La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 30788 del 2 dicembre 2024, intervenendo in tema di recupero contributivo, ha ribadito il principio secondo cui “in tema di sgravi ma esprimendo un principio di ordine generale, ha avuto modo di precisare, in tema di rilevanza ed effetti del documento di regolarità contributiva (DURC), che la circostanza che l’INPS non abbia provveduto a segnalare eventuali irregolarità ostative al rilascio del DURC non determina in alcun modo l’inesigibilità delle differenze contributive rispetto agli sgravi, non potendo rovesciarsi sull’ente previdenziale gli effetti dell’inosservanza degli obblighi inerenti la regolarità contributiva, che sono in primis del datore di lavoro, …(così Cass. n. 27107 del 2018, cui ha dato continuità Cass. n. 24854 del 2022; Cass. 15-12-2022, n. 36846; Cass. n. 21378/2023)”
La vicenda ha riguardato una cooperativa a cui l’INPS notificava, a seguito di verbale ispettivo, un avviso di addebito per violazioni degli obblighi contributivi. La cooperativa propone opposizione giudiziale all’avviso di addebito. Il Tribunale adito rilevva la decadenza della Cooperativa dai benefici di cui all’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 essendo risultate a suo carico violazioni degli obblighi contributivi accertate con il verbale ispettivo. La cooperativa impugnava la sentenza di primo grado. La Corte di appello riformava la sentenza impugnata annullando l’avviso. L’INPS proponeva, avverso la decisione dei giudici di secondo grado ricorso per cassazione fondato su un unico motivo.
I giudici di legittimità accoglievano il ricorso, cassavano la sentenza impugnata.
Per gli Ermellini la circostanza della mancata segnalazione di irregolarità ostative al rilascio del DURC regolare non comporta alcuna inesigibilità di eventuali differenze contributive.
Per il Supremo consesso “è costante l’orientamento secondo cui, nascendo (ed essendo conformato) il rapporto di obbligazione contributiva direttamente dalla legge, per modo che gli atti ed i procedimenti amministrativi posti in essere dagli enti previdenziali in ordine alla sua gestione possiedono natura meramente ricognitiva, le iniziative degli enti medesimi che siano dirette alla riscossione di contributi che, con precedenti determinazioni, gli stessi enti avevano ritenuto non dovuti non sono propriamente riconducibili alla figura dell’autotutela, quale espressione del potere autoritativo dell’amministrazione di provvedere in merito ad atti precedentemente emanati, e non sono pertanto assoggettabili alle relative garanzie formali e sostanziali (così già Cass. n. 256 del 2001); si è recentemente precisato che tale principio non può soffrire deroghe nemmeno in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 10, che tutela l’affidamento del contribuente, trattandosi di principio che va contemperato con l’inderogabilità delle norme tributarie, l’indisponibilità dell’obbligazione contributiva, la vincolatività della funzione di imposizione e l’irrinunciabilità del diritto ai contributi, con conseguente impossibilità di attribuire effetti vincolanti per sé e per il giudice ordinario alle determinazioni dell’ente concernenti la sussistenza e la misura dell’obbligazione contributiva, sotto pena di riconoscere agli enti previdenziali un potere normativo che sarebbe in palese conflitto con il principio costituzionale della riserva relativa di legge di cui all’art. 23 Cost. » (così Cass. n. 36846/2022, che richiama n. 16865 del 2020).”