La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 10743 del 08 maggio 2013 interviene in tema di reale natura dei negozi giuridici ai fini dell’imposta di registro affermando che la giurisprudenza di questa Corte è ormai costante nel ritenere che l’art. 20 d.p.r. n. 131 del 1986, debba esser interpretato nel senso che, nel qualificare l’atto ai fini impositivi, deve aversi a riguardo agli effetti concreti prodotti dallo stesso, alla sua intrinseca natura.
La vicenda ha tratto origine dalla contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria mediante l’emissione e notifica dell’avviso di liquidazione con cui recuperava una maggiore imposta riqualificando come di compravendita, ai sensi dell’ art. 20 d.p.r 131/86, un negozio qualificato invece inter partes come di conferimento di immobile in Società neo-costituita.
La società contribuente, a cui era stato notificato l’atto impositivo, proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale che accoglieva le doglianze della ricorrente ed annullava l’avviso di liquidazione e la relativa cartella di pagamento.
L’Agenzia delle Entrate ricorreva avverso la predetta sentenza con la proposizione del ricorso inanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello dichiarava inammissibile – e comunque riteneva infondato nel merito – il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate.
L’Ufficio contro la sentenza dei giudici di appello proponeva ricorso per cassazione affidato a numero due motivi.
Gli Ermellini hanno ritenuto fondati entrambe le motivazioni proposte dall’Agenzia delle Entrate. Il primo motivo, ritenuto fondato, ha riguardato il termine relativo alla notifica alla luce della sentenza della Corte cost. n. 477 del 2002 la data utile di notifica a mezzo posta è, per il notificante, quella della consegna al notificatore (Cass. sez. Trib. n. 26053 del 2011; Cass. sez. Trib. n. 15298 del 2008). E l’atto d’appello è stato tempestivamente consegnato, cosicché la notifica dello stesso deve intendersi tempestivamente avvenuta.
Per quanto concerne le motivazioni di accoglimento del secondo motivo, la Corte Suprema, ha affermato che costantemente la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che l’art. 20 d.p.r. n. 131 del 1986, debba esser interpretato nel senso che, nel qualificare l’atto ai fini impositivi, deve aversi a riguardo agli effetti concreti prodotti dallo stesso, alla sua intrinseca natura, cioè, non essendo invece nella disponibilità delle parti la identificazione del negozio mediante l’attribuzione di un nomen iuris che non corrisponda alla sua realtà effettuale (Cass. sez. Trib. n. 2713 del 2002; Cass. sez. Trib. n. 14900 del 2001). La CTR, quindi, ha sbagliato nel “riconoscere indiscutibile valenza ai documenti in atti”, perché avrebbe invece dovuto procedere a qualificare l’atto sulla scorta degli effetti concretamente prodottisi, del comportamento delle parti e degli altri elementi di prova disponibili.
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