AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 180 del 31 gennaio 2023
Imposta sostitutiva di cui all’articolo 176, comma 2-ter, del TUIR in caso di clausola di aggiustamento del prezzo per soggetti IAS adopter
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La Società X presenta l’istanza di interpello in oggetto per l’interpretazione dell’articolo 172, comma 10bis, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), e l’applicazione al caso di seguito rappresentato.
X è una società di intermediazione mobiliare (SIM) che redige i propri bilanci secondo i principi contabili internazionali IFRS/IAS e sulla base delle disposizioni emanate dalla Banca d’Italia.
In data 7 giugno 2019, la Società ha acquisito da Y una partecipazione di controllo del 52,1875% della società Z al prezzo di Euro 1.561.224,65. Il contratto prevedeva delle condizioni sospensive e l’acquisto è stato perfezionato in data 16 settembre 2019.
Nell’esercizio 2019 sono stati stanziati ulteriori Euro 73.902,61 per l’aggiustamento del prezzo, versati in due rate a gennaio e febbraio 2020.
In data 11 giugno 2019, la Società ha acquisito le residue partecipazioni di minoranza del 47,8125% di Z detenute da una pluralità di soggetti terzi al prezzo complessivo di Euro 1.620.000. Gli acquisti sono stati perfezionati, per il 47,5843% il giorno 3 febbraio 2020, e per lo 0,2282% il 26 febbraio 2020.
Gli accordi per l’acquisizione prevedevano la possibilità di corrispondere una integrazione di prezzo (c.d. earn out) al verificarsi di determinate condizioni.
Si osserva che mediante il modello dell’earn out, in fase precontrattuale, si possono compensare le diverse aspettative di prezzo e di acquisto, che si creano quando le due parti valutano in modo diverso la performance futura degli utili aziendali. Si tratta dunque di una rettifica pre-concordata del valore della società in funzione di determinati indicatori economico-patrimoniali che tengono conto delle modifiche che la situazione finanziaria e patrimoniale può subire rispetto a quella prospettata all’inizio della transazione: nel contratto viene inserita una clausola basata sul meccanismo di calcolo e adeguamento del prezzo tra la data di riferimento e la data di chiusura dell’operazione (closing), dalla quale generalmente consegue l’effetto traslativo e il relativo pagamento del prezzo.
Nel caso descritto, al momento di contabilizzazione dell’acquisizione, detta clausola non ha avuto una rilevanza contabile e la partecipazione in Z è stata iscritta al solo costo di acquisto immediato sopra evidenziato.
Il 27 aprile 2020, con effetto dall’11 maggio 2020, X ha incorporato Z; dall’operazione è emerso un disavanzo che è stato allocato per Euro 316.261,28 sul bene immateriale rappresentato dalla ”lista clienti complessa” proveniente dalla SIM incorporata.
Inoltre, in ottemperanza al principio contabile IFRS 3, ad incremento della voce di costo del bene immateriale sono state iscritte anche le imposte differite connesse al mancato riconoscimento fiscale del suddetto costo.
Al riguardo, l’istante afferma che L’IFRS 3 (§ 24), rimandando allo IAS 12, dispone (al § 66) che se i maggiori valori iscritti su beni diversi dall’avviamento non sono fiscalmente riconosciuti, in occasione dell’operazione straordinaria, devono essere contabilizzate, ad aumento del costo, le imposte differite passive.
L’istante descrive che, contrariamente alle previsioni e al termine dell’esercizio 2021, sono maturate le condizioni per il versamento di una quota aggiuntiva di prezzo ai venditori di Z, per un ammontare pari ad Euro 641.821,24.
In sede di redazione del bilancio 2021, il costo dell’earn out è stato capitalizzato e portato ad incremento del bene immateriale ”lista clienti”, maggiorato sempre dell’importo delle imposte differite.
Il valore evidenziato (in quanto emergente dal disavanzo di fusione) non è stato considerato come fiscalmente riconosciuto.
Inoltre, dichiara l’istante, in ottemperanza ai principi contabili internazionali, e, in particolare, a quello di prevalenza della sostanza sulla forma, gli ammortamenti civilistici sono stati computati sin dalla data dell’acquisizione della partecipazione e non da quella della fusione.
Sarebbe intenzione dell’istante procedere all’allineamento dei valori contabili e fiscali del suddetto bene immateriale usufruendo dell’opzione di cui all’articolo 172, comma 10bis del TUIR, previo versamento di imposta sostitutiva del 12%. A tal fine la Società ha già cautelativamente versato il primo acconto di detta imposta, come previsto dalle relative scadenze fiscali.
La Società chiede di confermare che il valore del bene immateriale ”lista clienti”, al netto delle quote di ammortamento applicate sino alla data del 31 dicembre 2021, possa essere oggetto di affrancamento fiscale mediante il versamento di imposta sostitutiva ai sensi dell’articolo 172, comma 10bis, del TUIR.
Come noto, questa norma estende anche alle fusioni la possibilità di affrancamento dei ”maggiori valori iscritti in bilancio” a seguito di operazioni straordinarie, altresì previsto per i conferimenti di azienda dall’articolo 176, comma 2ter.
Ai sensi di tale ultima disposizione, l’opzione può essere esercitata ”nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio nel corso del quale è stata posta in essere l’operazione o, al più tardi, in quella del periodo d’imposta successivo” e, ”I maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva si considerano riconosciuti ai fini dell’ammortamento a partire dal periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata l’opzione”.
Nel caso di specie la fusione è stata perfezionata nel corso del 2020 e l’opzione verrebbe esercitata nella dichiarazione relativa al successivo periodo di imposta 2021; sotto tale profilo non emergono dubbi interpretativi.
La peculiarità dell’operazione in esame consiste, tuttavia, nel fatto che il ”maggior valore iscritto in bilancio” del quale si richiede l’affrancamento non si è formato tutto contestualmente al perfezionamento della fusione (mediante allocazione del disavanzo); ciò, in quanto una parte del costo di acquisizione della partecipazione nella società incorporata è sorta successivamente alla fusione ed è stata quindi iscritta direttamente ad incremento del valore del bene immateriale ”lista clienti” appartenente alla società incorporata (senza dunque essere prima ”transitato” contabilmente per il costo della partecipazione poi annullata).
In sede di bilancio 2021 la Società non ha considerato il prezzo aggiuntivo corrisposto a titolo di earn out alla stregua di una sopravvenienza passiva (da portare direttamente a conto economico), bensì ha provveduto a ”capitalizzare” il suddetto costo portandolo ad incremento del valore del bene immateriale, equiparando, dunque, il suo trattamento a quello riservato al disavanzo di fusione, come se si fosse trattato di un costo corrisposto sin da subito in sede di acquisto della partecipazione.
Anche sotto il profilo dell’ammortamento, i maggiori valori corrispondenti all’earn out sono stati ammortizzati nel 2021 tenendo conto anche delle quote di ammortamento ”virtuali” corrispondenti ai precedenti periodi 2020 e 2019, anche qui come se si fosse trattato di un costo corrisposto in sede di acquisto della partecipazione e transitato sul bene immateriale sin dal momento di perfezionamento della fusione.
Relativamente, infine, ai maggiori valori iscritti sul bene immateriale per evidenziare gli oneri dell’imposizione differita (conseguenti al mancato riconoscimento fiscale del suo valore contabile), anche su questo punto il caso in esame presenta la peculiarità per cui non tutta la fiscalità differita è stata iscritta in sede di allocazione del disavanzo di fusione, ma quella relativa al maggior valore iscritto direttamente sul bene immateriale in forza dell’earn out è stata computata contestualmente a tale operazione in sede di bilancio 2021, e dunque dopo l’efficacia della fusione.
In conclusione, alla luce dei fatti descritti e delle ulteriori argomentazioni di seguito esposte, la Società chiede di confermare che il valore allocato sul bene immateriale ”lista clienti”, comprensivo dell’incremento di prezzo pagato a titolo di earnout nonché delle imposte differite sullo stesso allocate, possa beneficiare del regime di affrancamento mediante corresponsione di imposta sostitutiva di cui all’articolo 172, comma 10bis, del TUIR.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante afferma che l’Agenzia si è occupata del tema dell’earn out con le risoluzioni n. 154 del 2004 (in relazione alla cessione di un ramo d’azienda) e n. 184 del 2009 (in relazione alla cessione di una partecipazione). In occasione di tale ultima pronuncia l’amministrazione ha sostenuto che per l’acquirente le maggiori o minori somme corrisposte rispetto all’originario importo pattuito avevano l’effetto di aumentare o diminuire il costo fiscalmente rilevante della partecipazione acquisita.
Questa impostazione sarebbe stata peraltro recentemente ribadita nella risposta ad interpello n. 132 del 2022.
In assenza di precedenti specifici riguardanti il caso di earn out pagato dopo l’annullamento della partecipazione, secondo l’istante la scelta contabile adottata:
appare in linea con la ”sostanza economica” dell’operazione (se l’earn out fosse emerso prima della fusione avrebbe dato luogo ad un maggior disavanzo di annullamento, allocabile sul medesimo bene immateriale);
risulta condivisa con i revisori del bilancio;
appare altresì in linea con quanto proposto dalla dottrina.
Relativamente ai maggiori valori iscritti sul bene immateriale per evidenziare gli oneri dell’imposizione differita (conseguenti al mancato riconoscimento fiscale del suo valore contabile), l’Istante ritiene che la questione generale della loro ”affrancabilità” possa considerarsi già risolta dalla Risoluzione n. 50/E del 2010, che ha riconosciuto la possibilità di ”affrancare, ai sensi del comma 10bis del menzionato articolo 172, non solo la parte del maggior valore, attribuito in bilancio … derivante dall’imputazione del disavanzo da annullamento …, ma anche la parte residua imputata alle immobilizzazioni medesime in contropartita all’iscrizione nel passivo del fondo imposte differite”.
Benché detta Risoluzione sia riferita ad un soggetto che applicava i principi contabili nazionali, l’Istante ritiene che il ragionamento non debba mutare per un soggetto che ha adottato lo stesso comportamento in ottemperanza ai principi contabili internazionali.
Pertanto, l’Istante ritiene che la disposizione di cui all’articolo 172, comma 10bis, del TUIR sia applicabile all’intero valore del bene immateriale, come risultante dal bilancio 2021, e che la Società possa dunque affrancare l’importo netto residuo di Euro 1.040.364,45 mediante corresponsione dell’imposta sostitutiva del 12%.
Depongono ulteriormente a favore di tale conclusione, secondo l’istante, le seguenti considerazioni:
innanzitutto, la soluzione proposta risulta del tutto in sintonia con la norma, che fa riferimento a ”maggiori valori iscritti in bilancio a seguito di” fusioni; e non vi è dubbio che il valore qui in esame sia stato iscritto sul bene immateriale ”a seguito della fusione” di Z in X (altrimenti sarebbe confluito e sarebbe ancora allocato sul costo di acquisto della partecipazione);
se la fusione fosse stata attuata dopo la maturazione dell’earn out, quest’ultimo avrebbe incrementato il costo della partecipazione e dunque il disavanzo, e non vi sarebbero stati dubbi sulla affrancabilità dei valori iscritti sul bene immateriale a seguito di allocazione dello stesso: la mera circostanza temporale che ha visto l’earn out maturare dopo la fusione non giustificherebbe dunque un trattamento discriminatorio;
la Società ha ”sterilizzato” gli effetti della tardività dell’earn out sulla formazione del valore di bilancio, calcolando su detto valore come sopra illustrato ammortamenti civilistici di ammontare pari a quelli che sarebbero stati computati se l’intero costo della partecipazione (earn out incluso) fosse stato pagato e contabilizzato al momento dell’acquisto della stessa nel 2019.
L’Istante evidenzia che l’Amministrazione Finanziaria aveva già sostenuto un’interpretazione quanto possibile ”estensiva” dell’articolo 172, comma 10bis. Infatti, la Risoluzione n. 50/2010 citata ha espressamente richiamato ”l’intento del legislatore fiscale quale emerge dalla relazione al decreto di attuazione del regime in argomento (decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 25 luglio 2008) volto, in coerenza con altri interventi della legge finanziaria 2008, alla eliminazione, mediante opzione, dei disallineamenti tra i valori contabili e quelli fiscali, nell’ottica del rafforzamento, sotto il profilo dell’identità dei valori, del c.d. principio di derivazione e della conseguente semplificazione degli adempimenti”. La medesima relazione costituisce un importante precedente in merito alla possibilità di affrancare valori iscritti su beni pluriennali ”a seguito di fusioni”, anche se detti valori non risultavano ”incorporati” nel costo delle partecipazioni annullate (nella fattispecie, come visto, si trattava delle imposte differite ”aggiunte” per dare evidenza contabile al mancato riconoscimento fiscale dei valori in discussione). Anche nel caso di specie, dunque, la circostanza che l’earn out non fosse incluso nel costo della partecipazione annullata al momento della fusione non dovrebbe precludere il successivo ”affrancamento” dello stesso. Esistono, infine, a detta dell’istante, numerosi precedenti che hanno riconosciuto la ”lista clienti” come un asset immateriale il cui valore è fiscalmente affrancabile (o ”riallineabile”) in base alle leggi di rivalutazione speciali (cfr. Risposta n. 956/2021 e Risposta n. 112/2022); a maggior ragione tale asset dovrebbe ritenersi ”affrancabile” in forza della legislazione ordinaria qui in esame.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
In via preliminare, occorre evidenziare che la fattispecie descritta nell’interpello in esame postulerebbe una compiuta analisi dei complessi rapporti contrattuali intercorsi tra le parti, che esula dall’oggetto del presente interpello. Il presente parere viene, pertanto, reso sulla base dei fatti desumibili dall’istanza, assunti acriticamente nel presupposto della loro veridicità e compiutezza.
Si ricorda, inoltre, che esula dalla presente proposta ogni valutazione in merito alla correttezza delle qualificazioni, imputazioni temporali e classificazioni operate sulla base dei principi contabili adottati dalla Società, nonché dei valori fiscali indicati in istanza, per cui rimangono fermi i poteri di controllo dell’Amministrazione Finanziaria.
Con l’istanza in oggetto la Società chiede dei chiarimenti in merito al regime di imposta sostitutiva di cui all’articolo 176, comma 2ter, del TUIR secondo cui, in ipotesi di conferimento d’azienda, la società conferitaria può optare per l’applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP sui maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali ed immateriali, incluso l’avviamento, ottenendone, conseguentemente, il riconoscimento fiscale.
L’articolo 172, comma 10bis, del TUIR concede la medesima possibilità anche alla società incorporante o risultante dalla fusione, stabilendo che il regime dell’imposta sostitutiva di cui al comma 2ter dell’articolo 176 ”può essere applicato, con le modalità, le condizioni e i termini ivi stabiliti (…) per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio a seguito di tali operazioni”.
Tanto premesso, il caso prospettato ha ad oggetto l’operazione di acquisizione da parte dell’Istante della partecipazione totalitaria della società Z (avvenuta in più step nel corso dei periodi d’imposta 2019 e 2020), seguita dalla fusione per incorporazione di quest’ultima in X, con efficacia giuridica dall’11 maggio 2020.
Dall’operazione di fusione, secondo quanto rappresentato dall’Istante, è emerso un disavanzo da annullamento pari ad Euro 316.261,28, corrispondente al differenziale tra il prezzo e il valore contabile del patrimonio netto della società acquisita, imputato interamente sul bene immateriale rappresentato dalla ”lista clienti complessa”, ”ereditata” dalla SIM incorporata.
Gli accordi per l’acquisizione delle partecipazioni di minoranza di Z prevedevano una clausola di aggiustamento del prezzo al verificarsi di determinate condizioni. Tuttavia, la partecipazione in Z è stata iscritta al solo costo di acquisto immediato.
Fiscalmente, con riguardo ai soggetti OIC adopter, l’aggiustamento di prezzo dà luogo a componenti positivi (o negativi) di reddito assoggettabili alle stesse disposizioni che hanno regolato l’imposizione fiscale del corrispettivo originario che viene integrato (cfr. Risoluzione n. 184/E del 13 luglio 2009).
Ciò in quanto la revisione del prezzo prevista da clausole contrattuali non determina novazione del contratto originario di compravendita; ne consegue che la rettifica in aumento o diminuzione del corrispettivo non assume autonoma rilevanza fiscale ma rimane ancorata agli effetti derivanti dal pagamento del corrispettivo originario.
La Società, diversamente dalla fattispecie analizzata dal documento di prassi sopra citato, è un soggetto IAS adopter che, in ottemperanza al principio contabile IFRS 3, ha iscritto ad incremento della voce di costo del bene immateriale ”lista clienti complessa”, oltre l’adeguamento del corrispettivo previsto contrattualmente, anche le imposte differite connesse al mancato riconoscimento fiscale del suddetto costo.
Come rappresentato è intenzione di X corrispondere l’imposta sostitutiva, ex artt. 172, comma 10bis e 176, comma 2ter, del TUIR, ai fini dell’affrancamento e riconoscimento fiscale del maggiore valore attribuito al bene immateriale, comprensivo sia dell’incremento di prezzo pagato a titolo di earn out che delle imposte differite sullo stesso allocate.
Nel caso specifico, infatti, non è stato possibile rettificare il costo di acquisto della partecipazione in quanto, a seguito della fusione (avvenuta nel periodo d’imposta 2020), la partecipazione è stata sostituita dai beni che compongono il compendio aziendale dell’Incorporata e l’integrazione del corrispettivo è maturata nel periodo d’imposta successivo a quello di efficacia giuridica della fusione stessa.
La rettifica va, quindi, riferita al disavanzo da fusione: l’aumento di prezzo determina un maggior disavanzo e, nel caso specifico, un aumento del valore del bene immateriale su cui il disavanzo è stato già allocato. Poiché l’integrazione del corrispettivo deve seguire la ”sorte” fiscale del bene cui la stessa si riferisce, essendo la partecipazione stata annullata e sostituita dal bene immateriale ”lista clienti”, anche la successiva revisione di prezzo assume rilevanza fiscale mediante il pagamento dell’imposta sostitutiva.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concretezza. Inoltre, si ricorda che non è oggetto della presente risposta la liceità, ai sensi dell’articolo 10bis della legge n. 212 del 2000, delle operazioni societarie precedentemente illustrate.
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