MINISTERO delle FINANZE – Circolare n. 2/DF del 16 luglio 2024

Imposta municipale propria (IMU) – Art. 1, comma 71 della Legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Legge di bilancio per l’anno 2024) – Norma interpretativa dell’art. 1, comma 759, lett. g), della Legge 27 dicembre 2019, n. 160 – Immobili utilizzati dagli enti non commerciali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività meritevoli di tutela

Con la presente circolare vengono illustrate le novità introdotte dall’art. 1, comma 71 della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Legge di bilancio per l’anno 2024) in materia di imposta municipale propria (IMU) relativamente agli immobili utilizzati dagli enti non commerciali (ENC) per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività meritevoli di tutela, ai sensi dell’art. 1, comma 759, lett. g), della legge 27 dicembre 2019, n. 160.

Si premette che l’art. 1, comma 71, della legge n. 213 del 2023, prevede che “[l]’articolo 1, comma 759, lettera g), della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nonché le norme da questo richiamate o sostituite si interpretano, per gli effetti di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel senso che:

a) gli immobili si intendono posseduti anche nel caso in cui sono concessi in comodato a un soggetto di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente, a condizione che il comodatario svolga nell’immobile esclusivamente le attività previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, con modalità non commerciali;

b) gli immobili si intendono utilizzati quando sono strumentali alle destinazioni di cui all’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità.”

In merito, si ricorda che la lett. g) del comma 759 dell’art. 1 della legge n. 160 del 2019 stabilisce che sono esenti dall’IMU, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte:

“g) gli immobili posseduti e utilizzati dai soggetti di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504”, vale a dire gli ENC, “e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività previste nella medesima lettera i); si applicano, altresì, le disposizioni di cui all’articolo 91-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché il regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 19 novembre 2012, n. 200”.

I chiarimenti forniti con il presente documento di prassi amministrativa integrano quanto già riportato nelle istruzioni al modello dichiarativo IMU, approvato con decreto ministeriale 24 aprile 2024, al fine di assicurare la massima diffusione degli aspetti applicativi delle nuove disposizioni tributarie.

1. Immobili posseduti e concessi in comodato a un soggetto funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente [Art. 1, comma 71, lett. a) della legge n. 213 del 2023].

Con riferimento alla previsione di cui alla lett. a), è opportuno fornire alcune precisazioni in merito al requisito del collegamento funzionale o strutturale tra comodatario e comodante.

Per quanto riguarda la nozione di collegamento “funzionale”, occorre richiamare quanto deciso dalla Corte di Cassazione che si è pronunciata sul tema, dando indicazioni sulla definizione del citato collegamento funzionale. Ed invero, nell’ordinanza del 2 ottobre 2023, n. 27761 la medesima Corte ha affrontato proprio il tema del riconoscimento dell’esenzione dall’IMU nell’ipotesi di concessione in comodato di immobili da parte di un’Università in favore dell’ESU, vale a dire l’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario, stabilendo che “7. in tale contesto interpretativo va riconosciuta la peculiarità della fattispecie in rassegna, qualificata dal collegamento funzionale che lega l’Università all’ESU, che il Giudice dell’appello ha ravvisato nella parte in cui ha affermato che detta azienda regionale «è un ente non commerciale, funzionalmente strumentale dell’Università che (…) favorisce il diritto allo studio universitario di quella fascia di studenti meno abbienti».

In tale ambito la Suprema Corte ha altresì puntualizzato che “7.3. può allora considerarsi corretta la valutazione del Giudice regionale, che ha ravvisato la sussistenza del requisito in esame nel rapporto di stretta strumentalità tra i due enti nella realizzazione di compiti e nello svolgimento di attività diverse (l’attività didattica in capo all’Università, quella ricettiva e di ristorazione in capo all’ESU), ma istituzionalmente connesse, […] riconoscendo una relazione servente, un rapporto funzionale delle prestazioni svolte dall’Azienda rispetto all’attività assicurata dall’Università nella prospettiva, costituzionalmente tutelata e normativamente disciplinata (dalla citata legge reg., che ha attuato le prescrizioni della L. 2 dicembre 1991, n. 300), di assicurare il diritto allo studio ed altresì qualificata da una compenetrazione di tipo organico, in ragione della partecipazione dell’Università all’organo gestorio dell’Azienda; 7.4. ricorre, in tali termini, nella pacifica natura pubblica dell’ESU e della detenzione dei beni da parte di questa in base ad un contratto di comodato d’uso gratuito, il (parte del) presupposto oggettivo dell’esenzione, come riconosciuto dal Giudice regionale, non realizzandosi nella fattispecie alcun effetto distorsivo rispetto alle finalità tutelate dalla norma, in quanto i beni risultano programmaticamente destinati allo svolgimento di reciproci compiti istituzionali in un rapporto sinergico tra l’attività dell’azienda e quello dell’Università”.

Vale solo, infine, la pena di evidenziare che la Corte di cassazione al punto 7.3 ritiene corretta la valutazione effettuata dal Giudice regionale che ha ravvisato la sussistenza del requisito in esame nel rapporto di stretta strumentalità tra i due enti e che ha espressamente riconosciuto che “acclarata la natura non commerciale dell’ESU, la Commissione ha ritenuto avente funzione chiarificatrice la Risoluzione del MEF n. 4/DF del 4 marzo 2013 (NOTA 1), secondo cui «[…] nella particolare ipotesi in cui l’immobile posseduto da un ente non commerciale venga concesso in comodato ad altro ente non commerciale per lo svolgimento di una delle attività meritevoli di cui al D. Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) possa trovare applicazione l’esenzione in oggetto» (v. pagina n. 6 della sentenza impugnata)”.

Pertanto, alla luce di quanto statuito dalla Corte di Cassazione, il collegamento funzionale può ritenersi sussistente ove le attività svolte dal comodatario nell’immobile rientrino nel novero di quelle agevolate, siano esercitate con modalità non commerciali e, al contempo, siano accessorie o integrative rispetto alle attività istituzionali dell’ente comodante, ponendosi con le finalità istituzionali di quest’ultimo in rapporto di diretta strumentalità.

Si ritiene che tale nesso di strumentalità sussista qualora l’attività non commerciale svolta nell’immobile concesso in comodato sia legata alle finalità e alle attività istituzionali del concedente e risulti coerente e funzionale rispetto agli scopi dello stesso ente concedente.

Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui il comodante svolga un’attività didattica e l’immobile concesso in comodato sia utilizzato dal comodatario per lo svolgimento, sempre con modalità non commerciali, di altre attività didattiche o assistenziali ricomprese tra quelle agevolate e funzionali a quella didattica del concedente (attività di doposcuola, attività assistenziale diretta a particolari categorie di studenti, etc.).

Si pensi, ancora, all’ipotesi in cui il concedente svolga attività sanitaria o assistenziale e l’immobile sia concesso in comodato al fine di garantire ospitalità ai familiari delle persone assistite o agli operatori sanitari.

Si reputa, altresì, integrato il requisito del collegamento funzionale tra comodante e comodatario nell’ulteriore ipotesi in cui il primo detenga, in forza di norma statutaria, la facoltà di nominare i componenti dell’organo di gestione del secondo ente. Si veda, in tal senso, proprio l’ordinanza n. 27761 del 2023 della Suprema Corte di Cassazione, appena citata, laddove – nel richiamare la legge regionale del Veneto 7 aprile 1998, n. 8, recante “Norme per l’attuazione del diritto allo studio universitario” puntualizza che “il rapporto che lega l’Università all’ESU non è di semplice collaborazione […] caratterizzandosi, invece, per una pregnante presenza del primo ente nell’organizzazione sociale della seconda, in primo luogo, attraverso i due rappresentanti dell’università che rivestono la carica di membri del consiglio di amministrazione dell’azienda, senza trascurare, poi, il predetto intervento dell’Università nella nomina del presidente dell’azienda”.

Ad ogni modo, è opportuno far presente che il contratto di comodato, se stipulato in forma scritta, specifichi le attività per le quali è concesso l’utilizzo dell’immobile, evidenziando le caratteristiche del collegamento funzionale delle attività stesse rispetto alle attività e finalità istituzionali del comodante.

Per quanto riguarda, invece, la nozione di collegamento “strutturale” tra comodatario e comodante, individuata dalla norma in commento come ipotesi alternativa, si deve fare riferimento anche in questo caso alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in merito alle condizioni che possono consentire il mantenimento dell’esenzione IMU laddove si tratti di utilizzo del bene da parte del comodatario. Ed invero, secondo l’orientamento della Cassazione ciò è possibile, in particolare, quando “il comodatario sostanzialmente utilizzi il bene in attuazione dei compiti istituzionali dell’ente concedente, con il quale sussista uno stretto rapporto di strumentalità che potrebbe definirsi «compenetrante», ovverosia il caso «in cui l’immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente per lo svolgimento di un’attività meritevole prevista dalla norma agevolativa”. (Si vedano, tra le altre, Cass. 11 marzo 2020, n. 6795; Cass., 12 maggio 2021, n. 12539; Cass. 16 febbraio 2023, n. 4953).

Si consideri, al riguardo, l’ipotesi in cui un ente religioso civilmente riconosciuto conceda in comodato un immobile di sua proprietà a una fondazione, costituita ai sensi del codice civile dal medesimo ente religioso ai fini del miglior perseguimento delle proprie attività di assistenza e beneficenza.

Ricapitolando, quindi, affinché la norma di esenzione, di cui al citato comma 71, lett. a) dell’art. 1 della legge n. 213 del 2023, possa ritenersi applicabile è necessario che tra i due enti non commerciali sussista, tra gli altri requisiti, un rapporto di strumentalità o dal punto di vista funzionale o dal punto di vista strutturale.

2. Permanenza del vincolo di strumentalità alle destinazioni degli immobili per lo svolgimento delle attività meritevoli, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse [Art. 1, comma 71, lett. b) della legge n. 213 del 2023].

Passando, invece, all’esame della norma di interpretazione autentica di cui alla successiva lett. b), del comma 71, dell’art. 1 della legge n. 213 del 2023 – la quale, si ricorda, prevede che “gli immobili si intendono utilizzati quando sono strumentali alle destinazioni di cui all’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità” – occorre precisare che anche tale intervento si pone nel solco della giurisprudenza venutasi ad affermare, ad opera della Corte di Cassazione, sul tema della strumentalità dell’immobile all’esercizio delle attività considerate.

Ed invero, nella sentenza n. 27242 del 2022 è stato chiarito il principio secondo cui «[…] l’esenzione non spetta quando l’immobile perda il carattere di strumentalità all’esercizio delle attività considerate…» (cfr. Cass. n. 9948/2008) e che «il mancato utilizzo effettivo dell’immobile, per essere irrilevante ai fini del riconoscimento dell’esenzione, deve avere una «causa» che ne escluda il possibile significato che sia cessata la strumentalità del bene all’esercizio delle attività protette», così come, «pur essendo vero che la destinazione dell’immobile, per prevalere ai fini del riconoscimento dell’esenzione, non può essere una destinazione che resti concretamente inattuata, è altrettanto vero che non ogni mancato utilizzo sia capace di escludere il diritto al trattamento agevolato, ma solo quello che sia indizio di un mutamento della destinazione o della cessazione della strumentalità del bene» (cfr. Cass. n. 20516/2016, ma, nello stesso senso, anche Cass. n. 9100/2020)”. La Corte, in detta sentenza, a maggior fondamento della propria statuizione, riconosce infatti “l’irrilevanza del mero temporaneo inutilizzo del bene per ragioni più o meno transitorie, contando, invece, ai fini della perdita del beneficio, il venir meno del carattere strumentale dell’immobile rispetto alle attività cui era destinato”.

A sua volta nell’ordinanza n. 9444 del 2023, la Corte riconosce che “in tema di ICI l’esenzione dall’imposta prevista dal D.Lgs. 1992, art. 7 comma 1, lett. i) spetta anche ove il bene non sia stato utilizzato, purché ciò sia avvenuto, come accertato dal giudice di merito, per una causa che non abbia comportato la cessazione della sua strumentalità rispetto all’esercizio delle attività protette, non potendo rilevare, come elemento ostativo ai fini del riconoscimento del beneficio, un concetto quantitativo di utilizzo, del tutto estraneo alla previsione normativa (Cass. 12-10-2016 n. 20515)”.

In definitiva, la norma recepisce e sintetizza gli approdi cui è pervenuta la giurisprudenza sopra riportata e permette di affermare che, ai fini dell’applicazione dell’esenzione in parola, non tutti i mancati utilizzi degli immobili interessati determinano la perdita del beneficio fiscale, ma solo ed esclusivamente quelli che sono indice del mutamento della destinazione o della cessazione del rapporto di strumentalità rispetto all’utilizzazione del bene per lo svolgimento delle attività meritevoli cui gli stessi immobili sono stati destinati.

Pertanto, il mero inutilizzo del bene per ragioni più o meno temporanee – non predeterminabili astrattamente e, comunque, tali da non determinare “la cessazione definitiva della strumentalità” – non è automaticamente sintomatico del venir meno del carattere strumentale dell’immobile all’esercizio delle attività protette.

In altre parole, l’inutilizzo del bene non deve essere idoneo a far venire meno la persistenza del vincolo di strumentalità, il quale, una volta accertato, assicura la continuità del diritto all’esenzione dall’IMU.

Note:

(1) In questo contesto, è utile richiamare quanto illustrato nella citata Risoluzione n. 4/DF in cui il MEF – a seguito delle argomentazioni svolte per pervenire al corretto inquadramento del caso in questione – ha focalizzato l’attenzione sulla circostanza che l’ente che ha concesso gratuitamente l’immobile “non ritrae comunque alcun reddito da tale concessione gratuita e, nel caso in cui avesse utilizzato direttamente l’immobile per lo svolgimento di una delle attività meritevoli, avrebbe beneficiato dell’esenzione. […] la concessione in comodato, che è un contratto essenzialmente gratuito, non costituisce, chiaramente, una manifestazione di ricchezza e di capacità economica che avrebbe, al contrario, giustificato un concreto apporto contributivo alla spesa pubblica e, quindi, l’imposizione ai fini IMU”.

La Risoluzione in commento conclude affermando che “nella particolare ipotesi in cui l’immobile posseduto da un ente non commerciale venga concesso in comodato a un altro ente non commerciale per lo svolgimento di una delle attività meritevoli di cui al comma 1, lett. i), dell’art. 7 del D. Lgs. n. 504 del 1992, possa trovare applicazione l’esenzione in oggetto.

Ovviamente rientra in tale ipotesi anche quella più particolare in cui l’immobile è concesso in comodato ad un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente, per lo svolgimento di un’attività meritevole ai sensi del citato art. 7, comma 1, lett. i) del D. Lgs. n. 504 del 1992.”