La Corte Europea dei diritti dell’Uomo, con la sentenza depositata il 6 febbraio 2025 nella causa n. 36617 ed altre 12, ha dichiarato l’illegittimità della normativa tributaria Italiana che autorizza gli ufficiali e gli agenti della Guardia di Finanza ed ai funzionari dell’Agenzia dell’Entrate ad accedere “in qualsiasi momento” ai locali adibiti a fini commerciali e industriali al fine di effettuare “verifiche” e “indagini”.
Per i giudici della CEDU “nel contesto fiscale, la Corte ha precedentemente stabilito che, sebbene le misure contestate non fossero equivalenti a un sequestro in un procedimento penale e non fossero applicabili a pena di sanzioni penali, i contribuenti erano comunque tenuti per legge a soddisfare una richiesta di consentire tale accesso, perché altrimenti si sarebbe verificata una valutazione discrezionale; ha quindi ritenuto che l’imposizione di tale obbligo ai contribuenti costituisse un’interferenza con la loro “casa” e “corrispondenza” (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri, citato sopra, § 106, anche con riferimento al § 43; cfr. anche i paragrafi 43 e 48 sopra, per quanto riguarda il quadro giuridico nazionale rilevante per il presente caso).
(…) Tale interferenza costituirà una violazione dell’articolo 8 della Convenzione, a meno che non possa essere giustificata ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 8 in quanto conforme alla legge, persegua uno o più degli scopi legittimi ivi elencati e sia necessaria in una società democratica per raggiungere lo scopo o gli scopi in questione (cfr., tra le molte altre autorità, Rustamkhanli, citato sopra, § 39).”
Nella sentenza in commento viene chiarito e ribadito che ” l’espressione “conformemente alla legge”, ai sensi dell’articolo 8 § 2 della Convenzione, richiede in primo luogo che il provvedimento impugnato abbia un fondamento nel diritto interno. In secondo luogo, il diritto interno deve essere accessibile alla persona interessata. In terzo luogo, la persona interessata deve essere in grado, se necessario con un’adeguata consulenza legale, di prevedere le conseguenze del diritto interno per lei, e in quarto luogo, il diritto interno deve essere compatibile con lo stato di diritto (vedi, tra le altre autorità, De Tommaso c. Italia [GC], n. 43395/09, § 107, 23 febbraio 2017, Heino c. Finlandia, n. 56720/09, § 36, 15 febbraio 2011, e Brazzi, § 39, citato sopra).
(…) La Corte sottolinea inoltre che il concetto di “legge” deve essere inteso nel suo senso “sostanziale”, non “formale”. Esso comprende quindi tutto ciò che costituisce il diritto scritto, compresi gli atti normativi di rango inferiore alle leggi, e la giurisprudenza pertinente (si veda, ad esempio, la causa FNASS e altri contro Francia, nn. 48151/11 e 77769/13, § 160, 18 gennaio 2018). Di conseguenza, nel valutare la legittimità di un’ingerenza, e in particolare la prevedibilità della legge nazionale in questione, la Corte tiene conto sia del testo della legge sia del modo in cui è stata applicata e interpretata dalle autorità nazionali. È l’interpretazione e l’applicazione pratica della legge da parte dei tribunali nazionali che deve garantire ai singoli la protezione contro le ingerenze arbitrarie (cfr. Rustamkhanli, citato sopra, § 42). “
Pertanto viene precisato che ” Affinché il diritto nazionale soddisfi questi requisiti, deve offrire una misura di protezione legale contro le interferenze arbitrarie da parte delle autorità pubbliche con i diritti tutelati dalla Convenzione. In questioni che riguardano i diritti fondamentali, sarebbe contrario allo stato di diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica sancito dalla Convenzione, che un potere discrezionale legale concesso all’esecutivo si esprima in termini di potere illimitato. Di conseguenza, la legge deve indicare con sufficiente chiarezza la portata di tale discrezionalità conferita alle autorità competenti e le modalità del suo esercizio. Il livello di precisione richiesto dalla legislazione nazionale, che non può in ogni caso prevedere ogni eventualità, dipende in larga misura dal contenuto dello strumento in questione, dal campo che è destinato a coprire e dal numero e dallo status di coloro ai quali è indirizzato (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri, citato sopra, § 124, con ulteriori riferimenti).
(…) Nei casi riguardanti perquisizioni e ispezioni in generale effettuate nei locali di persone giuridiche, la Corte ha chiarito che un elemento da prendere in considerazione è se una perquisizione sia stata effettuata sulla base di un mandato emesso da un giudice e sulla base di un ragionevole sospetto (cfr. Wieser e Bicos Beteiligungen GmbH c. Austria, n. 74336/01, § 57, CEDU 2007IV; DELTA PEKÁRNY a.s. c. Repubblica Ceca, n. 97/11, § 83, 2 ottobre 2014; e Naumenko e SIA Rix Shipping v. Lettonia, n. 50805/14, §§ 54-55, 23 giugno 2022). Inoltre, la Corte ha esaminato se la portata di un mandato fosse ragionevolmente limitata (v. DELTA BAKERY A.S., § 83, e Wieser e Bicos Beteiligungen GmbH, § 57, entrambi sopra citati), in particolare se indicasse gli elementi di prova che le autorità si aspettavano di trovare in relazione ai reati oggetto di indagine (v. DELTA PEKARNY a.s., sopra citata, § 88), e se il diritto interno limitasse il tipo di informazioni che le autorità potevano sequestrare o copiare (si vedaUAB Kesko Senukai Lituania v. Lituania, n. 19162/19, § 118, 4 aprile 2023).
(…) Tuttavia, la Corte ha dichiarato che tali garanzie si applicano in modo meno rigoroso ai controlli fiscali in loco, in considerazione del modo in cui tali controlli integrano il dovere del contribuente di fornire informazioni accurate (vedi paragrafo 81 sopra) e delle esigenze di efficienza nelle prime fasi del procedimento tributario (vedi Bernh Larsen Holding AS e altri, § 130, e Rustamkhanli, § 44, entrambi citati sopra). In questo contesto, la Corte ha generalmente ritenuto che, sebbene gli Stati possano ritenere necessario ricorrere a tali misure per ottenere prove pertinenti, i poteri relativamente ampi nelle fasi iniziali dei procedimenti fiscali non possono essere interpretati come conferiti alle autorità fiscali un potere discrezionale illimitato (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri, § 130, e Rustamkhanli, § 44, entrambi citati sopra). “
Per cui ” laddove la legge nazionale non richiedesse un’autorizzazione giudiziaria preventiva, ciò poteva essere compensato da altre garanzie efficaci e appropriate contro gli abusi, come una procedura di reclamo soggetta a controllo giurisdizionale (ibid., §§ 18-60, 165 e 172).”
Pertanto per la CEDU “le condizioni indicate nelle disposizioni legislative di cui sopra (cfr. paragrafo 107), considerate singolarmente, non sono sufficienti a delimitare l’ambito di discrezionalità conferito alle autorità nazionali. Infatti, basandosi sul testo di tali disposizioni, la Corte di Cassazione ha chiarito che il quadro giuridico nazionale non richiedeva alcuna giustificazione specifica per autorizzare le misure in questione in relazione a locali adibiti a fini commerciali e industriali e che, di conseguenza, la relativa autorizzazione non doveva essere motivata (vedi paragrafo 60 sopra). Inoltre, secondo la Corte di Cassazione, quando le misure sono state attuate da funzionari della Guardia di Finanza, non era richiesta alcuna autorizzazione scritta.
(…) nel contesto fiscale, le condizioni stabilite nelle disposizioni legislative applicabili possono essere più ampie e generiche, purché siano successivamente specificate e chiarite in altri strumenti di rango inferiore o nella giurisprudenza interna pertinente.“
Infine, nella sentenza viene evidenziato che “alla luce della giurisprudenza della Corte di Cassazione, il rispetto di questi criteri non è una condizione per la legittimità dell’autorizzazione di tali misure, poiché non è richiesta alcuna motivazione (vedi paragrafo 109 sopra). Come interpretato nella giurisprudenza nazionale, ne consegue che le disposizioni nazionali pertinenti, anche se integrate dalle linee guida amministrative pertinenti, non richiedevano che le autorità giustificassero l’esercizio dei loro poteri e le disposizioni quindi consentivano loro di esercitare una discrezionalità illimitata (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri
(…) Alla luce di quanto sopra, la Corte ritiene che la base giuridica delle misure contestate non fosse in grado di delimitare sufficientemente l’ambito del potere discrezionale conferito alle autorità nazionali e, di conseguenza, non soddisfa il requisito della “qualità della legge” ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione.
(…) la Corte non è convinta che il quadro giuridico nazionale fornisca garanzie adeguate ed efficaci contro l’esercizio di un potere discrezionale illimitato da parte dell’autorità fiscale e della polizia tributaria, poiché, in relazione all’accesso e alle ispezioni, non è stato regolamentato il loro potere di valutare l’adeguatezza, il numero, la durata e la portata di tali operazioni e le informazioni che sono state richieste ai contribuenti e poi copiate o sequestrate. In questo contesto, la Corte ritiene che le condizioni previste dalla legge appaiano troppo permissive per delimitare sufficientemente tale discrezionalità (vedi, mutatis mutandis, Funke c. Francia, 25 febbraio 1993, § 57, Serie A n. 256-A; Crémieux c. Francia, 25 febbraio 1993, § 40, Serie A n. 256-B; e Miailhe c. Francia (n. 1), 25 febbraio 1993, § 38, Serie A n. 256-C).
(…) La Corte ritiene che considerazioni di efficienza in ambito fiscale possano giustificare la mancanza di un controllo ex ante giudiziario o indipendente di tali misure. Tuttavia, in questo contesto, la Corte deve valutare se vi fossero altre garanzie efficaci e adeguate contro gli abusi e l’arbitrarietà (cfr. Bernh Larsen Holding AS e altri”
Da ultimo, ai fini della illegittimità della normativa Italiana sulle verifiche fiscali, viene precisato che “ l’esistenza di rimedi interni deve essere sufficientemente certa, non solo in teoria ma anche in pratica, in mancanza della quale mancheranno della necessaria accessibilità ed efficacia (si veda, mutatis mutandis, Communauté genevoise d’action syndicale (CGAS) c. Svizzera [GC], n. 21881/20, § 139, 27 novembre 2023)”
Inoltre viene precisato che “la Corte ritiene che le carenze individuate possano dar luogo a ulteriori ricorsi giustificati in futuro (cfr., mutatis mutandis, N. c. Romania (n. 2), n. 38048/18, § 84, 16 novembre 2021). Poiché la violazione dell’articolo 8 riscontrata in questo caso sembra essere di carattere sistemico, nel senso che è il risultato del contenuto della legge nazionale pertinente, come interpretata e applicata dai tribunali nazionali, sembra opportuno che la Corte fornisca alcune indicazioni su come evitare violazioni di questo tipo in futuro (vedi Stoyanova c. Bulgaria, n. 56070/18, § 78, 14 giugno 2022).
(…) Per questi motivi, alla luce della constatazione di violazione dell’articolo 8 della Convenzione (vedi paragrafo 139 sopra), la Corte ritiene fondamentale che lo Stato convenuto adotti le misure generali appropriate al fine di allineare la sua legislazione e la sua prassi alle constatazioni della Corte. In questo contesto, la Corte ritiene che le seguenti questioni debbano essere chiaramente regolamentate nel quadro giuridico nazionale. In particolare, la Corte ritiene che la maggior parte delle misure necessarie siano già previste dalla legislazione nazionale, in particolare dagli articoli 12 e 13 della legge n. 212/2000 (vedi paragrafo 53 sopra), ma i principi generali affermati in questa legislazione devono essere attuati attraverso norme specifiche nella legislazione nazionale, mentre la giurisprudenza dovrebbe essere allineata a questi principi e a quelli stabiliti dalla Corte.
(…) Sebbene, in materia fiscale, i controlli e le ispezioni possano estendersi oltre la semplice ispezione dei conti obbligatori (vedi paragrafo 118 sopra), dovrebbero essere stabilite delle garanzie per evitare l’accesso indiscriminato o almeno la conservazione e l’uso di documenti e oggetti non correlati allo scopo della misura in questione, fatto salvo l’esercizio del potere delle autorità di avviare procedimenti amministrativi separati o, se del caso, procedimenti penali (vedi paragrafi 98 e 119-120 sopra). Qualora la legislazione nazionale non distingua tra verifiche o ispezioni annunciate o pianificate in anticipo e verifiche o ispezioni di cui il contribuente non è informato in anticipo (cfr. la sentenza Rustamkhanli, citata, punto 21), il contribuente deve avere il diritto, al più tardi quando viene avviata la verifica, di essere informato dei motivi che giustificano la verifica e della sua portata, del suo diritto di essere assistito da un professionista e delle conseguenze del rifiuto di consentire la verifica. Quanto sopra non pregiudica il potere delle autorità di accedere ai dati relativi al contribuente che sono stati legalmente ottenuti mediante l’accesso a banche dati fiscali, banche dati bancarie e finanziarie e la cooperazione con altre autorità, anche su base transfrontaliera.”