dalla ratio delle norme, perché appare del tutto sproporzionata. La Suprema Corte ha confermato in questo modo il precedente orientamento ( in particolare la sentenza 19338/2011).
Resta il fatto che con questa interpretazione tutte le garanzie previste dall’articolo 12 a favore del contribuente nel corso dei controlli sono inutili, perché, in caso di inosservanza da parte dell’amministrazione, non c’è alcuna conseguenza sanzionatoria.
In tal modo si determina ulteriormente uno squilibrio tra la posizione del Fisco e quella del contribuente: oltre a tutti i poteri e le facoltà di cui dispone l’amministrazione, occorre prendere atto anche del fatto che se è il contribuente a non rispettare un termine o una disposizione, egli va incontro a pesanti sanzioni; a posizione invertite, invece, termini e prescrizioni sono ordinatorie.
Anche il riferimento alla «sproporzione» della sanzione della nullità rispetto al disagio patito del contribuente meriterebbe maggiore riflessione.
Non fosse altro perché, ad esempio, sempre gli stessi giudici hanno ripetutamente affermato che se il contribuente ritarda di un solo giorno il versamento delle imposte, è corretta la sanzione del 30%, perché i termini devono essere (giustamente) rispettati, nonostante l’evidente sproporzione della sanzione rispetto al ritardo.
Per evitare queste distonie, sarebbe forse il caso, nell’ambito della delega fiscale in discussione in Parlamento che si introduca una norma, per una volta a favore dei diritti del contribuente, volta a prevedere esplicitamente che le violazioni delle prescrizioni dello Statuto da parte dell’amministrazione comportano la nullità dell’atto impositivo.
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