INPS – Messaggio 12 aprile 2017, n. 1618
Funzioni di polizia giudiziaria del personale ispettivo dell’Istituto – Prime indicazioni operative
Direzione Centrale Entrate e Recupero Crediti
Coordinamento Generale Legale
L’art. 1, comma 2, Decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 149, istitutivo dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, stabilisce che “Al fine di assicurare omogeneità operative di tutto il personale che svolge vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria, nonché legislazione sociale, ai funzionari ispettivi dell’INPS e dell’INAIL sono attribuiti i poteri già assegnati al personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ivi compresa la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria secondo quanto previsto dall’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 e alle medesime condizioni di legge”.
Come noto, ai sensi dell’art. 22, comma 4, D.P.C.M. 23 febbraio 2016, recante “Disposizioni per l’organizzazione delle risorse umane e strumentali, per il funzionamento dell’Agenzia unica per le ispezioni del lavoro”, l’acquisizione delle funzioni di polizia giudiziaria – nonché degli altri poteri sopra menzionati – da parte del personale ispettivo dell’Istituto è divenuta efficace con l’entrata in vigore del Decreto interministeriale 28 dicembre 2016, che ha fissato al 1 gennaio 2017 la data di avvio dell’operatività dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Con il presente documento, in attesa del completamento del percorso formativo volto a fornire al personale ispettivo INPS tutte le nozioni necessarie per l’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, si forniscono le prime indicazioni operative sulla materia.
Le funzioni di polizia giudiziaria assumono rilievo nell’accertamento di fatti costituenti reato (delitti o contravvenzioni), tanto nella forma del tentativo quanto nella forma consumata, e riguardano diversi momenti dell’attività ispettiva: dalla fase iniziale di rilevazione della notizia di reato, alla fase di acquisizione delle prove, fino alla comunicazione della notizia di reato all’Autorità giudiziaria. In tali casi, dunque, l’attività del personale ispettivo dovrà conformarsi alle norme che disciplinano l’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, di cui si indicano le principali disposizioni, a titolo comunque non esaustivo:
– art. 55 c.p.p.;
– artt. 63-66 c.p.p.;
– artt. 134 e ss. c.p.p.;
– titolo IV del libro V (artt. 347-357) c.p.p.;
– art. 220 disp. att. c.p.p..
Per sintetizzare gli aspetti essenziali della disciplina sopra richiamata, va evidenziato come rientrino tra i compiti della polizia giudiziaria: acquisire la notizia di reato su delega dell’Autorità giudiziaria o di propria iniziativa, impedire che i reati vengano portati ad ulteriori conseguenze, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale (art. 55 c.p.p.).
A titolo meramente esemplificativo, tali esigenze potrebbero sorgere in relazione ai seguenti reati, più frequentemente riscontrabili nel corso di attività di vigilanza previdenziale: omissioni contributive per importi superiori al limite indicato nell’art. 37 Legge n. 689/1981; omesso versamento delle ritenute previdenziali per un importo superiore a € 10.000 annui ai sensi dell’art. 2 D.L. n. 463/1983; reati in materia di previdenza complementare; reato di impedimento dell’attività ispettiva; reati di truffa, aggravata o meno, ai danni dell’INPS, dello Stato o di altro ente pubblico; reati di falso;
– reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai sensi dell’art. 603-bis c.p.
Nelle ipotesi sopra descritte, assume particolare rilevanza l’art. 220 disp. att. c.p.p., il quale prevede che “Quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice”.
Ciò comporta l’obbligo per l’ufficiale di polizia giudiziaria di adottare le garanzie che la legge accorda al soggetto indiziato del reato. Innanzitutto, dovrà farsi applicazione dell’art. 63 c.p.p., che in tale circostanza dispone che “se davanti all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria un persona non imputata ovvero una persona non sottoposta alle indagini rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, l’autorità procedente ne interrompe l’esame, avvertendola che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a nominare un difensore. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese. Se la persona doveva essere sentita fin dall’inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate”.
Pertanto, ove si proceda in forza di delega dell’Autorità giudiziaria (art. 370 c.p.p.), ovvero emergano indizi di reato nel corso dell’audizione, o, comunque, il soggetto risulti sottoposto alle indagini, l’accertamento dovrà svolgersi secondo le regole che disciplinano l’attività della polizia giudiziaria, sopra richiamate. In particolare, l’interrogatorio andrà svolto secondo le disposizioni degli artt. 64 e 350 c.p.p., vale a dire alla presenza del difensore, previo avvertimento che le dichiarazioni rese potranno essere utilizzate nei confronti del dichiarante e che lo stesso ha la facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, ma se rende dichiarazioni che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali fatti, l’ufficio di testimone.
Occorre segnalare che il soggetto nei cui confronti si svolgono le indagini potrà chiedere di propria iniziativa di rendere dichiarazioni spontanee che, in tal caso, potranno essere assunte senza la necessità di nominare un difensore. Di esse, però, non sarà consentita l’utilizzazione nel dibattimento del giudizio penale, se non ai fini delle contestazioni testimoniali alla parte che abbia già deposto sui fatti che ne formano oggetto.
Dell’interrogatorio dovrà redigersi verbale ai sensi dell’art. 357 c.p.p. e si dovrà procedere all’identificazione del soggetto ed all’acquisizione dell’elezione del domicilio presso il quale dovranno essere eseguite le successive notificazioni. Il verbale, previa lettura, dovrà essere sottoscritto alla fine di ogni foglio dal pubblico ufficiale che lo ha redatto e dalle persone intervenute, anche quando le operazioni non sono esaurite e vengono rinviate ad altro momento.
Se qualcuno degli intervenuti non vuole o non è in grado di sottoscrivere, deve farsene menzione con l’indicazione del motivo (artt. 136 e 137 c.p.p.).
L’ufficiale di polizia giudiziaria può inoltre assumere informazioni da chiunque sia in grado di riferire circostanze utili alle indagini. In tali casi, se le persone informate dei fatti sono state sentite dal difensore dell’indagato, non potranno essere rivolte loro domande su quanto richiesto dal difensore o su quanto abbiano a quest’ultimo riferito.
Il sopracitato art. 357 prevede, inoltre, che la polizia giudiziaria annoti, anche sommariamente, tutte le attività svolte, con specifica indicazione dell’operante, del giorno, dell’ora e del luogo in cui esse sono state eseguite e la menzione succinta del loro risultato (art. 115 disp. att. c.p.p.).
Ogni attività di documentazione della polizia giudiziaria dovrà essere svolta nel corso del compimento degli atti, ovvero immediatamente dopo quando ricorrono insuperabili circostanze da indicarsi specificamente.
Acquisita la notizia di reato, l’ufficiale di polizia giudiziaria trasmetterà la relativa documentazione ed informerà il Pubblico Ministero, per iscritto e senza ritardo, indicando gli elementi essenziali del reato, gli altri elementi raccolti, le fonti di prova e le attività compiute (art. 347 c.p.p.).
Per quanto concerne l’individuazione della competenza territoriale del giudice, ai fini della comunicazione della notizia di reato, è appena il caso di rammentare che, in via generale, essa è collegata al luogo in cui il reato è stato consumato ovvero, nel caso di reato tentato, al luogo in cui è stato compiuto l’ultimo atto diretto a commettere il reato medesimo.
In proposito occorre, però, evidenziare che il luogo di consumazione del reato può essere diverso da quello in cui si svolge l’accesso ispettivo: ad esempio, nelle ipotesi di truffa ai danni dell’INPS perpetrata attraverso la simulazione di lavoro c.d. fittizio, il luogo di consumazione del reato si identificherà con i luoghi in cui i lavoratori percepiscono illecitamente la prestazione, luoghi che però sovente differiscono da quello di svolgimento dell’asserito rapporto di lavoro.
In siffatte ipotesi, anche per non aggravare oltremodo l’attività dei funzionari ispettivi dell’Istituto, sarà opportuno che questi ultimi comunichino la notizia di reato sempre e solo alla Procura della Repubblica del luogo in cui essi operano. Ciò non soltanto perché sarà l’Ufficio di Procura a individuare la competenza territoriale ed eventualmente trasmettere ad altro organo, ma soprattutto in considerazione del fatto che i reati in questione si presentano quasi sempre collegati ad una pluralità di reati di identica natura o anche di diversa specie che trovano una ragione di connessione in uno stesso datore di lavoro. Pertanto, in tali casi, dovrebbero applicarsi complessi criteri di determinazione della competenza per connessione, che prescindono dai criteri generali sopra indicati.
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