La Corte di Cassazione con la sentenza n. 6916 del 17 marzo 2017 intervenendo in tema di imposta comunale di pubblicità ha affermato che lo spazio destinato a centro commerciale va qualificato come luogo “aperto al pubblico” ancorché la proprietà dell’area abbia stabilito particolari condizioni per l’accesso. Per cui coloro che gestiscono un’attività all’interno di un “centro commerciale all’ingrosso”, dove l’accesso è consentito ai soli titolari di partita IVA, deve pagare l’imposta comunale sulla pubblicità, se espone una targa in corrispondenza dell’esercizio.
La vicenda ha rigurdato una società a cui venivano notificati alcuni avvisi di accertamento inerenti l’imposta comunale sulla pubblicità riguardante le targhe che aveva esposte in corrispondenza dell’esercizio commerciale posto all’interno di un centro commerciale all’ingrosso. Avverso tali atti impositivi ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici accoglievano le doglianze della ricorrente, ritenendo non sussistente il presupposto impositivo. Il Comune impugnava la decisione di primo grado innanzi alla Commissione Tributaria Regionale che riformava la decisione della CTP ritenendo, come chiesto dal Comune, la sussistenza dei presupposto impositivo in quanto il centro commerciale in questione aveva tutte le caratteristiche per essere qualificato come luogo aperto al pubblico, sebbene le particolari condizioni di accesso stabilite dalla proprietà.
La società contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso in cassazione basato su due motivi, in particolare evidenziando che sarebbe stato più corretto qualificare il centro commerciale come un’area “privata”, essendo l’ingresso subordinato a un’attività discriminante, finalizzata a verificare in capo a chi vuole farvi accesso la sussistenza di determinate condizioni. .
Gli Ermellini rigettano il ricorso del contribuente precisando, in particolare, che l’articolo 5, comma 1, del D.Lgs. n. 507/1993 prevede che la diffusione di messaggi pubblicitari possa essere tassata solo se effettuata in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
I giudici di legittimità hanno ritenuto di confermare il principio di diritto, più volte affermato dalla Corte, secondo cui “in tema di imposta sulla pubblicità, luogo aperto al pubblico deve essere considerato quello comunque accessibile, sia pure nel rispetto di determinate condizioni, a chiunque si adegui al regolamento che disciplina l’ingresso. Ciò in quanto il presupposto impositivo deve essere individuato nell’astratta possibilità del messaggio, in rapporto all’ubicazione del mezzo, di avere un numero indeterminato di destinatari, che diventano tali solo perché vengono a trovarsi in quel luogo determinato (con riguardo allo spazio interno della stazione ferroviaria il cui accesso sia consentito ai soggetti muniti di biglietto di viaggio, si veda Cass. n. 27497 del 30/12/2014; con riguardo alla targa indicativa di uno studio di un avvocato esposta in un cortile che, pur privato, era aperto al pubblico si veda Cass. n. 22572 del 8/9/2008)”.
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