AGENZIA delle ENTRATE – Circolare n. 4 /E del 23 febbraio 2024
Articolo 26 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136 – Imposta straordinaria calcolata sull’incremento del margine di interesse
SOMMARIO:
Premessa
1. Ambito soggettivo
2. Base imponibile
3. Quantificazione e versamento dell’imposta straordinaria
4. Costituzione della riserva non distribuibile di cui al comma 5-bis
5. Imposizione in caso di distribuzione della riserva
6. Casi particolari: banche in fase di start up
Premessa
L’articolo 26 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104 (di seguito, “decreto Asset”), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136, recante «Disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici», ha introdotto un’imposta straordinaria calcolata sull’incremento del margine d’interesse.
Per semplicità espositiva, nel prosieguo della presente circolare ogni riferimento all’articolo 26 e ogni generica indicazione di commi, priva di ulteriori specificazioni, è da intendersi all’articolo 26 del decreto Asset.
Come indicato nella relazione illustrativa al decreto Asset, tale imposta è stata introdotta “a seguito dell’andamento dell’economia e, in particolare, dei tassi di interesse che hanno sensibilmente inciso sul debito contratto dalle imprese e dalle famiglie”. Al riguardo, il comma 7 prevede che le maggiori entrate derivanti da tale imposta affluiscano a un apposito capitolo del bilancio dello Stato, per essere indirizzate al finanziamento del fondo di garanzia per la prima casa, al finanziamento del fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese e per interventi volti alla riduzione della pressione fiscale di famiglie e imprese.
Sulla base di tali premesse, il comma 1 istituisce, «in dipendenza dell’andamento dei tassi di interesse e del costo del credito», per l’anno 2023, un’imposta straordinaria a carico delle banche di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (di seguito, “T.U.B.”).
Tale imposta, ai sensi del comma 2, è determinata applicando un’aliquota pari al 40 per cento sull’ammontare del margine degli interessi ricompresi nella voce 30 del conto economico, redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia, relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine riferito all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.
Il comma 3 fissa un tetto massimo all’ammontare dell’imposta straordinaria pari allo 0,26 per cento dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio su base individuale, determinato ai sensi dei paragrafi 3 e 4 dell’articolo 92 del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 (Capital Requirements Regulation, di seguito “CRR”), con riferimento alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023.
In sede di conversione del decreto Asset, inoltre, è stato introdotto il comma 5-bis che consente alle banche, in luogo del versamento dell’imposta, di destinare, in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, un importo non inferiore a due volte e mezza l’imposta a una riserva non distribuibile a tal fine individuata.
Il comma 6-bis, infine, anch’esso introdotto in sede di conversione, stabilisce il divieto per le banche di traslare gli oneri derivanti dall’attuazione della disposizione sui costi dei servizi erogati nei confronti di imprese e clienti finali. Al riguardo, per l’osservanza del predetto divieto vigilerà l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, anche mediante accertamenti a campione, riferendo annualmente alle Camere con apposita relazione.
Ciò premesso, con la presente circolare, sentita la Banca d’Italia, si forniscono le istruzioni operative agli Uffici per garantirne l’uniformità di azione in relazione:
– all’ambito soggettivo di applicazione dell’imposta straordinaria;
– alla determinazione della base imponibile;
– alla soglia relativa all’ammontare massimo dell’imposta straordinaria;
– alle modalità e ai termini per il versamento dell’imposta;
– alle regole per la costituzione della riserva non distribuibile;
– alle modalità di determinazione della base imponibile dell’imposta per le imprese che iniziano l’attività nel corso degli esercizi interessati.
1. Ambito soggettivo
Il comma 1 (NOTA 1) individua l’ambito soggettivo di applicazione dell’imposta straordinaria; in particolare, tale imposta è istituita «a carico delle banche di cui all’articolo 1 del testo unico in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385».
L’articolo 1, comma 1, lettera b), del T.U.B. definisce “banca” l’impresa autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria.
Ai sensi dell’articolo 10, comma 1, del T.U.B., costituisce attività bancaria la raccolta di risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito.
Presupposto per l’esercizio dell’attività bancaria è l’ottenimento dell’autorizzazione da parte della competente autorità.
Il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria, con riferimento alle banche aventi sede in Italia, subordinato alla sussistenza di determinati requisiti (NOTA 2), come previsto dal comma 2 dell’articolo 14 del T.U.B., avviene da parte della Banca centrale europea, su proposta della Banca d’Italia. Le succursali di banche extracomunitarie sono autorizzate in Italia ai sensi del comma 4 dell’articolo 14 e del comma 4 dell’articolo 15 del T.U.B..
Le banche aventi sede in altri Stati dell’Unione Europea possono invece operare in Italia tramite succursali previa ricezione da parte della Banca d’Italia delle prescritte comunicazioni e l’iscrizione nell’albo di cui all’articolo 13 del T.U.B..
L’iscrizione all’albo di cui all’articolo 13 del T.U.B. attesta che il soggetto avente sede legale in Italia ovvero la succursale di una banca avente sede in uno Stato extracomunitario è autorizzato all’esercizio dell’attività bancaria e che, conseguentemente, è sottoposto alla normativa e ai controlli di vigilanza. Il comma 1 dell’articolo 13 del T.U.B. prevede, infatti, che, fermo restando quanto previsto dalle disposizioni del Meccanismo di vigilanza unico (MVU) in tema di pubblicazione dell’elenco dei soggetti vigilati, la Banca d’Italia iscrive in un apposito albo le banche italiane e le succursali in Italia di banche extracomunitarie.
Per quanto riguarda le succursali delle banche comunitarie stabilite nel territorio della Repubblica, l’iscrizione nell’albo di cui all’articolo 13 del T.U.B. attesta la ricezione da parte della Banca d’Italia della prescritta notifica da parte dell’autorità dello Stato di origine e la facoltà del soggetto di operare nel territorio della Repubblica nel rispetto delle regole a essa applicabili.
Rientrano, pertanto, nell’ambito soggettivo di applicazione della norma in commento le banche iscritte nell’albo di cui all’articolo 13 del T.U.B. (NOTA 3).
Sono ricomprese, dunque, nell’ambito soggettivo dell’imposta straordinaria sia le banche costituite in forma di società per azioni, sia le banche popolari e le banche di credito cooperativo, costituite nella forma di società cooperative per azioni a responsabilità limitata con scopo mutualistico.
Come si legge nella relazione illustrativa al decreto Asset, l’imposta straordinaria è dovuta dalle banche “anche se operanti tramite stabile organizzazione nel territorio dello Stato”. In altri termini, costituiscono soggetti passivi dell’imposta sia le banche residenti sia le stabili organizzazioni di banche non residenti autorizzate all’esercizio dell’attività bancaria.
2. Base imponibile
Il comma 2 prevede che l’imposta straordinaria «è determinata applicando un’aliquota pari al 40 per cento sull’ammontare del margine degli interessi ricompresi nella voce 30 del conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022».
L’imposta straordinaria in commento è stata istituita, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, per far fronte all’“andamento dell’economia e, in particolare, dei tassi di interesse che hanno sensibilmente inciso sul debito contratto dalle imprese e dalle famiglie”, prevedendo così che le entrate da essa derivanti siano destinate, tra l’altro, al “finanziamento del fondo mutui sulla prima casa e a interventi volti alla riduzione della pressione fiscale di famiglie e imprese”.
Alla luce del dato testuale, nonché della ratio desumibile dalla suddetta relazione, si ritiene, dunque, che, per determinare la base imponibile del tributo in commento, occorre considerare il margine d’interesse nella sua interezza, così come risultante dalla voce 30 del conto economico, senza apportare aggiustamenti o rettifiche.
Diversamente, qualora si fosse voluto escludere determinati componenti dalla base imponibile dell’imposta straordinaria in argomento, ciò sarebbe stato opportunamente disposto con norme di maggior dettaglio o quantomeno indicato nelle relazioni di accompagnamento.
In considerazione del riferimento normativo al «conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia», si ritiene che il margine d’interesse debba essere quello risultante dalla voce 30 del conto economico, redatto, secondo i corretti principi contabili, in conformità alle indicazioni della autorità di vigilanza contenute nella circolare della Banca d’Italia n. 262 del 22 dicembre 2005 (NOTA 4).
Come previsto dalla sopra citata circolare della Banca d’Italia n. 262 del 2005, il margine d’interesse di cui alla voce 30 del conto economico si ottiene dalla somma algebrica della voce 10 “Interessi attivi e proventi assimilati” e della voce 20 “Interessi passivi e oneri assimilati”.
La base imponibile, pertanto, risulta pari alla differenza, se positiva, tra la voce 30 del conto economico relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, il bilancio di riferimento è quello chiuso al 31 dicembre 2023) e la voce 30 del conto economico relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, il bilancio di riferimento è quello chiuso al 31 dicembre 2021) aumentata del 10 per cento. Su tale risultato si applica l’aliquota in misura pari al 40 per cento.
Alla luce di quanto sopra esposto, qualora l’incremento del margine d’interesse (voce 30) relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 rispetto a quello relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 sia inferiore al 10 per cento di quest’ultimo, non emerge alcuna base imponibile assoggettabile all’imposta straordinaria.
Si consideri, a titolo esemplificativo, una banca con esercizio coincidente con l’anno solare, che presenta:
– nel conto economico 2021, un margine d’interesse pari a euro 5.500.000;
– nel conto economico 2023, un margine d’interesse pari a euro 6.000.000.
In applicazione della norma in commento:
– il margine d’interesse 2021 aumentato del 10 per cento è pari a euro 6.050.000;
– poiché la differenza fra il margine d’interesse 2023 e l’importo di cui al punto precedente è negativa (euro 6.000.000 – euro 6.050.000), l’imposta non risulta dovuta.
Si consideri, di contro, una banca sempre con esercizio coincidente con l’anno solare, che presenta:
– nel conto economico 2021, un margine d’interesse pari a euro 5.500.000;
– nel conto economico 2023, un margine d’interesse pari a euro 8.000.000.
In applicazione della norma in commento:
– il margine d’interesse 2021 aumentato del 10 per cento è pari a euro 6.050.000;
– in questo caso, la differenza fra il margine d’interesse 2023 e l’importo di cui al punto precedente è positiva ed è pari a euro 1.950.000 (ossia euro 8.000.000 – euro 6.050.000);
– su tale differenza si applica l’aliquota, ottenendo l’imposta “teorica” pari a euro 780.000 (40 per cento di euro 1.950.000) (NOTA 5).
Si ritiene, inoltre, che, qualora il margine d’interesse (voce 30) relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 sia negativo, questo debba essere considerato pari a zero al fine di confrontarlo con il margine relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, per determinare la base imponibile.
Si consideri, a titolo esemplificativo, una banca con esercizio coincidente con l’anno solare, che presenta:
– nel conto economico 2021, un margine d’interesse negativo pari a (meno) euro 500.000;
– nel conto economico 2023, un margine d’interesse pari a euro 6.000.000.
In applicazione della norma in commento:
– il margine d’interesse 2021 è considerato pari a zero;
– in questo caso, la differenza fra il margine d’interesse 2023 e il margine d’interesse 2021, aumentato del 10 per cento (ossia zero), è pari a euro 6.000.000;
– su tale importo si applica l’aliquota, ottenendo l’imposta “teorica” pari a euro 2.400.000 (40 per cento di euro 6.000.000) (NOTA 6).
Va da sé che, qualora sia il margine d’interesse (voce 30) relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 sia quello relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 siano negativi, l’imposta non risulta dovuta.
Come chiarito in precedenza, il margine d’interesse da prendere in considerazione per la determinazione della base imponibile è quello risultante dalla voce 30 secondo lo schema di conto economico che tutte le banche italiane sono tenute a redigere, in conformità alla circolare della Banca d’Italia n. 262 del 2005 (NOTA 7).
Al riguardo, si evidenzia che le succursali italiane di banche costituite in Paesi extracomunitari, che non hanno stipulato accordi di reciprocità basati sulla verifica della condizione di conformità o di equivalenza dei bilanci delle banche medesime con la normativa contabile stabilita dalla direttiva n. 86/635/CE o dai principi contabili internazionali adottati in ambito europeo, sono tenute a pubblicare in Italia anche informazioni supplementari, in lingua italiana, riguardanti l’attività delle succursali stesse. Queste informazioni consistono nello stato patrimoniale, nel conto economico, nel prospetto della redditività complessiva, nel prospetto delle variazioni del patrimonio netto e nel rendiconto finanziario, redatti secondo gli schemi e i criteri indicati nella circolare della Banca d’Italia n. 262 del 2005 (NOTA 8).
Ne consegue che tutte le banche italiane e le succursali italiane di banche costituite in Paesi extracomunitari che non hanno stipulato accordi di reciprocità e che già redigono lo schema di conto economico in conformità alla circolare della Banca d’Italia n. 262 del 2005 non dovranno operare alcuna riclassificazione per individuare il margine d’interesse di cui alla voce 30.
Le succursali italiane di banche costituite in altri Paesi dell’Unione europea e le succursali italiane di banche costituite in Paesi extracomunitari che hanno stipulato accordi di reciprocità, invece, non sono tenute alla presentazione di un bilancio redatto secondo gli schemi e i criteri indicati nella circolare della Banca d’Italia n. 262 del 2005. Questi soggetti, infatti, pubblicano in Italia copia del bilancio d’esercizio e, ove redatto, del bilancio consolidato della propria casa madre; entrambi sono compilati e controllati secondo le modalità previste dalla legislazione del Paese in cui la casa madre ha sede e sono corredati delle relazioni di gestione e di controllo (NOTA 9).
Per tali soggetti, si rende, pertanto, necessario procedere alla predisposizione e riclassificazione del conto economico relativo alla stabile organizzazione sulla base dello schema previsto dalla citata circolare, con riferimento agli esercizi rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile dell’imposta straordinaria.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 152 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito, “TUIR”), il reddito delle stabili organizzazioni, ai fini delle imposte sui redditi, è determinato «sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili previsti per i soggetti residenti aventi le medesime caratteristiche, salva quella della emissione di strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati di qualsiasi Stato membro dell’Unione europea ovvero diffusi tra il pubblico di cui all’articolo 116 testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58». Il predetto rendiconto, qualora già conforme allo schema previsto dalla circolare della Banca d’Italia n. 262 del 2005, può essere utilizzato ai fini della determinazione della base imponibile dell’imposta straordinaria.
Gli schemi di conto economico riclassificati per gli esercizi d’interesse e la relativa documentazione dovranno essere conservati ed esibiti ai fini di un eventuale controllo da parte degli Uffici.
L’ultimo periodo del comma 2 prevede, infine, che resta «ferma l’applicazione dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212», in materia di disciplina dell’abuso del diritto. Sul punto, secondo la relazione tecnica alla legge di conversione, la “possibilità che i soggetti tenuti al versamento dell’imposta possano attivare prima della chiusura del periodo comportamenti idonei a ridurre l’imponibile sembra scongiurata dalla presenza, all’ultimo periodo del comma 2, della previsione secondo cui la determinazione non corretta della base imponibile può essere censurata sotto il profilo dell’abuso del diritto, ai sensi del comma 10-bis della legge 212 del 2000”.
3. Quantificazione e versamento dell’imposta straordinaria
Per consentire il corretto versamento dell’imposta straordinaria, l’importo determinato ai sensi del comma 2 deve essere raffrontato con un ultimo parametro.
Ai fini del calcolo dell’importo effettivamente dovuto, il comma 3 stabilisce, infatti, che l’«ammontare dell’imposta straordinaria, in ogni caso, non può essere superiore a una quota pari allo 0,26 per cento dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio su base individuale, determinato ai sensi dei paragrafi 3 e 4 dell’articolo 92 del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, con riferimento alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023».
Il comma 3 rimodula l’importo massimo dell’imposta straordinaria che il singolo istituto può versare, commisurandolo allo 0,26 per cento dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio su base individuale, con riferimento alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023.
Per effetto di tale previsione, per i soggetti residenti di cui al comma 1 aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare, l’imposta è dovuta per un ammontare pari al minor valore tra l’importo “teorico” dell’imposta – come determinato ai sensi del comma 2 – e lo 0,26 per cento dell’ammontare dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio (NOTA 10) su base individuale relativo all’esercizio chiuso il 31 dicembre 2022. Nel caso di soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare occorre, invece, fare riferimento al valore rilevato alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso alla data del 1° gennaio 2023.
Nel caso di stabili organizzazioni di soggetti non residenti, si ritiene che tale riscontro debba essere effettuato considerando lo 0,26 per cento dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio riferito agli elementi della medesima stabile organizzazione che soddisfano i criteri previsti dai commi 3 e 4 dell’articolo 92 del CRR, sempre con riferimento alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023.
Tenuto conto che non sussiste, in linea generale, un obbligo d’informativa – relativo all’importo complessivo dell’esposizione al rischio – esclusivamente su base individuale, i soggetti passivi dell’imposta straordinaria sono tenuti, in ogni caso, a fornire in dichiarazione (i.e. modello Redditi società di capitali 2024, anche per i soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare), la predetta informazione su base individuale; la relativa documentazione, sia contabile sia extracontabile, necessaria alla ricostruzione di tale parametro, dovrà essere conservata ai fini di eventuali controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria.
L’imposta straordinaria, determinata in base ai criteri previsti nei commi 2 e 3, secondo quanto stabilito dal primo periodo del comma 4, deve essere versata «entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024». In altri termini, l’imposta straordinaria deve essere versata entro il 30 giugno 2024 (1° luglio poiché il 30 giugno è un giorno festivo) per i soggetti il cui esercizio coincide con l’anno solare e la cui approvazione del bilancio avviene entro centoventi giorni (i.e. quattro mesi) dalla chiusura dell’esercizio, ai sensi dell’articolo 2364, comma 2 (NOTA 11), del codice civile.
Diversamente, il comma 4, al secondo periodo, prevede che i «soggetti che in base a disposizioni di legge approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio effettuano il versamento entro il mese successivo a quello di approvazione del bilancio» (NOTA 12). In tal caso, il termine per il versamento decorre non più dalla data di chiusura dell’esercizio sociale, bensì dalla data di approvazione del bilancio. Per effetto di tale previsione, i soggetti, il cui periodo d’imposta coincide con l’anno solare, qualora si avvalgano del maggior termine (pari a centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio) normativamente previsto per l’approvazione del bilancio, ai sensi dell’articolo 2364 del codice civile, devono effettuare il pagamento dell’imposta straordinaria, al massimo, entro il 31 luglio 2024. Pertanto, laddove l’approvazione del bilancio avvenga, ad esempio, nel corso del mese di maggio 2024, il termine ultimo per il versamento dell’imposta è il 30 giugno 2024 (1° luglio poiché il 30 giugno è un giorno festivo); nel caso, invece, in cui detta approvazione avvenga nel corso del mese di giugno 2024, il termine ultimo per il versamento è il 31 luglio 2024.
In deroga alle regole sopra esposte, l’ultimo periodo del comma 4 dispone che per «i soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare, se il termine di cui ai primi due periodi scade nell’anno 2023, il versamento è effettuato nell’anno 2024 e, comunque, entro il 31 gennaio».
Per effetto di tale previsione, per i soggetti il cui periodo d’imposta non coincide con l’anno solare e il cui termine per il versamento dell’imposta straordinaria di cui ai primi due periodi del comma 4 ricada nel 2023, il pagamento dell’imposta è effettuato nell’anno 2024, al massimo entro il 31 gennaio. Si supponga una banca che abbia chiuso l’esercizio sociale il 31 maggio 2023 e che abbia approvato il bilancio il 30 settembre 2023. In base alla regola generale di cui al primo periodo del comma 4, la stessa avrebbe dovuto effettuare il versamento entro il 30 novembre 2023. Per effetto dell’anzidetta deroga, il contribuente versa l’imposta straordinaria nell’anno 2024, entro il 31 gennaio.
Laddove per una banca con esercizio non coincidente con l’anno solare, il termine per il versamento dell’imposta straordinaria di cui ai primi due periodi del comma 4 ricada, invece, nell’anno 2024, il termine ultimo per il versamento dell’imposta seguirà, rispettivamente, le regole fissate dal primo periodo del comma 4, nel caso in cui il bilancio sia approvato entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale, e le regole fissate dal secondo periodo del medesimo comma 4, qualora il bilancio sia approvato oltre il termine di quattro mesi. Nel primo caso, l’imposta straordinaria deve essere versata entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell’esercizio sociale, mentre, nel secondo caso, entro il mese successivo a quello di approvazione del bilancio. Si supponga, ad esempio, una banca che abbia chiuso l’esercizio sociale il 31 agosto 2023 e che abbia approvato il bilancio il 31 dicembre 2023. In base alla regola generale di cui al primo periodo del comma 4, tale soggetto versa l’imposta straordinaria entro il 29 febbraio 2024 e non entro il 31 gennaio 2024, non applicandosi, in tal caso, la deroga di cui all’ultimo periodo del comma 4.
Considerato che l’articolo 26, comma 6, per la riscossione dell’imposta straordinaria rinvia alle disposizioni in materia di imposte sui redditi e che la medesima disposizione non esclude espressamente la possibilità di ricorrere alla compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, si ritiene che il versamento dell’imposta straordinaria possa essere effettuato anche mediante tale istituto.
Per consentire il versamento dell’imposta straordinaria, con la risoluzione del 24 gennaio 2024, n. 7/E, sono stati istituiti i codici tributo:
– “2717” denominato “Imposta straordinaria sull’incremento del margine di interesse – articolo 26, decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104”;
– “1947” denominato “Imposta straordinaria sull’incremento del margine di interesse – INTERESSI – articolo 26, decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104”;
– “8955” denominato “Imposta straordinaria sull’incremento del margine di interesse – SANZIONI – articolo 26, decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104”
e sono impartite le istruzioni per la compilazione del modello F24.
L’imposta straordinaria, come previsto dal comma 5, non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.
4. Costituzione della riserva non distribuibile di cui al comma 5-bis
Il comma 5-bis, al primo periodo, prevede che, in «luogo del versamento di cui al comma 4, le banche di cui al comma 1 possono destinare, in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, a una riserva non distribuibile a tal fine individuata un importo non inferiore a due volte e mezza l’imposta calcolata ai sensi del presente articolo».
In altri termini, in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, l’assemblea, in alternativa al versamento dell’imposta straordinaria, può deliberare la destinazione a una riserva non distribuibile (di seguito “riserva ex comma 5-bis”) di un importo di entità pari almeno a due volte e mezza l’imposta calcolata ai sensi del medesimo articolo 26.
L’importo che, pertanto, deve essere moltiplicato per 2,5 è il minore fra il 40 per cento della differenza dei margini d’interesse (risultante dall’applicazione del comma 2, così come chiarito al paragrafo 2) e lo 0,26 per cento dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio su base individuale (risultante dall’applicazione del comma 3, così come chiarito al paragrafo 3). A tal riguardo, deve fornirsi un’esplicita evidenza della costituzione della riserva ex comma 5-bis e delle relative movimentazioni nella nota integrativa al bilancio.
Le predette informazioni devono, altresì, essere indicate in un apposito prospetto nel modello Redditi società di capitali; ciò vale anche con riferimento alle stabili organizzazioni di banche non residenti.
Come accennato in premessa, la previsione circa la facoltà di costituire una riserva non distribuibile per un importo pari a due volte e mezza l’imposta straordinaria, in alternativa al versamento della medesima, è stata inserita in sede di conversione del decreto Asset. In tal modo, si è inteso fornire uno strumento utile a incidere positivamente sulla patrimonializzazione delle banche.
Deve ritenersi esclusa la possibilità di procedere al versamento parziale dell’imposta con contestuale costituzione della riserva ex comma 5-bis corrispondente alla quota parte d’imposta non pagata. Ciò si desume dalla lettera della disposizione, la quale concede l’alternativa in «luogo del versamento di cui al comma 4», che a sua volta prevede il versamento solamente in forma integrale.
Per ragioni di ordine sistematico e al fine di evitare disparità di trattamento tra i soggetti passivi dell’imposta straordinaria, si deve ammettere che i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, qualora abbiano già approvato il bilancio entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto Asset, possano avvalersi della facoltà di cui al comma 5-bis e, pertanto, non eseguire il versamento entro la data di scadenza stabilita con le regole sopra esposte, vincolando le riserve in sede di approvazione del primo bilancio d’esercizio successivo, sempre che il bilancio (precedente) già approvato presenti le riserve disponibili a tal fine.
Il secondo periodo del comma 5-bis stabilisce che la «riserva rispetta le condizioni previste dal regolamento (UE) n. 575/2013 per la sua computabilità tra gli elementi del capitale primario di classe 1». Al riguardo, quindi, per espressa previsione normativa, la suddetta riserva, oltre a essere soggetta a un vincolo di non distribuibilità ai fini dell’imposta straordinaria di cui all’articolo 26, dovrà anche rispettare le condizioni previste dal CRR per essere computata fra gli elementi del capitale primario di classe 1 (c.d. Common Equity Tier 1 – “CET1”), con particolare riferimento alle condizioni di cui all’articolo 26, paragrafo 1, ultimo periodo, del CRR, secondo cui gli elementi del capitale primario di classe 1, diversi dagli strumenti di capitale e dalle relative riserve sovraprezzo, sono riconosciuti nel capitale primario di classe 1 «soltanto se possono essere utilizzati senza restrizioni e senza indugi dall’ente per la copertura dei rischi o delle perdite nel momento in cui tali rischi o perdite si verificano».
Il terzo periodo del comma 5-bis prevede che in «caso di perdite di esercizio o di utili di esercizio di importo inferiore a quello del suddetto ammontare, la riserva è costituita o integrata anche utilizzando prioritariamente gli utili degli esercizi precedenti a partire da quelli più recenti e successivamente le altre riserve patrimoniali disponibili».
Le banche, pertanto, qualora nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 abbiano subito perdite, costituiscono la riserva utilizzando, prioritariamente, gli utili degli esercizi precedenti (se presenti) a partire da quelli accantonati negli esercizi più recenti e, successivamente, le altre riserve patrimoniali disponibili. Laddove, invece, abbiano conseguito utili di esercizio in misura inferiore a due volte e mezzo l’imposta straordinaria, come sopra definita, costituiscono la riserva utilizzando prioritariamente tali utili e integrando la stessa con le riserve disponibili (di utili e di capitale) secondo l’ordine e le modalità precedentemente illustrati.
Non risulta, inoltre, possibile porre un vincolo di destinazione a riserva ex comma 5-bis su utili futuri in alternativa al versamento dell’imposta.
Con particolare riferimento alle operazioni di fusione e scissione realizzate successivamente alla costituzione, da parte del soggetto dante causa, della riserva ex comma 5-bis, occorre evidenziare che la sospensione dell’obbligo di versamento dell’imposta straordinaria, per effetto della destinazione a riserva ex comma 5-bis dell’ammontare previsto, costituisce una posizione soggettiva fiscale, da ricondursi, in quanto tale, alle previsioni di cui, rispettivamente, all’articolo 172, comma 4, e all’articolo 173, comma 4, del TUIR.
Di conseguenza:
– in ipotesi di fusione la società incorporante/risultante dalla fusione subentra nel diritto alla sospensione del versamento e nel relativo obbligo strumentale di ricostituzione per intero della riserva ex comma 5-bis, precedentemente costituita dalla società incorporata/dalle società fuse; in caso di avanzo di fusione incapiente o di disavanzo (NOTA 13), la società incorporante dovrà utilizzare prioritariamente, a tal fine, riserve disponibili proprie (nell’ordine e secondo le modalità previste dal comma 5-bis) e, in subordine, apporre il vincolo di indistribuibilità, ai fini dell’imposta straordinaria di cui all’articolo 26, all’aumento di capitale a servizio della fusione o al capitale proprio. La società risultante dalla fusione (per unione), invece, dovrà apporre il predetto vincolo alla quota parte di capitale sociale di costituzione per un importo pari alla riserva ex comma 5-bis presente in una (o più) delle società fuse;
– in ipotesi di scissione, la posizione soggettiva fiscale (consistente nel diritto alla sospensione del versamento dell’imposta straordinaria) e il relativo obbligo strumentale (vale a dire, la ricostituzione della riserva ex comma 5-bis ai fini della sospensione del versamento dell’imposta medesima) sono attribuiti alla/e società beneficiaria/e e, in caso di scissione parziale, alla stessa società scissa, in proporzione alle rispettive quote di patrimonio netto contabile trasferite o rimaste. In altri termini, l’ammontare dell’imposta straordinaria virtualmente dovuta (il cui versamento è sospeso per effetto della costituzione della riserva non distribuibile) dovrà essere ripartito tra la società scissa e la/e società beneficiaria/e, ovvero, in caso di scissione totale, tra le società beneficiarie, in proporzione alle quote di patrimonio netto attribuite o rimaste a ciascuna di esse. Di conseguenza, la riserva ex comma 5-bis dovrà essere ricostituita in capo a ciascuna società beneficiaria e in capo alla società scissa medesima, in caso di scissione parziale, per un ammontare pari a due volte e mezza l’imposta straordinaria virtualmente attribuita o rimasta secondo le modalità innanzi illustrate.
In caso di avanzo di scissione incapiente o di disavanzo, la/e società beneficiaria/e preesistente/i dovrà/dovranno utilizzare prioritariamente, a tal fine, riserve disponibili proprie (nell’ordine e secondo le modalità previste dal comma 5-bis), e, in subordine, apporre il vincolo di indistribuibilità, ai fini dell’imposta straordinaria di cui all’articolo 26, all’aumento di capitale a servizio della scissione o al capitale proprio; la/e società beneficiaria/e di nuova costituzione dovrà/dovranno, invece, apporre il vincolo di indistribuibilità, ai fini dell’imposta straordinaria di cui all’articolo 26, alla quota parte di capitale sociale di costituzione, per un importo pari a due volte e mezza l’imposta straordinaria virtualmente attribuita per effetto della scissione medesima, come illustrato in precedenza;
– il mancato rispetto dei suddetti obblighi comporta la debenza dell’imposta straordinaria in caso di distribuzione di riserve di utili e/o di riserve di capitale o in caso di rimborso di capitale sociale da parte delle società partecipanti a una delle operazioni straordinarie di cui sopra.
Fermi restando i principi sopra affermati, non viene meno, al ricorrere dei relativi presupposti, la facoltà dell’Amministrazione finanziaria di contestare la natura abusiva, ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (recante lo Statuto dei diritti del contribuente), di operazioni di scissione, anche tra parti correlate, seguite dalla successiva distribuzione della riserva ex comma 5-bis da parte di una o di alcune delle società partecipanti alla scissione medesima in contrasto con il divieto di parziale distribuzione della riserva in parola.
Ai sensi del quarto periodo del comma 5-bis, si «considerano destinati alla riserva non distribuibile gli utili destinati a riserva legale ai sensi dell’articolo 37, comma 1, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385». Quest’ultimo prevede che le «banche di credito cooperativo devono destinare almeno il settanta per cento degli utili netti annuali a riserva legale». Con riguardo alle banche di credito cooperativo, la disposizione in commento introduce una presunzione legale per cui, con riferimento all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, la destinazione di utili a riserva legale, per il relativo ammontare, si considera anche costituzione o integrazione di riserva ex comma 5-bis, qualora, singolarmente considerata o in aggiunta ad altre riserve, raggiunga l’importo pari a due volte e mezza l’imposta straordinaria.
Al riguardo, si possono verificare le seguenti casistiche:
– accantonamento del 70 per cento di utili netti a riserva legale che copre interamente (o addirittura supera) l’ammontare della riserva ex comma 5-bis;
– accantonamento del 70 per cento di utili netti a riserva legale che non è sufficiente a coprire l’ammontare della riserva ex comma 5-bis, nel qual caso è possibile un’integrazione sulla base delle regole sopra illustrate.
Resta fermo che, in tal caso, per la riserva legale o la quota parte della stessa – che, in forza della citata presunzione legale, svolge la funzione di riserva ex comma 5-bis – valgono le considerazioni svolte con la presente circolare sulla ricostituzione di detta riserva e sull’apposizione del vincolo di indistribuibilità sul capitale sociale.
5. Imposizione in caso di distribuzione della riserva
L’ultimo periodo del comma 5-bis stabilisce che «qualora la riserva sia utilizzata per la distribuzione di utili, l’imposta di cui al presente articolo, maggiorata, a decorrere dalla scadenza del termine di versamento di cui al comma 4, di un importo pari, in ragione d’anno, al tasso di interesse sui depositi presso la Banca centrale europea, è versata entro trenta giorni dall’approvazione della relativa delibera».
La norma prevede, quindi, che l’imposta straordinaria (maggiorata degli interessi nella misura ivi stabilita) sia dovuta qualora la riserva costituita ai sensi del citato comma 5-bis sia, successivamente, distribuita ai soci.
Nondimeno, si ritiene che la sospensione dell’obbligo di versamento dell’imposta straordinaria venga meno (i.e. che l’imposta straordinaria sia dovuta) anche in tutte quelle ipotesi in cui si realizza, indirettamente (e di fatto), un’attribuzione della riserva ex comma 5-bis ai soci. A titolo esemplificativo e non esaustivo, rientrano in tale casistica le seguenti fattispecie:
– utilizzo della riserva ex comma 5-bis per aumenti gratuiti di capitale sociale e successivo rimborso del capitale stesso ai soci;
– “giroconto” della riserva ex comma 5-bis ad altra riserva disponibile, di utili e/o di capitale, non assoggettata al vincolo di indistribuibilità previsto dall’articolo 26 e successiva attribuzione della stessa ai soci.
Si ritiene, inoltre, che, in assenza di una specifica previsione in tal senso,anche a una distribuzione parziale della riserva – sia diretta sia indiretta – consegua la debenza dell’intera imposta straordinaria, maggiorata degli interessi nella misura prevista dalla norma.
Non è, pertanto, possibile che, a seguito di una distribuzione parziale della riserva ex comma 5-bis, l’imposta straordinaria sia versata in misura proporzionale all’ammontare della distribuzione stessa. Si consideri, a titolo esemplificativo, una banca per cui l’imposta straordinaria, risultante dall’applicazione dei commi 2 e 3, sia pari a euro 2.000.000 e la cui assemblea abbia deliberato di destinare euro 5.000.000 a riserva ex comma 5-bis. Qualora l’assemblea deliberi, successivamente, la sua distribuzione parziale, pari a euro 1.000.000, ciò determinerebbe la debenza dell’intera imposta straordinaria pari a euro 2.000.000 (maggiorata degli interessi previsti dalla norma).
Il secondo periodo del comma 5-bis, come precisato al paragrafo precedente, richiede che la riserva in commento rispetti le condizioni previste dal CRR per essere computata tra gli elementi del capitale primario di classe 1 (CET1).
Al riguardo, si evidenzia che, ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1, ultimo periodo, del CRR, gli elementi del capitale primario di classe 1, diversi dagli strumenti di capitale e dalle relative riserve sovraprezzo, sono riconosciuti nel capitale primario di classe 1 «soltanto se possono essere utilizzati senza restrizioni e senza indugi dall’ente per la copertura dei rischi o delle perdite nel momento in cui tali rischi o perdite si verificano».
Alla luce di quanto sopra evidenziato, si ritiene, pertanto, che l’utilizzo della riserva ex comma 5-bis per la copertura di eventuali perdite non comporti l’assoggettamento a imposta straordinaria. Ciò in quanto tra le finalità attribuite alla medesima riserva rientra, appunto, quella di assorbire eventuali perdite sofferte dall’ente creditizio.
Resta fermo che, in presenza di altre riserve disponibili, l’utilizzo della riserva ex comma 5-bis a copertura delle perdite comporta il trasferimento del vincolo di indistribuibilità, ai fini dell’imposta straordinaria di cui all’articolo 26, sulle altre riserve disponibili (di utili e/o di capitale) per un ammontare pari all’utilizzo della riserva ex comma 5-bis e comunque fino a capienza delle stesse.
L’eventuale distribuzione di riserve disponibili in violazione del predetto vincolo, pertanto, determina il venir meno della sospensione del versamento dell’imposta straordinaria.
Si ricorda, inoltre, che, fermi restando i principi sopra affermati, non viene meno, al ricorrere dei relativi presupposti, la facoltà dell’Amministrazione finanziaria di contestare la natura abusiva, ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000, di operazioni straordinarie, anche tra parti correlate, che determinano il venir meno della riserva ex comma 5-bis a fronte di fenomeni che comportino la sua sostanziale attribuzione ai soci in contrasto con la suddetta finalità di patrimonializzazione.
Si ricorda, altresì, che, ai sensi del comma 1 dell’articolo 47 del TUIR, si presumono prioritariamente distribuiti l’utile dell’esercizio e le riserve di utili per la quota di esse non accantonata in sospensione d’imposta. Al riguardo, nel caso in cui una banca abbia destinato a riserva ex comma 5-bis gli utili d’esercizio e tutte le riserve di utili di esercizi precedenti presenti in patrimonio netto, residuando unicamente capitale sociale e riserve di capitale, allorquando la medesima rimborsi quote di capitale sociale o comunque distribuisca riserve di capitale, tale presunzione è applicabile solo ai fini delle imposte sui redditi per la società e i soci; ai soli effetti della disciplina in commento, non si considera prioritariamente distribuita la riserva ex comma 5-bis (costituita, come detto, esclusivamente da utili di bilancio), cui corrisponderebbe l’assoggettamento all’imposta straordinaria di cui all’articolo 26.
La norma prevede che l’imposta straordinaria sia versata, unitamente agli interessi la cui modalità di calcolo è di seguito specificata, entro trenta giorni dalla data dell’approvazione della delibera di distribuzione degli utili destinati a riserva ex comma 5-bis. Analogamente, anche per le altre operazioni assimilabili, sulla base di quanto sopra precisato, alla distribuzione di utili, il termine di trenta giorni decorre dalla data di approvazione della relativa delibera.
Gli interessi si calcolano su base annuale a decorrere dal termine di scadenza del versamento dell’imposta straordinaria, stabilito al comma 4, così come declinato e specificato al paragrafo 3. Il tasso d’interesse sui depositi presso la Banca centrale europea da utilizzare per il calcolo è il tasso d’interesse sulle operazioni di deposito overnight (presso la stessa Banca centrale) (NOTA 14).
Il comma 6 stabilisce, infine, che ai «fini dell’accertamento, delle sanzioni e della riscossione dell’imposta straordinaria, nonché del contenzioso, si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi».
6. Casi particolari: banche in fase di start up
Nel presente paragrafo saranno trattati alcuni casi particolari riguardanti i soggetti passivi di nuova costituzione, che abbiano iniziato l’attività bancaria (NOTA 15) nel corso del triennio di osservazione previsto dall’articolo 26 (anni 2021-2023 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare) e che non siano aventi causa di operazioni straordinarie (quali, ad esempio, cessioni, conferimenti, fusioni, scissioni) aventi ad oggetto rami d’attività bancaria preesistenti.
A tal fine, si ricorda che l’imposta straordinaria “teorica” si determina applicando l’aliquota del 40 per cento sulla differenza, se positiva, tra il margine d’interesse del conto economico relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 e quello del conto economico relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022, aumentato del 10 per cento. Il minore tra l’anzidetto importo e quello derivante dall’applicazione dell’aliquota dello 0,26 per cento dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio su base individuale costituisce l’ammontare dell’imposta straordinaria dovuta, fatta salva la costituzione della riserva ex comma 5-bis.
Si ritiene che per i soggetti che abbiano iniziato l’attività durante l’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 (anno 2021 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare) il margine d’interesse da prendere in considerazione, al fine di confrontare dati omogenei, debba essere ragguagliato ad anno. Si consideri, a titolo esemplificativo, una banca che abbia iniziato l’attività in data 1° maggio 2021 e che abbia riportato, a fine anno, un margine d’interesse pari a euro 4.000.000. Tenuto conto che i giorni di esercizio dell’attività nel 2021 sono stati 245 (1° maggio 2021-31 dicembre 2021), l’importo ragguagliato si ottiene dividendo euro 4.000.000 per 245 e moltiplicando per 365.
Devono, invece, ritenersi esclusi dall’applicazione dell’imposta straordinaria i soggetti che abbiano iniziato l’attività durante l’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 (anno 2023 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare) o in quello ancora precedente (anno 2022 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare), attesa l’impossibilità di determinare il margine d’interesse relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 (anno 2021 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare).
In relazione alle banche che hanno iniziato l’attività durante l’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 (anno 2023 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare) non sussiste, inoltre, il termine di confronto rappresentato dall’importo complessivo dell’esposizione al rischio su base individuale, atteso che quest’ultimo è relativo alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 (anno 2022 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare).
Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.
—
– Note –
(1) L’articolo 26, comma 1, del decreto Asset stabilisce che in «dipendenza dell’andamento dei tassi di interesse e del costo del credito è istituita, per l’anno 2023, una imposta straordinaria, determinata ai sensi dei commi 2 e 3 del presente articolo, a carico delle banche di cui all’articolo 1 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385».
(2) Il comma 1 dell’articolo 14 del T.U.B. stabilisce che l’«autorizzazione all’attività bancaria è rilasciata quando ricorrano le seguenti condizioni:
a) sia adottata la forma di società per azioni o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata;
a-bis) la sede legale e la direzione generale siano situate nel territorio della Repubblica;
b) il capitale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato dalla Banca d’Italia;
c) venga presentato un programma concernente l’attività iniziale, unitamente all’atto costitutivo, allo statuto, all’indicazione, se del caso, della capogruppo, delle società di partecipazione finanziaria e delle società di partecipazione finanziaria mista appartenenti al gruppo, nonché alla descrizione dei dispositivi, dei processi e dei meccanismi relativi al governo societario, all’organizzazione amministrativa e contabile, ai controlli interni e ai sistemi di remunerazione e di incentivazione;
d) sussistano i presupposti per il rilascio dell’autorizzazione prevista dall’articolo 19 per i titolari delle partecipazioni ivi indicate ovvero, in assenza di questi ultimi, siano comunicati i nomi dei primi venti azionisti e le relative quote di capitale e di diritti di voto;
e) i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo siano idonei, ai sensi dell’articolo 26;
f) non sussistano, tra la banca o i soggetti del gruppo di appartenenza e altri soggetti, stretti legami che ostacolino l’effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza».
(3) Il comma 1 dell’articolo 13 del T.U.B. stabilisce che, fermo «restando quanto previsto dalle disposizioni del MVU in tema di pubblicazione dell’elenco dei soggetti vigilati, la Banca d’Italia iscrive in un apposito albo le banche italiane e le succursali in Italia di banche extracomunitarie, nonché le succursali delle banche comunitarie stabilite nel territorio della Repubblica».
(4) La circolare della Banca d’Italia n. 262 del 2005 può essere consultata al link Banca d’Italia – Circolare n. 262 del 22 dicembre 2005 (bancaditalia.it).
(5) Importo da confrontare con l’ammontare massimo previsto dal comma 3, così come illustrato nel successivo paragrafo 3.
(6) Importo da confrontare con l’ammontare massimo previsto dal comma 3, così come illustrato nel successivo paragrafo 3.
(7) Le disposizioni contenute nella circolare della Banca d’Italia n. 262 del 2005 sono emanate ai sensi dell’articolo 43 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 136. Il comma 1 del predetto articolo 43 prevede, infatti, che gli «intermediari si attengono alle disposizioni che la Banca d’Italia adotta relativamente alle forme tecniche, su base individuale e su base consolidata, dei bilanci e delle situazioni dei conti destinate al pubblico, nonché alle modalità e ai termini della pubblicazione delle situazioni dei conti».
(8) Cfr. circolare della Banca d’Italia n. 262 del 2005, paragrafo 4.2.1.
(9) Cfr. circolare della Banca d’Italia n. 262 del 2005, paragrafi 4.1.1 e 4.2.1.
(10) L’articolo 438 del CRR prevede, al riguardo, che, per «quanto riguarda la loro osservanza dell’articolo 92 del presente regolamento e dei requisiti di cui all’articolo 73 e all’articolo 104, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2013/36/UE, gli enti pubblicano le seguenti informazioni: […] d) l’importo totale dell’esposizione ponderato per il rischio e il corrispondente requisito totale di fondi propri determinati a norma dell’articolo 92, da ripartire per le diverse categorie di rischio di cui alla parte tre e, se del caso, la spiegazione dell’effetto che l’applicazione di soglie minime di capitale e la mancata deduzione di elementi dai fondi propri hanno sul calcolo dell’importo di fondi propri e dell’importo dell’esposizione ponderato per il rischio».
(11) L’articolo 2364 del codice civile prevede al secondo comma che l’«assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta l’anno, entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato ovvero quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all’oggetto della società; in questi casi gli amministratori segnalano nella relazione prevista dall’articolo 2428 le ragioni della dilazione».
(12) Per le stabili organizzazioni di soggetti non residenti in Italia si considera la data di chiusura dell’esercizio della casa madre.
(13) I principi enunciati nel presente paragrafo si ritengono applicabili anche alle operazioni di fusione e di scissione realizzate da soggetti IAS adopter che applicano l’acquisition method di cui all’IFRS 3, sebbene tali soggetti non contabilizzino avanzi e disavanzi.
(14) Si deve, pertanto, fare riferimento al “Tasso su deposito overnight” comunicato dalla Banca d’Italia. Tassi_ufficiali_operazioni_Eurosistema.pdf (bancaditalia.it).
(15) Per data d’inizio dell’attività bancaria deve intendersi la data d’iscrizione all’albo di cui all’articolo 13 del T.U.B., come indicato nel paragrafo 1 della presente circolare.
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