CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 16488 depositata il 13 giugno 2024

Tributi – Avviso di accertamento – IRPEF – Maggior reddito – Rideterminazione del reddito complessivo del contribuente – Metodo sintetico – Redditometro – Onere del contribuente di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore – Non sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi – Rigetto

Rilevato che

1. In data 8 gennaio 2014 L.P. riceveva notifica di un avviso di accertamento ai fini IRPEF, n. (…), relativo all’anno d’imposta 2008.

L’Agenzia delle Entrate – direzione provinciale di L’Aquila – rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del contribuente ex art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rettificando il reddito dichiarato pari a Euro 0 e accertando un maggior reddito di Euro 51.726,98 per l’anno 2008; la rettifica originava dal riscontro, operato dall’Ufficio, della disponibilità del contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: possesso di due autovetture e uno scooter.

2. Avverso l’avviso di accertamento il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di L’Aquila; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.

3. La C.t.p., con sentenza n. 827/04/2014, rigettava il ricorso del contribuente, condannandolo al pagamento delle spese di lite.

4. Contro tale decisione proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. dell’Abruzzo; si costituiva anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.

5. Con sentenza n. 207/04/2016, depositata in data 24 febbraio 2016, la C.t.r. adita rigettava il gravame del contribuente, confermando la sentenza impugnata.

6. Avverso la sentenza della C.t.r. dell’Abruzzo, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L’Agenzia delle Entrate non ha notificato e depositato controricorso, ma ha prodotto mera nota di costituzione al dichiarato solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica.

La causa è stata trattata nella camera di consiglio dell’8 maggio 2024 per la quale il contribuente ha depositato memoria.

Considerato che

1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: “Violazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 600/1973 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) – Violazione dell’art. 2729 cod. civ.: necessità dello scostamento per due annualità: non sussiste – Inapplicabilità della presunzione (art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, cod. proc. civ.)” il contribuente lamenta l’error in iudicando, l’error in procedendo e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha tenuto conto che l’accertamento in contestazione risultava motivato sulla base dello scostamento reddituale, tra dichiarato e presunto, di oltre un quarto per i due anni consecutivi 2007 e 2008, laddove è dato – e le decisioni di merito ne danno entrambe atto – che quantomeno in relazione all’anno 2007 non vi era alcuno scostamento in ragione dei redditi diversi da vendita immobiliare percepiti dal contribuente, pari a Euro 400.000,00.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: “Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) – Contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) – Violazione dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.” il contribuente lamenta l’error in procedendo e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., nel tentativo di dare conto compiutamente della situazione patrimoniale e reddituale del contribuente, nega rilevanza al possesso, da parte dello stesso, di redditi diversi derivati da vendita immobiliare del 2007 e pari a Euro 400.000,00.

1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: “Violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.) – Violazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 116, secondo comma, cod. proc. civ. e dell’art. 88 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.” il contribuente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha statuito che il reddito diverso del 2007 non fosse riconducibile all’anno 2008 in quanto poteva esser stato utilizzato dal contribuente per altro investimento finanziario, nonostante l’ufficio non avesse né dedotto ciò, né prodotto risultanze dell’anagrafe tributaria in questo senso.

2. Preliminarmente, va dato atto che non può darsi ingresso alla richiesta di prendere atto della dichiarazione, depositata in data 24/03/2021, di adesione alla definizione agevolata in quanto, per come espressamente dichiarato dal contribuente nella memoria depositata in data 18/04/2024, ad essa non si è dato seguito. Quindi va disaminato il ricorso.

3. Il primo motivo è inammissibile.

3.1. La doglianza, invero, propone un motivo coacervato ossia senza possibilità, nel corpo del discorso, di distinguerli, denunciando sostanzialmente vari vizi, anche in contrasto logico tra loro (omesso esame, errore valutazione prove, omessa pronuncia su eccezione, difetto di motivazione), che danno luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793) o a pretesi vizi processuali. Si tratta quindi di censure non ontologicamente distinte dallo stesso ricorrente e quindi non autonomamente individuabili, senza un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione del mezzo d’impugnazione da parte di questa Corte.

3.2. Peraltro, la parte che, in sede di ricorso per cassazione, lamenti vizi di motivazione della sentenza impugnata, ha l’onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sé tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti ed alle risultanze processuali” (cfr., ex plurimis, Cass. n. 1166/2012).

4. Il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione afferendo entrambi alla prova del possesso di redditi diversi, sono infondati.

4.1. In tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811).

Il sistema del “redditometro” collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il D.L. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le “spese per incrementi patrimoniali”, cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente.

Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.

Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la Legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335).

Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604 (ndr Cass. 29/10/2012, n. 18604); Cass. 24/10/2005, n. 20588).

Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente “sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere”; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi.

Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 28/12/2022, 37985; Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).

4.2. Nella fattispecie in esame, nella sentenza impugnata, non si rinviene né una motivazione parvente né tanto meno una omessa valutazione di un fatto decisivo perché la C.t.r., con una argomentazione di cui rende palese l’iter logico-giuridico, afferma che contrariamente a quanto sostenuto dal contribuente, il riferimento ai due o più periodi di imposta, contenuto nel quarto comma dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, si riferisce alla durata della non congruità del reddito dichiarato rispetto a quello ricostruito sulla base degli elementi indicativi di capacità contributiva considerati dalla norma e non già alla non giustificabilità del discostamento con il possesso di redditi diversi. Inoltre, la circostanza che il contribuente avesse potuto giustificare il discostamento del suo reddito con riferimento ad uno (il 2007) dei due anni cui l’accertamento si riferiva non rendeva illegittimo l’operato dell’ufficio in considerazione del fatto che un discostamento del genere aveva comunque riguardato entrambi gli anni di cui si discuteva, esattamente come previsto dalla norma ai fini dell’ammissibilità dell’accertamento sintetico.

4.3. Ancora, con una motivazione nella quale sono esposti esaustivamente gli elementi in fatto e in diritto poste a fondamento della decisione nonché evidenziate le prove ritenute idonee a confortarla, la C.t.r. ha chiarito che la prova documentale fornita – e consistente nella produzione di documentazione bancaria relativa solo al primo (2007) dei due anni oggetto di accertamento – ha confermato la disponibilità da parte sua nel predetto anno di un cospicuo reddito risultante da una vendita immobiliare ma non ha consentito di stabilire se tale disponibilità si fosse protratta anche nel 2008; né il contribuente ha prodotto documentazione bancaria relativa all’anno 2008, conseguentemente risultando obliterata la prova della durata del possesso del reddito esente prova che invece è necessaria alla luce dei principi illustrati sub 4.1. al fine di consentire di riferire la maggiore capacità contributiva accertata con il medico sintetico proprio a tale ulteriore reddito.

Infine, sebbene l’anno di imposta oggetto del procedimento in questione sia il 2008, in realtà l’accertamento copriva anche l’anno d’imposta precedente, ossia il 2007, per cui la C.t.r. ha fatto buon governo dei principi illustrati sub 4.1. in tema di onere della prova gravante sul contribuente riguardo all’accertamento sintetico per superare la presunzione legale relativa; invero, con specifico riferimento alla mancata prova da parte del contribuente della durata del possesso delle somme ricavate dalla vendita immobiliare, diversamente da quanto dedotto dal contribuente, la prova offerta non copre neppure l’intero anno 2007, essendo incontroverso che la documentazione bancaria prodotta si fermi al settembre 2007.

5. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese essendo l’Agenzia delle Entrate non avendo svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13, se dovuto.