AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 16 giugno 2021, n. 412
Interpello art. 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Imposta di bollo su contratti di conti di moneta elettronica e conti di pagamento
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La Banca istante, facente parte del Gruppo bancario “Alfa”, svolge l’attività di emissione di moneta elettronica, come definita dall’articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 385 del 1993 (TUB) nonché rende prestazioni di servizi di pagamento, come definiti dagli artt. 1, comma 1, lett. b) e 2, comma 2, del d.lgs. n. 11 del 2010.
In tale contesto, la società istante dichiara di mettere a disposizione della propria clientela soluzioni di pagamento che spaziano da quelle più tradizionali, rappresentate dalle carte prepagate nominative dotate di IBAN, a quelle più evolute digitalmente, come i conti di moneta elettronica (es. carte virtuali su smartphone, App, WebApp) e i conti di pagamento, di cui allega le bozze dei contratti.
I prodotti citati, secondo l’istante, consentono al cliente di effettuare pagamenti presso gli esercizi convenzionati e sui marketplace digitali impartendo l’ordine di pagamento sui conti di moneta elettronica o sui conti di pagamento, con la medesima procedura prevista per le carte di pagamento; di trasferire denaro mediante Sepa Credit Transfer (SCT) e Sepa Direct Debit (SDD), nonché di prelevare moneta presso gli sportelli automatici del Gruppo.
Premesso quanto sopra, la Banca chiede chiarimenti in merito all’applicabilità ai servizi di pagamento attivati attraverso i nuovi dispositivi di moneta elettronica (quali ad esempio le app mobile per smartphone) e ai conti di pagamento, delle disposizioni normative e delle relative interpretazioni in materia di imposta di bollo riguardanti i contratti relativi alle carte di pagamento.In particolare, si chiede se sia applicabile la disposizione contenuta nell’articolo 2, comma 150, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, secondo cui l’imposta fissa di bollo si applica ai contratti relativi alle carte di pagamento solo in caso d’uso (come avviene per i contratti stipulati mediante scambio di corrispondenza).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La società interpellante, con specifico riferimento ai singoli strumenti di pagamento oggetto dell’istanza, precisa che i conti di moneta elettronica possono essere considerati a tutti gli effetti un’evoluzione “tecnologica” delle carte di pagamento, rappresentando di fatto la dematerializzazione della parte fisica di una carta di pagamento costituita dalla tessera plastificata. Il diverso strumento impiegato riguarda, in effetti, solo la fase materiale di trasmissione della richiesta di autorizzazione alla spesa, in quanto nel caso della carta di pagamento vi è un apparato (POS) che legge la carta, mentre nei casi in esame vi è un apparato che legge un altro apparato in quanto lo scambio di informazioni avviene direttamente sull’applicazione informatica, come se si trattasse di una carta di pagamento virtuale.
Il successivo processo di “acquiring”, ad avviso della stessa, è lo stesso di una carta di pagamento, con la regolazione della posizione creditoria del “merchant” e con l’addebito sulla posizione del cliente (così come avviene nel caso di una carta di pagamento prepagata del cliente). Peraltro, anche le parti (emittente, merchant e cliente privato consumatore) e gli effetti giuridici e fattuali che derivano dal rapporto sono quelli tipici di una carta di pagamento.
In altri termini, a parere della società istante, l’evoluzione tecnologica ha soltanto comportato l’introduzione di un nuovo dispositivo tecnico per la trasmissione delle informazioni relative alla richiesta di autorizzazione alla spesa, ma non ha modificato la natura e la funzione del servizio erogato.
Il conto di pagamento, introdotto nel nostro ordinamento dal d.lgs. n. 11 del 2010 e modificato dal d.lgs. n. 37 del 2017, invece, è un servizio che si sostanzia e si esaurisce nell’attivazione di un conto sul quale il cliente versa una somma di denaro che potrà utilizzare per le operazioni di pagamento.
Dal punto di vista tecnico, l’interpellante precisa che il saldo detenuto sul conto di pagamento può essere utilizzato per i soli servizi di pagamento e non entra nella disponibilità dell’emittente. Di conseguenza, lo stesso non produce interessi debitori (non essendo strumento di concessione di credito) né creditori (essendo le giacenze destinate esclusivamente ad operazioni di pagamento) e le operazioni che vi si possono eseguire sono tutte quelle tipiche di incasso e pagamento (es. bonifici, addebiti diretti, Mav, Rav, F24, bollettini, giroconti, incasso pensioni, pagamenti alla Pubblica Amministrazione, etc).
È evidente, a parere della società istante, che i servizi resi mediante le carte di pagamento sono gli stessi che possono essere resi con il conto di pagamento.
La società rileva infine che la sussistenza di diversità strutturali e disciplinari tra il conto corrente bancario e il conto di pagamento tali da escludere, a suo parere, l’applicabilità a quest’ultimo del regime fiscale dei conti correnti considerando che il conto di pagamento è per funzione diverso dal conto corrente bancario, non essendo quest’ultimo riservato al solo servizio di pagamento ma anche alla gestione del risparmio.
D’altra parte, secondo l’istante, è lo stesso legislatore a distinguere sotto il profilo regolamentare della tutela al consumatore e della trasparenza i due istituti, visto che, per quanto riguarda il primo aspetto, il conto di pagamento è disciplinato dai già citati d.lgs. n. 11 del 2010 e n. 37 del 2017, mentre il conto corrente è disciplinato dagli artt. 1852 e segg. del Codice Civile; invece, per quanto riguarda la trasparenza dei conti di pagamento la stessa è disciplinata nel Titolo VI, Capo II-bis del TUB, mentre quella dei conti correnti risiede nel Capo I.
La diversa collocazione della normativa di riferimento nel TUB relativamente ai contratti dei conti di pagamento, a parere dell’istante, non è casuale e se l’intento del legislatore fiscale fosse stato quello di attrarre a tassazione (così come stabilito per le altre tipologie di contratti bancari e finanziari espressamente menzionati) ai fini dell’imposta di bollo anche la fattispecie di cui trattasi relativamente ai contratti dei conti di pagamento avrebbe dovuto inserire una specifica previsione di tassazione dei contratti relativi ai conti di pagamento all’interno dell’articolo 2, nota 2-bis) della Tariffa, Parte Prima, allegata al d..P.R. n. 642 del 1972.
Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, la società istante ritiene che l’applicazione dell’imposta di bollo in caso di uso, così come prevista dal citato articolo 2, comma 150, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, possa applicarsi anche agli strumenti di pagamento in esame, in quanto anche in tale situazione viene rispettata la ratio della norma agevolativa in parola.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, «L’imposta di bollo è dovuta fin dall’origine per gli atti, i documenti e i registri indicati nella parte prima della tariffa, se formati nello Stato, ed in caso d’uso per quelli indicati nella parte seconda».
In presenza di “atto” soggetto a bollo in caso d’uso, la corresponsione dell’imposta avviene solo al momento della presentazione dell’atto all’Agenzia delle entrate per la formalità di registrazione nella misura vigente in tale momento (cfr. art. 6 del d.P.R. n. 642 del 1972).
Per quanto di interesse nel caso di specie, si rappresenta che, l’articolo 2, comma 150, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, prevede che «l’imposta di bollo di lire 15.000 dovuta sui contratti di cui all’articolo 2, nota 2-bis, della citata Tariffa, in qualsiasi forma redatti, elevata a lire 20.000 [attualmente euro 16,00], fermo restando che l’imposta fissa di bollo si applica ai contratti relativi alle carte di pagamento solo in caso d’uso».
In via generale, quindi, tutti i “contratti relativi alle operazioni e servizi bancari e finanziari e contratti di credito al consumo”, in qualsiasi forma redatti, sarebbero soggetti all’imposta di bollo sin dall’origine, non potendo usufruire del trattamento agevolato della debenza solo in caso d’uso, introdotto dal legislatore per i contratti relativi alle carte di pagamento.
Tale disposizione agevolativa è stata introdotta al fine di contrastare fenomeni di riciclaggio e di evasione fiscale e risponde alla ratio di incentivare le modalità di pagamento diverse dal denaro contante eliminando l’onere fiscale che avrebbe altrimenti gravato sul relativo contratto delle carte di pagamento.
Si tratta di finalità avvertite dal legislatore al momento di emanazione della norma che permangono anche attualmente; finalità che possono essere perseguite con la diffusione di strumenti di pagamento del tutto analoghi, nella funzione, alle carte di pagamento.
Nel caso in esame, così come rappresentato e documentato dalla Banca istante, la funzione principale dei conti di moneta elettronica è proprio quella di facilitare le movimentazioni finanziarie tra cliente, venditore/acquirente e intermediario, garantendone la tracciabilità alla stregua di quanto avviene con le carte di pagamento.
Nell’ipotesi dei conti di moneta elettronica, infatti, emerge una sostanziale coincidenza di scopi e di funzionalità di tali prodotti con le carte di pagamento, cosicché tali prodotti (es. carte virtuali su smartphone, App, WebApp) si ritiene siano da includere nella disciplina agevolativa in esame in base ad un’interpretazione, in senso evolutivo, della normativa stessa.
In relazione ai contratti dei conti di pagamento, disciplinati dal d.lgs. n. 11 del 2010 e modificato dal d.lgs. n. 37 del 2017, si rammenta che il conto di pagamento è un servizio che si sostanzia e si esaurisce nell’attivazione di un conto sul quale il cliente versa una somma di denaro che potrà utilizzare per le operazioni di pagamento.
In merito alla differenza tra il conto di pagamento ed il conto corrente bancario, la Circolare 1° marzo 2013, n. 15/E ha chiarito che in “linea generale il conto di pagamento contempla un novero di servizi più limitato rispetto a quelli normalmente connessi a un conto corrente bancario. Anche i relativi contratti sono soggetti a norme analoghe ma non del tutto coincidenti, considerato che la disciplina del conto di pagamento, a differenza di quella del conto corrente, è stata oggetto di armonizzazione a livello europeo nell’ambito della regolamentazione sui servizi di pagamento (Direttiva 2007/64/CE)”.
Come evidenziato dalla Banca, i servizi resi mediante carte di pagamento sono gli stessi che possono essere resi con il conto di pagamento. In tal senso, si rammenta la disposizione contenuta nell’articolo 1 del citato d.lgs. n. 11 del 2010, in base alla quale rientrano fra i servizi di pagamento sia «l’esecuzione di operazioni di pagamento mediante carte di pagamento», sia i «servizi che permettono di depositare il contante su un conto di pagamento nonché tutte le operazioni richieste per la gestione di un conto di pagamento».
La normativa di settore, dunque, riconosce che mediante la carta di pagamento e il conto di pagamento sono resi servizi riconducibili alla medesima tipologia.
L’articolo 126-decies del TUB, inoltre, tra le disposizioni particolari relative ai conti di pagamento prevede al comma 5 che «Per quanto non diversamente previsto dal presente capo, si applicano le disposizioni del capo II-bis.» (rubricato “Servizi di pagamento”).
Tra le disposizioni di carattere generale stabilite in tale Capo, è previsto che lo stesso si «applica ai contratti quadro relativi a servizi di pagamento e alle operazioni di pagamento, anche se queste non rientrano in un contratto quadro, (…). Ai fini del presente capo, per servizi di pagamento si intende anche l’emissione di moneta elettronica.».
Per le suesposte considerazioni, poiché i servizi resi con le carte di pagamento sono sostanzialmente analoghi a quelli che possono essere resi tramite il conto di pagamento, si ritiene che la disposizione agevolativa recata dall’art. 2, comma 150 della legge n. 662 del 1996, che prevede l’applicazione dell’imposta fissa di bollo ai contratti relativi alle carte di pagamento solo in caso d’uso, risulta applicabile anche per i contratti dei conti di pagamento.
Per completezza si segnala che resta pienamente applicabile l’esenzione dall’imposta di bollo in modo assoluto prevista dall’art. 28 della tabella allegata al d.P.R. n. 642 per i «Conti di base riservati alle fasce di clientela socialmente svantaggiate individuate ai sensi del comma 1 dell’articolo 126 – viciesquater del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385».
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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