La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 1880 depositata il 27 gennaio 2025, intervenendo in tema di sanzioni disciplinari e sospensione cautelare, ha ribadito il principio, in tema di sospensione cautelare, secondo cui La pendenza del procedimento penale per gli stessi fatti contestati in sede disciplinare costituisce elemento costitutivo del diritto riconosciuto al datore di lavoro e non una mera condizione di efficacia, con la conseguenza che l’esercizio del potere in difetto dei necessari presupposti richiesti dalla fonte contrattuale dà luogo ad un’invalidità dell’atto, non già alla sola temporanea inefficacia dello stesso (cfr., Cass., n. 20798 del 2018).”

Per i giudici di legittimità ” Le norme che regolano il potere dell’Amministrazione di procedere cautelarmente alla sospensione del dipendente vanno infatti interpretate restrittivamente: ed in caso di mancanza di uno degli elementi costitutivi del diritto riconosciuto al datore di lavoro, l’esercizio del potere in difetto dei necessari presupposti richiesti  dalla fonte contrattuale da luogo ad un’invalidità dell’atto (cfr. Cass., n. 20708/2018).

Si può, inoltre, ricordare che questa Corte è stata più volte chiamata a pronunciare sulla natura della sospensione cautelare (si v., ex aliis, Cass. n. 10137/2018, n. 20708/2018, n. 7657/2019) e, in linea con principi affermati dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale, ha evidenziato che la sospensione, in quanto misura cautelare e interinale, “ha ìl carattere della provvisorietà e della rivedibilità, nel senso che solo al termine e secondo l’esito del procedimento  disciplinare si potrà  stabilire se la sospensione preventiva applicata resti  giustificata e debba sfociare nella destituzione o nella retrocessione, ovvero debba venire caducata a tutti gli effetti” ( Corte Cast. 6. 2. 1973 n. 168).

Si è sottolineato in relazione alla sospensione facoltativa che la stessa è solo finalizzata a impedire che, in pendenza di procedimento penale, la permanenza in servizio del dipendente inquisito possa pregiudicare l’immagine e il prestigio dell’amministrazione di appartenenza, la quale, quindi, è tenuta a valutare se nel caso concreto la gravità delle condotte per le quali si procede giustifichi l’immediato allontanamento dell’impiegato. Ove l’amministrazione, valutati i contrapposti interessi in gioco, opti per la sospensione, in difetto di una diversa espressa previsione di legge o di contratto, opera il principio generale secondo cui “quando la mancata prestazione dipenda dall’iniziativa del datore di lavoro grava su quest’ultimo soggetto l’alea conseguente all’accertamento della ragione che ha giustificato I.a sospensione” (Corte Cast. n. 168/1973). La verifica dell’effettiva sussistenza di ragioni idonee a giustificare l’immediato allontanamento è indissolubilmente legata all’esito del procedimento disciplinare, perché solo qualora quest’ultimo si. concluda validamente con una sanzione di carattere espulsivo potrà dirsi giustificata la scelta del datore di lavoro di sospendere. il rapporto, in attesa dell’accertamento della responsabilità penale e disciplinare. 

Istituto del whistleblowing 

Nella sentenza in commento il Supremo consesso ha ribadito il principio secondo cui L’istituto risponde ad una duplice ratio, consistente da un lato nel delineare un particolare status giuslavoristico in favore del soggetto che segnala illeciti e, dall’altro, nel favorire l’emersione dall’interno delle organizzazioni pubbliche, di fatti illeciti, promuovendo forme più  incisive di contrasto alla corruzione. Il dipendente virtuoso non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misure discriminatorie, dirette o indirette, aventi effetti sulle condizioni di lavoro, per motivi collegati alla segnalazione effettuata, che deve avere ad oggetto una condotta illecita, non necessariamente penalmente rilevante (Cass., n. 17715 del 2024).

L’istituto  del  cd.  whistleblowing  non  è  utilizzabile  per  scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori. Questo tipo di conflitti infatti sono disciplinati da altre normative e da altre procedure

Per i giudici di piazza Cavour non si è in presenza di una segnalazione ex art. 54-bis, d.lgs. 165 del 2001, scriminante, allorquando il segnalante agisca per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti  di superiori  (in  tal  senso  vi e  anche  giurisprudenza amministrativa: v. da ultimo Consiglio di Stato sez. II, 17/07/2023, n. 7002; T.A.R. Roma, Lazio, sez, I, 07/01/2023, n. 236; T.A.R. Napoli, Campania, sez. VI, 06/02/2020, n. 580: “L’istituto del whistleblowing non è utilizzabile per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori. Questo tipo di conflitti infatti sono disciplinati da altre norme e da altre procedure. Le circolari emanate in materia hanno, inoltre, chiarito che le segnalazioni non possono riguardare lamentele di carattere personale del segnalante o richieste che attengono alla disciplina del rapporto di lavoro o ai rapporti con superiori gerarchici o colleghi, disciplinate da altre procedure“).”