La Corte di Cassazione, ezione lavoro, con la sentenza n. 26401 depositata il 26 novembre 2013 intervenendo in tema di risarcimento morale ha affermato che grava sul datore di lavoro l’onere, ex d.lgs. 626/1994, di adottare tutte le misure idonee a mettere l’ambiente di lavoro in sicurezza, al fine di un corretto espletamento dell’attività lavorativa. Allo stesso fine, il datore di lavoro, deve redigere delle linee guida che i lavoratori sono tenuti a rispettare. Ovvio che a seconda della tipologia dell’attività lavorativa si avranno rischi e cautele diverse.
La vicenda ha riguardato un dipendete che aveva subito un infortunio sul lavoro e che, successivamente alla condanna penale del datore di lavoro, aveva proposto al Tribunale competente, domanda per il risarcimento del danno morale subito. Il Tribunale, nella veste di giudice del lavoro, accoglieva la domanda del dipendente. Avverso tale pronuncia il datore di lavoro proponeva ricorso alla Corte di Appello i cui giudici confermava la decisione del giudice di prime cure.
La società datrice di lavoro per la cassazione della sentenza dei giudici di appello propone ricorso, fondato su due motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini rigettano il ricorso della società. Nelle motivazioni della sentenza in commento, i giudici di legittimità hanno esaminato anche il tema dei rapporti tra procedimento civile e penale ed hanno confermato come il secondo sia idoneo a produrre effetti diretti nel primo. Il nesso eziologico intercorrente tra l’addebitata inosservanza di legge ed il sinistro occorso, provato sul piano penale (e contenuto nella sentenza di condanna passata in giudicato) è idoneo a far insorgere correlato obbligo di risarcimento del danno su quello civile.
Non si tratterebbe dunque di una vera e propria efficacia extrapenale del provvedimento passato in giudicato, quanto più un effetto processuale limitato al solo piano probatorio. “Il giudice del gravame ha tratto elementi di giudizio dalla richiesta di emissione di decreto penale di condanna e dal relativo provvedimento che costituiscono comunque documenti sui quali il giudice può fondare il convincimento, sia pure non vincolanti, al pari delle sentenze pronunciate in altri giudizi o fra parti diverse che hanno, comunque, il valore non della cosa giudicata ma di documenti dai quali attingere elementi di giudizio, sia pure non vincolanti”.
Per cui risulta a carico del datore di lavoro l’onere di provare che il comportamento del lavoratore – caduto da un’altezza di cinque metri da una scala a mano, in violazione delle norme sulla sicurezza – è stato abnorme ed imprevedibile, circostanza sicuramente che, nel caso di specie, non si è verificata.
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