La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28681 depositata il 7 novembre 2019 intervenendo in tema di accertamento induttivo ha stabilito che è “illegittimo l’accertamento induttivo a carico di un contribuente con utilizzo di una percentuale di ricarico di un anno con attività da dettagliante, normalmente più alta, mentre l’anno accertato si riferiva ad un’attività di vendita all’ingrosso.”
La vicenda ha riguardato una società in nome collettivo a cui veniva contestato maggiori ricavi determinati applicando la percentuale di ricarico. L’accertamento induttivo si fondava sulla percentuale di ricarico sul costo del venduto determinato prendendo in esame un diverso anno rispetto a quello oggetti dell’accertamento e con una diversa tipologia di attività. L’Amministrazione finanziaria notificava l’avviso di accertamento alla società ed ai soci. I contribuenti impugnavano l’atto impositivo con ricorso inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure accolsero parzialmente le doglianze dei ricorrenti riducendo l percentuale di ricarico. Avverso la decisione della CTP i contribuenti proposero ricorso alla Commissione Tributaria Regionale, mentre l’Agenzia delle Entrate depositò un ricorso incidentale. I giudici di appello rigettarono sia l’appello principale che quello incidentale. Avverso dal sentenza della CTR i contribuenti proposero ricorso in cassazione fondato su sei motivi.
Gli Ermellini accolsero le doglianze dei contribuenti precisando che “L’accertamento parziale, che è uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui agli artt. 38 e 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, bensì una modalità procedurale che ne segue le stesse regole, per cui può basarsi senza limiti anche sul metodo induttivo ed il relativo avviso può essere emesso pur in presenza di una contabilità tenuta in modo regolare”
Per i giudici di legittimità risulta corretto la circostanza dedotta dalla società che, diversamente da quanto praticato in precedenzala vendita di biancheria è stata effettuata dalla società prevalentemente all’ingrosso, laddove, fino all’anno precedente, era stata svolta esclusivamente al dettaglio. Pertanto il sensibile scarto tra la percentuale di ricarico dichiarata dalla stessa società del 95% per il 2004 e quella del triennio successivo (pari al 38% per il 2005, al 33% per il 2006 ed al 37% per il 2007) si giustifica, infatti, in ragione del considerevole divario tra il volume di affari dichiarato nella prima annualità in cui la vendita di biancheria era svolta esclusivamente al dettaglio e le annualità successive in cui la vendita è stata svolta invece all’ingrosso.
Inoltre, i giudici del palazzaccio, hanno ribadito che “la violazione del principio di non contestazione, applicabile anche nel processo tributario in relazione ai profili probatori del fatto non contestato (cfr. Cass. sez. 5, 18 maggio 2018, n. 12287; Cass. sez. 5, 6 febbraio 2015, n. 2196), perché – una volta assunti in comparazione i dati tra loro omogenei – la percentuale di ricarico applicabile è conforme a quella dichiarata dalla società contribuente e non contestata dall’Ufficio per gli anni in cui essa ha praticato la vendita di merce all’ingrosso”
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