INPS – Messaggio 06 aprile 2020, n. 1504
Ulteriori precisazioni su accertamento nuclei non veritieri e sull’oscuramento della DSU – rilascio apposita funzionalità in banca dati ISEE
Con messaggio Hermes n. 2644 in data 11 luglio 2019 sono state fornite prime indicazioni alle Strutture INPS in tema di Reddito e Pensione di cittadinanza, con particolare riferimento alle attività di verifica delle dichiarazioni di responsabilità presenti in domanda.
In dettaglio, al paragrafo 2, del suddetto messaggio si evidenzia come, a fronte delle domande di Rdc/Pdc presentate e delle casistiche esaminate dalle Sedi, siano pervenute, sin dai primi mesi di erogazione della prestazione, numerose segnalazioni relative alla composizione del nucleo familiare ovvero alla presenza di più dichiarazioni per lo stesso nucleo, presentate tramite CAF ovvero con Pin del cittadino, in pari data o in date successive.
Il fenomeno relativo alla composizione del nucleo familiare ISEE, nell’ambito delle istruttorie che sono state, di volta in volta, condotte dalle Sedi, è stato quasi sempre oggetto di preliminare verifica con i Comuni competenti, volta ad accertare la composizione effettiva del nucleo familiare dichiarato dall’interessato ai sensi degli articoli 46 e 47 del DPR n. 445/2001.
A tal riguardo, si ricorda – peraltro – che il nucleo familiare del richiedente è costituito dai componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione della Dichiarazione sostitutiva unica (DSU), fatte, tuttavia, salve le regole precipue per la composizione dei nuclei valide ai soli fini ISEE e dettate proprio dall’articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159, per effetto delle quali i nuclei non sono sempre corrispondenti a quelli risultanti dallo stato di famiglia (es. genitore non coniugato e non convivente, soggetti in convivenza anagrafica, nucleo cd. “ristretto”, Isee cd. “università”, ecc.).
A valle degli accertamenti svolti dalle Sedi si è ravvisata l’opportunità di un monitoraggio del fenomeno da parte dalla Direzione centrale, anche nella prospettiva di una eventuale implementazione dei controlli previsti e descritti dal citato Dpcm (per i conseguenti effetti e provvedimenti dell’Istituto), con correlato coinvolgimento dei CAF cui sono state indirizzate le opportune richieste di chiarimento in relazione ai dati contenuti nella DSU.
In proposito occorre, peraltro, evidenziare che, ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione stipulata con i Centri di assistenza fiscale, è previsto che “Successivamente al rilascio dell’attestazione, il CAF, in nome e per conto dell’utente, potrà formulare all’INPS richiesta di mero oscuramento della DSU, la quale non sarà cancellata dal sistema informativo dell’ISEE, ma resa non visibile”.
La richiesta di oscuramento formulata dall’utente (corredata dalla apposita documentazione di supporto: ovvero mandato al Caf sottoscritto dal dichiarante, copia di un valido documento di identità del dichiarante, dichiarazione sottoscritta dal dichiarante di non aver utilizzato la DSU al fine di ottenere una prestazione agevolata), comporta che la DSU non è più accessibile da parte dell’ente erogatore laddove questi consulti la banca dati ISEE.
Tuttavia, ciò non scongiura del tutto il rischio di erogazione di una prestazione indebita da parte degli enti erogatori di cui decreto del Presidente del consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, atteso che il richiedente la prestazione stessa può anche produrre – agli enti medesimi – l’attestazione in modalità “cartacea”.
In merito ai dati presenti nella DSU, va ricordato che l’articolo 7, comma 1, del predetto decreto legge stabilisce che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni”. Al comma 2, la stessa norma prevede che “L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio (…) è punita con la reclusione da uno a tre anni”.
A sua volta, l’art. 7, comma 4, prevede che “quando l’amministrazione erogante accerta la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni e delle informazioni poste a fondamento dell’istanza ovvero l’omessa successiva comunicazione di qualsiasi intervenuta variazione del reddito, del patrimonio e della composizione del nucleo familiare dell’istante, la stessa amministrazione dispone l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva. A seguito della revoca, il beneficiario e’ tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito”.
Sempre in tale prospettiva, lo stesso predetto articolo 7 del d. l. citato, al successivo comma 14, prevede che nei casi di dichiarazioni mendaci, ivi incluse quelle relative ad ISEE e di conseguente accertato illegittimo godimento della prestazione, siano gli stessi Comuni, l’INPS, l’Agenzia delle entrate, l’Ispettorato nazionale del Lavoro (l’INL) – preposti ai controlli e alle verifiche in materia – a trasmettere, entro dieci giorni dall’accertamento, alla competente autorità giudiziaria la documentazione completa del fascicolo oggetto della verifica.
Ancora, la disposizione di cui all’articolo 7, comma 15, d. l. n. 4/2019 citato prevede, altresì, che “I comuni sono responsabili, secondo modalità definite nell’accordo di cui all’articolo 5, comma 4, delle verifiche e dei controlli anagrafici, attraverso l’incrocio delle informazioni dichiarate ai fini ISEE con quelle disponibili presso gli Uffici anagrafici e quelle raccolte dai servizi sociali e ogni altra informazione utile per individuare omissioni nelle dichiarazioni o dichiarazioni mendaci al fine del riconoscimento del Rdc”.
In sostanza, il sistema sanzionatorio approntato dal legislatore, per evitare che si usufruisca del reddito di cittadinanza pur non avendone i requisiti, sembra chiaramente finalizzato a prevenire e reprimere fenomeni che scaturiscono dalle omissioni o false dichiarazioni, pur non prevedendo che la DSU mendace possa essere oscurata “d’ufficio”, fa salve, evidentemente, anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11, commi 3 e ss. (“… l’Inps determina l’Isee sulla base delle componenti autodichiarate dal dichiarante, degli elementi acquisiti dall’Agenzia delle entrate e di quelli presenti nei propri archivi amministrativi …”), le risultanze di un eventuale accertamento sulla stessa DSU, effettuato dagli organi competenti, in sede di verifica della prestazione ovvero innanzi al giudice nelle fattispecie più gravi qualificate come reato.
A conferma di un siffatto quadro interpretativo, l’art. 11, comma 5, del DPCM n. 159/2013 prevede che nel caso di rilevate omissioni o difformità «il soggetto richiedente la prestazione può comunque richiedere la prestazione mediante l’attestazione relativa alla dichiarazione presentata recante le omissioni o le difformità […] fatto salvo il diritto degli enti erogatori di richiedere idonea documentazione atta a dimostrare la completezza e la veridicità dei dati indicati nella dichiarazione».
Per completezza di esposizione, in ordine alle attività di controllo, è opportuno rammentare che l’articolo 6, comma 6, del d. l. n. 4/2019, garantisce alla Guardia di Finanza, titolare delle ordinarie funzioni di polizia economico – finanziaria, esercitate ai sensi del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, l’accesso al sistema informativo unitario dei servizi sociali (SIUSS) ex articolo 24, del d.lgs. n. 147/2017, di cui fa parte anche il sistema informativo dell’ISEE (ex articolo 11 del Dpcm n. 159/2013).
Per quanto sopra, nel confermare il contenuto del messaggio Hermes citato in premessa, sentita anche l’Avvocatura dell’Istituto, si ritiene opportuno precisare che le Strutture INPS che abbiano verificato od a cui sia stato segnalato – da parte dei sopra indicati enti ed organi preposti ai controlli in materia – la falsità della composizione del nucleo autodichiarato ai sensi dell’articolo 3 del DPCM n. 159/2013, devono attivarsi con gli strumenti giuridici attualmente previsti (revoca/decadenza) in seno alla disciplina delle prestazioni associate ad ISEE, nel contempo provvedendo ad interessare, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., la Procura della Repubblica, per le valutazioni di competenza.
Inoltre, pur restando esclusa la possibilità di un oscuramento d’ufficio della DSU, in ragione della esigenza di assicurare la effettiva funzionalità dei controlli previsti in materia (come anche indicati al punto 12 della circolare INPS 18 dicembre 2014, n. 171), nonché di garantire efficacia e efficienza all’azione della pubblica amministrazione e, segnatamente, la legittimità delle prestazioni dalla stessa erogate, le Sedi, in caso di discordanza tra quanto dichiarato dal cittadino e quanto rilevato negli archivi comunali riguardo alla composizione del nucleo familiare, devono segnalare la discordanza accertata.
Tale segnalazione può essere effettuata dall’operatore di sede nel portale intranet “ISEE 2015 – Intranet per le sedi” tramite la funzionalità:
Segnalazioni discordanze nucleo familiare accessibile dal menù Servizi
Nella pagina la sede confermerà la discordanza impostando la seguente segnalazione tramite la seguente dicitura: “Si segnala, per i controlli di competenza degli enti erogatori, che da un controllo sulla DSU, sono emerse possibili discordanze riguardo la composizione del nucleo familiare”.
Il menù Servizi del portale ISEE Intranet sarà disponibile solo al nuovo profilo autorizzativo Operatore di Sede Avanzato del sistema IDM entro il 20 aprile p.v..
Le predette indicazioni dovranno essere osservate anche con riferimento alle DSU già segnalate alla competente Area manageriale ai sensi del par. 2 del precitato messaggio n. 2644/2019, ove risultino ancora visibili nella banca dati ISEE.
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