La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 29157 depositata il 12 npvembre 2024, intervenendo in tema di responsabilità civile del committente in caso di infortuni dei dipendenti dell’impresa appaltatrice, ha ribadito il principio secondo cui si riconosce la responsabilità del committente sul presupposto dell’obbligo, a carico del committente-datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori ad altre imprese, di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, nonché di cooperare nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata, nell’ambito dell’intero ciclo produttivo (Cass. 24 giugno 2020, n. 12465).”

La vicenda ha riguardato gli eredi di un dipendente di una s.p.a., deceduto per mesotelioma pleurico causato dall’esposizione all’amianto sul luogo di lavoro, che avevano presentato la domanda di risarcimento del danno biologico e morale. Il Tribunale adito nell’accertare il fatto, aveva condannato al risarcimento la sola impresa appaltatrice, rigettando la domanda risarcitoria verso il committente, poiché non era stata fornita la prova dell’ingerenza dell’appaltante nella organizzazione del lavoro della suddetta. Gli Eredi impugnano la decisione di primo grado. La Corte di appello conferma la sentenza impugnata. Gli eredi avverso la sentenza di appello presentavano ricorso per cassazione fondato su un unico motivo.

I giudici di legittimità accoglievano il ricorso; cassavano la sentenza e rinviavano alla Corte di appello.

Gli Ermellini evidenziano che “la giurisprudenza di questa corte (Cass. n. 5419/19; Cass. n. 798/17) che ha chiarito come il committente abbia un debito di sicurezza sia verso i propri dipendenti sia verso i dipendenti degli appaltatori, principio tanto più valido quando si discute di violazione delle norme sull’igiene del lavoro nello stabilimento del committente.

I giudici di piazza Cavour affermano che sussiste l’obbligo del committente, che mantenga la disponibilità dell’ambiente di lavoro, di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell’impresa appaltatrice, consistenti nel fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori sulle situazioni di rischio, nel predisporre quanto necessario a garantire la sicurezza degli impianti e nel cooperare con l’appaltatrice nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata (Cass. 25 febbraio 2019, n. 5419, con richiamo di precedenti conformi in motivazione, tra i quali: Cass. n. 19494 del 2009; Cass. n. 21694 del 2011; Cass. n. 798 del 2017).”

Inoltre, per il Supremo consesso, i suesposti principi trovano fondamento nel principio generale secondo cui in tema di infortuni sul lavoro, quando un danno di cui si chiede il risarcimento è determinato da più soggetti, ciascuno dei quali con la propria condotta contribuisce alla produzione dell’evento dannoso, si configura una responsabilità solidale ai sensi dell’art. 1294 cod. civ. fra tutti costoro, qualunque sia il titolo per il quale ciascuno di essi è chiamato a rispondere, dal momento che, sia in tema di responsabilità contrattuale che extracontrattuale, se un unico evento dannoso è ricollegabile eziologicamente a più persone, è sufficiente, ai fini della responsabilità solidale, che tutte le singole azioni od omissioni abbiano concorso in modo efficiente a produrlo, alla luce dei principi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di più cause efficienti nella produzione dei danni (patrimoniali e non) da risarcire (Cass. n. 8372 del 2014)” (Cass. 18 ottobre 2019, n. 26614, p.to 9.1 in motivazione).”