AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 27 maggio 2021, n. 377
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Articolo 1, commi da 491 a 500, legge 24 dicembre 2012, n. 228 – Imposta sulle transazioni finanziarie
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’istante chiede il parere in ordine alla possibile esclusione dall’applicazione dell’imposta sulle transazioni finanziarie (ITF o FTT) di un’operazione di conferimento di azioni da effettuarsi ai sensi dell’articolo 177, comma 2-bis, del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (nel seguito TUIR), sulla base di quanto disposto dall’articolo 15, comma 1, lettera h), del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 21 febbraio 2013, pubblicato in G.U. n. 50 del 28 febbraio 2013 (nel seguito anche Decreto o DM del 28 febbraio 2013).
Con l’articolo 1, commi da 491 a 500, della Legge 24 dicembre 2012, n. 228 è stata introdotta nel nostro ordinamento l’imposta sulle transazioni finanziarie (ITF o FTT). Tale imposta trova applicazione, con aliquota dello 0,2 per cento sul valore della transazione, ai trasferimenti della proprietà di azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi di cui al sesto comma dell’articolo 2436 del Codice Civile, emessi da società residenti nel territorio dello Stato italiano, ed al trasferimento dei titoli rappresentativi dei predetti strumenti, a prescindere dal luogo di residenza del soggetto che emette il certificato.
L’imposta, come sopra determinata, grava sul soggetto a favore del quale avviene il trasferimento, e trova applicazione a prescindere dalla residenza dei contraenti e dal luogo di conclusione della transazione.
La medesima norma primaria ha previsto alcune ipotesi di esclusione dall’applicazione dell’imposta in oggetto. Ai fini della presente istanza, si segnala in particolare che il comma 494, lettera d), del citato articolo 1, statuisce che l’imposta di cui ai commi 491 e 492 non si applichi “alle transazioni ed alle operazioni tra società fra le quali sussista il rapporto di controllo di cui all’articolo 2359, commi primo, n. 1) e 2), e secondo del codice civile, ovvero a seguito di operazioni di riorganizzazione aziendale effettuate alle condizioni indicate nel Decreto di cui al comma 500”.
Il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze emanato in data 21 febbraio 2013, come previsto dal comma 500 del già citato articolo 1, e pubblicato in G.U. n. 50 del 28 febbraio 2013, ha definito le modalità di attuazione della normativa sopra riportata, di cui alla L. 228/ 2012.
In particolare, l’articolo 15 del Decreto elenca le operazioni escluse dall’ambito di applicazione dell’imposta oggetto di trattazione, escludendo alle lettere g) e h) del citato articolo, tra le altre, le seguenti operazioni:
“g) Il trasferimento di proprietà degli strumenti di cui al comma 491 e le operazioni di cui al comma 492 poste in essere tra società fra le quali sussista un rapporto di controllo di cui all’articolo 2359, commi primo , n. 1) e 2 ), e secondo del codice civile o che sono controllate dalla stessa società;
h) Il trasferimento di proprietà degli strumenti di cui al comma 491 o il mutamento della titolarità dei contratti e dei valori mobiliari di cui al 492 derivanti da operazioni di ristrutturazione di cui all’articolo 4 della direttiva 2008/7/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, nonché le fusioni e scissioni di organismi di investimento collettivo del risparmio.”
L’articolo 4 della direttiva 2008/ 7/CE del Consiglio del 12 febbraio 2008, riportato nella lettera h), comma 1, dell’art. 15 del decreto definisce quali “operazioni di ristrutturazione”:
“a) il trasferimento da parte di una o più società di capitali della totalità dei loro patrimoni, o di uno o più rami della loro attività, a una o più società di capitali in via di costituzione o già esistenti, a condizione che il trasferimento sia remunerato perlomeno in parte mediante titoli rappresentativi del capitale della società acquirente;
b) L’acquisizione da parte di una società di capitali in via di costituzione o già esistente di quote sociali che rappresentano la maggioranza dei diritti di voto di un’altra società di capitali, a condizione che i conferimenti siano remunerati perlomeno in parte mediante titoli rappresentativi del capitale della precedente società. Se la maggioranza dei diritti di voto è raggiunta in seguito a due o più operazioni, solo l’operazione con la quale è raggiunta la maggioranza dei diritti di voto e le operazioni successive sono considerate operazioni di ristrutturazione. “L’Agenzia delle Entrate con Risoluzione n. 38/E del 29 marzo 2019, trattando il caso di una cessione di partecipazioni in una terza società a favore di una cessionaria di nuova costituzione partecipata dai medesimi soci della cedente e nelle medesime proporzioni (fattispecie formalmente non prevista tra quelle escluse dall’applicazione dell’imposta), ha espressamente affermato che è possibile individuare nelle norme sopra esposte (comma 494, lettera d) della L. n. 228 del 2012 e articolo 15, comma 1, lett. g) e lett. h) del DM del 28 febbraio 2013) una “comune ratio, ovvero evitare che il pagamento dell’imposta sulle transazioni finanziarie possa ostacolare le operazioni di riorganizzazione aziendale, dovendosi considerare tali non soltanto le operazioni (di fusione, scissione e conferimento) previste dal citato articolo 4 della direttiva, ma anche – più in generale – quelle operazioni che, pur determinando il trasferimento della proprietà della partecipazione, non modificano l'”appartenenza economica” della partecipazione al medesimo gruppo societario”.
Si è affermato inoltre che “al fine di escludere la natura riorganizzativa di un’operazione di cessione di partecipazione non è sufficiente che si verifichi il mutamento della titolarità giuridica della stessa, ma è, altresì, necessario – come si evince dalla lettera g) dell’articolo 15 del Decreto – che l’acquirente non sia controllato, direttamente e/o indirettamente, ex articolo 2359 del codice civile dalla società venditrice o che, comunque, società venditrice e società acquirente non siano sotto un controllo “comune” da parte di un’unica società controllante. Ne consegue che le operazioni di riorganizzazione, mentre tollerano un mutamento della titolarità giuridica della partecipazione, non ammettono che la partecipazione ceduta ”fuoriesca” dal perimetro del gruppo societario, come identificato per il tramite del rinvio operato dalla lettera g) dell’articolo 15 all’articolo 2359, commi primo, n. 1) e 2) e secondo del Codice Civile.”
Da quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nella citata Risoluzione, si evince che la natura riorganizzativa di un’operazione di trasferimento di partecipazioni non viene meno qualora, pur mutando la titolarità della partecipazione trasferita, l’effettivo controllo della stessa sia riconducibile, anche indirettamente, al medesimo soggetto trasferente o, comunque, alla compagine sociale comune del soggetto trasferente e del soggetto acquirente.
In tale ottica, si ammette la sussistenza della natura riorganizzativa e, per converso, l’assenza di qualsiasi intento speculativo, nelle operazioni di trasferimento di azioni a favore di società, esistente o neocostituita, controllata dal soggetto trasferente, e costituita con la sola finalità di modificare la veste giuridica del soggetto titolare delle partecipazioni, mancando un sostanziale trasferimento della proprietà della partecipazione oggetto di trasferimento.
Il Soggetto Istante risulta azionista della ALFA S.p.A. con sede in X (nel seguito anche Società). L’Istante, in particolare è proprietario di una partecipazione pari al 25% del capitale sociale, rappresentativo di un’eguale partecipazione ai diritti di voto in assemblea.
La Società, nel complesso, è attualmente partecipata da quattro soci persone fisiche, incluso il soggetto istante. Ciascun socio risulta titolare di una partecipazione pari al 25% del capitale sociale, attribuenti le medesime proporzioni dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea della società.
Il Soggetto istante, per esigenze connesse alla gestione del proprio patrimonio azionario, intende effettuare un’operazione di conferimento dell’intera partecipazione attualmente detenuta a favore di una società di nuova costituzione da lui interamente partecipata (nel seguito anche “BETA”), in regime di “realizzo controllato” ai sensi dell’articolo 177, comma 2-bis, del TUIR.
La nuova previsione del comma 2-bis del citato articolo 177 del TUIR, introdotto dall’articolo 11-bis, comma 1, del Decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con legge 28 giugno 2019, n. 58 (c.d. “Decreto Crescita”), ha esteso l’ambito applicativo del regime del “realizzo controllato” previsto dal comma 2 del medesimo articolo per i conferimenti di partecipazioni di controllo, anche ai conferimenti di partecipazioni “qualificate”, attraverso cui la conferitaria non acquisisce né incrementa il controllo della conferita.
Tale regime trova pertanto applicazione, al verificarsi delle seguenti condizioni:
– le partecipazioni conferite siano “qualificate”, ovvero rappresentino almeno una percentuale di diritti di voto in assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento, o una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, a seconda che si tratti rispettivamente di titoli negoziati in mercati regolamentati ovvero di altre partecipazioni;
– le partecipazioni siano conferite in società (esistenti o di nuova costituzione) interamente partecipate dal conferente.
Risultando sussistenti i requisiti sopra esposti, il soggetto istante intende fruire del regime statuito dal nuovo comma 2-bis dell’articolo 177.
Per effetto di tale operazione, sarà la BETA di nuova costituzione, interamente partecipata dal soggetto Istante, che deterrà la titolarità della partecipazione oggetto di conferimento. In tal senso, la ALFA S.p.A. permarrà partecipata da quattro soci, ciascuno titolare di un’eguale partecipazione pari al 25%: tre soci persone fisiche, rimasti invariati, e la società BETA, in forma di società di capitali, a sua volta interamente partecipata dal soggetto istante (ex socio della ALFA S.p.A.).
Dall’esame della normativa descritta al precedente a paragrafo 1.1.1, risulterebbe che, trattandosi di conferimento di un pacchetto azionario che non consente alla conferitaria di acquisire il controllo della conferita, alla operazione descritta dovrebbe astrattamente applicarsi la FTT. Tuttavia tale letterale interpretazione non appare soddisfacente anche alla luce della prassi di codesta agenzia e della ratio legis.
Si chiede, pertanto, il parere in ordine alla possibile esclusione dall’applicazione dell’imposta sulle transazioni finanziarie (ITF o FTT) della descritta operazione di conferimento di azioni da effettuarsi ai sensi dell’articolo 177, comma 2-bis, del TUIR sulla base di quanto disposto dall’articolo 15, comma 1, lettera h), del DM del 28 febbraio 2013.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante ritiene che la prospettata operazione possa essere qualificata quale operazione meramente riorganizzativa e non traslativa, non sussistendo alcun sostanziale trasferimento della proprietà del pacchetto azionario oggetto di conferimento e che, pertanto, sotto il profilo fiscale, l’operazione in oggetto sia esclusa dall’applicazione dell’imposta sulle transazioni finanziarie.
A parere dell’Istante il trasferimento della partecipazione “qualificata” nella BETA di nuova costituzione, interamente partecipata dal soggetto conferente (i.e. soggetto Istante), comporta una modifica della formale veste giuridica, ma non anche dell’identità sostanziale, del “soggetto” titolare della partecipazione oggetto di conferimento.
A seguito dell’operazione, infatti, essendo il veicolo societario di nuova costituzione interamente partecipato dal conferente, la partecipazione conferita sarà sempre, seppur indirettamente, riconducibile al medesimo soggetto conferente. A conferma della natura riorganizzativa dell’operazione, si rappresenta che le regole di governance e il peso di ciascun socio nelle decisioni assembleari all’interno della Società partecipata oggetto di conferimento non risulterebbero alterati, dal momento che l’effettiva titolarità delle azioni non risulteranno mutate.
Inoltre, a parere dell’istante, non dovrebbe ritenersi di ostacolo alla qualificazione dell’operazione quale meramente riorganizzativa, il fatto che l’oggetto del conferimento sia una partecipazione “qualificata”, che non consente alla conferitaria di acquisire né di incrementare il controllo nella conferita.
Nel caso di specie la ricorrenza della natura riorganizzativa dell’operazione è desumibile dal fatto che (in applicazione del regime di “realizzo controllato” di cui al comma 2-bis dell’articolo 177 del TUIR) il conferente sarà unico socio della conferitaria e che la stessa Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 483 del 19 ottobre 2020, ha chiaramente riconosciuto la ratio riorganizzativa delle operazioni previste dal comma 2-bis dell’articolo 177 del TUIR, affermando che l’obiettivo del legislatore è quello di “favorire operazioni di riorganizzazione o ricambio generazionale in fattispecie che resterebbero altrimenti escluse per la insufficiente misura della partecipazione detenuta, purché ciò avvenga attraverso la creazione di una holding unipersonale riconducibile al singolo conferente”.
Sulla base di quanto sopra e della chiara interpretazione estensiva contenuta nella Risoluzione 38/E del 2019 l’istante ritiene che l’applicazione della FTT alla fattispecie in esame risulterebbe in chiaro contrasto con la comune ratio delle norme sopra esposte e con l’obiettivo dello stesso legislatore tributario di non ostacolare le operazioni riorganizzative.
L’Istante ritiene pertanto corretto escludere l’operazione in esame dall’applicazione dell’imposta sulle transazioni finanziarie, stante:
– la natura meramente riorganizzativa dell’operazione,
– l’assenza di qualsiasi intento speculativo nel trasferimento delle partecipazioni,
– il pieno rispetto della ratio riscontrabile nelle disposizioni dell’articolo 15, comma 1, lettera g) e lettera h) del DM del 28 febbraio 2013.
Parere dell’agenzia delle entrate
Con l’articolo 1, commi da 491 a 500, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), è stata introdotta nel nostro ordinamento l’imposta sulle transazioni finanziarie (FTT).
In particolare, ai sensi dell’articolo 1, comma 491, della citata legge, la FTT si applica, con l’aliquota dello 0,2 per cento sul valore della transazione, ai trasferimenti della proprietà di azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi di cui al sesto comma dell’articolo 2346 del Codice Civile, emessi da società residenti nel territorio dello Stato italiano, ed al trasferimento dei titoli rappresentativi dei predetti strumenti, a prescindere dal luogo di residenza del soggetto che emette il certificato.
L’imposta è dovuta dal soggetto a favore del quale avviene il trasferimento e trova applicazione a prescindere dalla residenza dei contraenti e dal luogo di conclusione della transazione.
Con riferimento alla fattispecie in esame, occorre richiamare il successivo comma 494, nella parte in cui prevede che “L’imposta di cui ai commi 491 e 492 non si applica (…) lettera d) alle transazioni ed alle operazioni tra società fra le quali sussista il rapporto di controllo di cui all’articolo 2359, commi primo, n. 1) e 2), e secondo del codice civile, ovvero a seguito di operazioni di riorganizzazione aziendale effettuate alle condizioni indicate nel decreto di cui al comma 500”.
Le modalità di attuazione delle norme previste dall’articolo 1, commi da 491 a 500, della legge di stabilità 2013, sono state definite con il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (di seguito, “Decreto”) emanato il 21 febbraio 2013, pubblicato nella G.U. n. 50 del 28 febbraio 2013.
L’articolo 15, primo comma, lettera h) prevede – quale ulteriore causa di esclusione – che l’imposta de qua non si applichi, tra l’altro, al “trasferimento di proprietà degli strumenti di cui al comma 491 (…) derivanti da operazioni di ristrutturazione di cui all’articolo 4 della direttiva 2008/7/CE del Consiglio del 12 febbraio 2008, nonché le fusioni e scissioni di organismi di investimento collettivo del risparmio”.
In particolare, le operazioni di ristrutturazione individuate dall’articolo 4, comma 1, della richiamata Direttiva riguardano:
“a) il trasferimento da parte di una o più società di capitali della totalità dei loro patrimoni, o di uno o più rami della loro attività, a una o più società di capitali in via di costituzione o già esistenti, a condizione che il trasferimento sia remunerato perlomeno in parte mediante titoli rappresentativi del capitale della società acquirente;
b) l’acquisizione da parte di una società di capitali in via di costituzione o già esistente di quote sociali che rappresentano la maggioranza dei diritti di voto di un’altra società di capitali, a condizione che i conferimenti siano remunerati perlomeno in parte mediante titoli rappresentativi del capitale della precedente società. Se la maggioranza dei diritti di voto è raggiunta in seguito a due o più operazioni, solo l’operazione con la quale è raggiunta la maggioranza dei diritti di voto e le operazioni successive sono considerate operazioni di ristrutturazione.”.
Per rispondere al quesito in esame occorre, quindi, verificare se l’operazione di conferimento ivi descritta rientra nel campo di applicazione del citato articolo 4, comma 1, lett. b) della Direttiva e, di conseguenza, nel campo di applicazione dell’art. 15, primo comma, lettera h) del Decreto.
Al riguardo, occorre rilevare che tale disposizione prevede, tra l’altro, che le quote sociali conferite debbano rappresentare “la maggioranza dei diritti di voto di un’altra società di capitali”.
L’oggetto dell’operazione di conferimento, quindi, deve essere un insieme di quote o azioni che consentano alla società avente causa di acquisire (o integrare) il controllo sulla società. Ciò a prescindere dalla qualifica soggettiva del soggetto dante causa.
Tale requisito legislativo, in effetti, non risulta soddisfatto nella fattispecie in esame in cui la società conferitaria acquisisce “solo” il 25% del capitale sociale della ALFA S.p.A.. Si tratta, infatti, di una quota di partecipazione che non consente di far conseguire alla conferitaria “la maggioranza dei diritti di voto di un’altra società di capitali” così come richiesto dalla citata lettera b) dell’articolo 4, comma 1, della Direttiva.
Per le suesposte motivazioni, si ritiene, pertanto, diversamente da quanto sostenuto dal contribuente, che l’operazione di conferimento descritta, non rientrando nell’ambito applicativo del citato art. 15, primo comma, lettera h), debba scontare l’ordinaria imposizione del tributo in esame.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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