AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 11 settembre 2020, n. 342
Interpello Articolo 11, comma 1, lett.a), legge 27 luglio 2000, n.212 – Articolo 20 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La contribuente X è legataria nella successione dell’amica Y, deceduta a Z il xx/xx/xx. In data xx/xx/xx presentava la denuncia di successione sulla base del testamento olografo lasciato dalla defunta e pubblicato il xx/xx/xx.
L’istante fa presente che può ancora essere presentata una dichiarazione di successione sostitutiva.
Nella denuncia di successione venivano inseriti, come indicato nell’atto notarile, secondo le volontà della defunta, tutti i beni mobili e immobili posti in Italia della defunta, e tutte le posizioni e i diritti in relazione con il territorio italiano, e più specificamente:
– la piena proprietà di una unità immobiliare ad uso abitativo;
– la piena proprietà di un locale ad uso magazzino;
– diritti di comproprietà pari ad 1/2 spettanti su alcune parti comuni del complesso immobiliare;
– alcuni appezzamenti di terreno;
– rendite, crediti e altri beni.
L’asse ereditario complessivo è di Euro xxx.
A titolo di passività veniva inserito, oltre alle spese funebri, anche un debito della defunta, non legato all’acquisto dei beni caduti in successione, bensì utilizzato per la ristrutturazione del bene stesso, rappresentato dal 50% della quota residua al xx/xx/xx del mutuo Banca XX, stipulato il xx/xx/xx, pari ad Euro xxx.
Per l’erogazione del mutuo in questione, la Banca aveva richiesto un’iscrizione ipotecaria, che per accelerare i tempi di erogazione, dato che erano già stati avviati gli interventi di ristrutturazione, venne concessa su un immobile dell’istante, cointestataria del mutuo.
Più precisamente il mutuo era stato acceso al 50% dalle due amiche per ristrutturare un complesso immobiliare sito nel Comune di YY, comprendente, fra le altre, le due unità immobiliari costituenti le abitazioni principali delle stesse.
Nell’atto di mutuo non si fa espresso riferimento all’uso che ne sarebbe stato fatto della somma concessa: l’atto di mutuo non fa riferimento alcuno all’unità immobiliare caduta in successione, né per quanto riguarda l’acquisto, né per quanto riguarda la ristrutturazione.
L’istante rappresenta, tuttavia, che è vero e dimostrabile che i bonifici per gli interventi di ristrutturazione sono stati tutti (tranne il primo) effettuati dopo aver ricevuto l’erogazione del mutuo e, a dimostrazione di ciò, allega un prospetto che riepiloga fornitori, fatture, importi e data del bonifico di tutte le spese inerenti la ristrutturazione.
Il totale di competenza della defunta del mutuo era di Euro xxx (50% di xxx); il totale delle spese di ristrutturazione è ammontato ad Euro xxx.
Al riguardo, l’istante richiama l’articolo 20 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (di seguito, TUS), ai sensi del quale sono deducibili tutti i debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione, senza esclusione, purché sussistano le condizioni stabilite nei successivi articoli da 21 a 24.
Il regime di deducibilità dei debiti dalla massa ereditaria prevede che tutti i debiti sono deducibili purché sussistano le condizioni di cui agli articoli 21 e 23, mentre l’articolo 22 disciplina particolari ipotesi di non deducibilità di alcuni debiti (o di deducibilità a determinate condizioni), come quelli contratti per l’acquisto di beni o diritti non compresi nell’attivo ereditario (cfr. art. 22, comma 1).
Alla luce di tale ultima disposizione, l’istante chiede di chiarire se possa essere dedotta dalla dichiarazione di successione la somma di euro xxx, quale quota residua, alla data della morte della sig.ra Y, del debito nascente da un contratto di mutuo fondiario intercorso tra la defunta, l’istante e la Banca.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
A parere dell’istante, ai fini della deducibilità, non è necessario che i debiti siano stati contratti in relazione ai beni del defunto compresi nella massa ereditaria, ben potendo essere deducibili anche debiti diversi da questi, sempre che ricorrano le condizioni degli artt. 21 e 23 del TUS. Il profilo rilevante, in questo caso è unicamente la titolarità del debito in capo al defunto.
Per i suesposti motivi, a parere dell’istante, la passività di cui alla successione sopra indicata è da considerarsi pienamente ammissibile, e deve essere inserita in dichiarazione con la causale “altre passività” non dovendo essere legata ad alcun immobile specifico.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’imposta sulle successioni trova applicazione in relazione ai trasferimenti di beni e diritti mortis causa e deve essere corrisposta dagli eredi o dai legatari sulla base delle aliquote previste dall’articolo 2, comma 48, del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, differenziate in considerazione del valore complessivo netto dei beni ricevuti da ciascun beneficiario, eccedente la franchigia eventualmente spettante, e del grado di parentela o di affinità intercorrente tra il beneficiario e il de cuius.
Ai sensi dell’articolo 36 del TUS, gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta nell’ammontare complessivamente dovuto da loro e dai legatari mentre questi ultimi sono obbligati al pagamento dell’imposta solo in relazione ai rispettivi legati.
L’articolo 8, comma 1, del TUS dispone che «il valore globale netto dell’asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo, alla data dell’apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l’attivo ereditario, determinato secondo le disposizioni degli articoli da 14 a 19, e l’ammontare complessivo delle passività deducibili».
L’articolo 20 del TUS – passività deducibili – dispone che:
«1. Le passività deducibili sono costituite dai debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione e dalle spese mediche e funerarie indicate nell’articolo 24.
2. La deduzione è ammessa alle condizioni e nei limiti di cui agli articoli da 21 a 24».
I successivi articoli 21 e 23 disciplinano rispettivamente le condizioni di deducibilità dei debiti e la dimostrazione degli stessi.
Inoltre, l’art. 22, che dispone limiti alla deducibilità dei debiti, al comma 1 prevede che «Non sono deducibili i debiti contratti per l’acquisto di beni o di diritti non compresi nell’attivo ereditario; se i beni o i diritti acquistati vi sono compresi solo in parte la deduzione è ammessa proporzionalmente al valore di tale parte» Al riguardo, la Corte di Cassazione, nell’esaminare l’applicazione delle sopra citate norme, con sentenza del 15 maggio 2015 n. 9957 – Sezione 5 – ha ritenuto che « In linea generale, in base al D. Lgs n. 346 del 1990, art. 20, sono deducibili tutti i debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione, senza esclusione, purché sussistano le condizioni stabilite negli artt. da 21 a 24 (v. Cass. n. 24547-07).
Il regime di deducibilità dei debiti dalla massa ereditaria va cioè ricostruito nel senso che tutti i debiti sono deducibili purché sussistano le condizioni e le dimostrazioni di cui agli artt. 21 e 23, mentre l’art. 22 prende in esame particolari ipotesi di non deducibilità di alcuni debiti (o di deducibilità a determinate condizioni), come quelli contratti per l’acquisto di beni o diritti non compresi nell’attivo ereditario.
Consegue che, ai fini della deducibilità, non è necessario che i debiti siano stati contratti in relazione a beni di proprietà del defunto, e compresi nell’attivo ereditario, ben potendo essere deducibili anche debiti diversi da questi, ove ricorrano i presupposti indicati nelle altre norme sopra evocate (v. Cass. n. 2531-03).
Nella specie è risolutivo osservare che la sentenza ha stabilito che il mutuo era stato contratto non per l’acquisto di beni o di diritti, quanto per ristrutturazione. Era ovvio allora che non poteva venire in rilievo il D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 22 comma 1, secondo cui non sono deducibili i debiti contratti per l’acquisto di beni o di diritti non compresi nell’attivo ereditario; e dunque non poteva rilevare il profilo della titolarità dei beni della cui ristrutturazione si fosse trattato. Il profilo rilevante era unicamente quello della titolarità del debito in capo al defunto».
L’articolo 20, comma 1, del TUS, quindi, esprime un principio di generale deducibilità dei debiti del de cuius, nei limiti ed alle condizioni previste dal successivo comma 2.
Tra i limiti alla deducibilità dei debiti, per quanto di interesse, si rappresenta che il comma 1 dell’articolo 22 riguarda quei «debiti contratti per l’acquisto di beni o diritti non compresi nell’attivo ereditario»
Di conseguenza, i debiti contratti con finalità diverse dall’acquisto di beni o diritti non compresi nell’attivo ereditario sono deducibili nel rispetto delle altre condizioni e dimostrazioni richieste dagli artt. 21 e 23 del TUS.
Pertanto, ai fini della corretta applicazione del citato comma 1, occorre la duplice circostanza:
a) che il debito del de cuius sia stato contratto per l’acquisto di specifici beni e/o diritti;
b) che tali beni e/o diritti non siano compresi nell’attivo ereditario.
In assenza di tali circostanze, si può ritenere, che il debito è deducibile ai sensi e per gli effetti del citato art. 20. Nel caso in esame, quindi, fermo restando il rispetto dei requisiti di cui agli artt. 21 e 23, il contribuente può attestare l’assenza delle circostanze previste dal citato comma 1, in merito al mutuo fondiario contratto con la Banca, utilizzando il codice 12 “altre passività”, previsto nel modello di dichiarazione di successione.
In sede di rettifica e liquidazione della maggiore imposta, poi, l’ufficio può contestare quanto attestato dal contribuente, dimostrando la sussistenza delle condizioni previste dal citato comma 1 dell’art 22 del TUS.
Ciò anche in considerazione di quanto previsto dall’art. 34, comma 2, del TUS secondo cui «L’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta deve contenere(…) l’indicazione delle passività e degli oneri ritenute in tutto o in parte inesistenti, con la specificazione degli elementi di prova contraria alle attestazioni e agli altri documenti prodotti dal dichiarante».
Le considerazioni sopra esposte trovano applicazione anche con riferimento al legato, che qualifica il contribuente istante, nel rispetto dell’articolo 29, comma 2, del TUS, secondo cui «Se il dichiarante è un legatario, dalla dichiarazione devono risultare solo gli elementi di cui al comma 1, lettere a) e b), nonché quelli di cui alle lettere c), i) e n) limitatamente all’oggetto del legato, alla lettera f) limitatamente alle donazioni a suo favore e alla lettera l) limitatamente al suo domicilio».
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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