INPS – Messaggio 18 maggio 2017, n. 2074
Regime fiscale degli assegni divorzili
A seguito delle richieste di chiarimenti pervenute dalle sedi territoriali, con il presente messaggio si forniscono indicazioni in merito al corretto regime fiscale dell’assegno divorzile.
Com’è noto in caso di separazione, scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, l’Autorità giudiziaria può stabilire l’obbligo in capo ad uno dei coniugi di provvedere al mantenimento dell’altro attraverso la corresponsione di assegni periodici, di solito mensili, di un determinato importo.
Da un punto di vista fiscale, l’assegno periodico di mantenimento all’ex coniuge riveste una duplice caratteristica e precisamente:
a. in capo al soggetto beneficiario costituisce reddito assimilato a quello di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. i) del Tuir che così recita: “Sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente … lett.i) gli altri assegni periodici, comunque denominati, alla cui produzione non concorrono attualmente né capitale né lavoro, compresi quelli indicati alle lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 10 tra gli oneri deducibili ed esclusi quelli indicati alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 41.”
L’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 153e/2009 ha precisato che detti assegni periodici “si presumono percepiti, salvo prova contraria, nella misura e alle scadenze risultanti dai relativi titoli (art. 52, comma 1, lett. c) del TUIR.” Inoltre che “Il legislatore, nell’assimilare gli assegni in questione ai redditi di lavoro dipendente ha tenuto conto del fatto che gli stessi sono corrisposti con cadenza periodica e, come tali, assimilabili al pagamento di una retribuzione stabilita a tempo e potenzialmente vitalizia. Ciò pur in assenza di un collegamento con una prestazione lavorativa.”
Pertanto l’assegno di mantenimento, se erogato con cadenza periodica, costituisce reddito assimilato a quello di lavoro dipendente imponibile ai fini Irpef con il riconoscimento delle detrazioni d’imposta di cui all’art. 13, comma 5-bis) del Tuir;
b. in capo al soggetto erogante costituisce un onere deducibile dal reddito, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c) del Tuir che così recita: “Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente … lett. c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria”.
L’assegno di mantenimento all’ex-coniuge può essere dedotto dal reddito a condizione che sia corrisposto periodicamente e che il suo ammontare sia stabilito da un provvedimento dell’Autorità giudiziaria.
Con la circolare n. 50/e del 2002 l’Agenzia ha precisato infatti che la locuzione “assegni periodici” prevista dalla legge “impedisce la deduzione dal reddito complessivo del contribuente delle somme corrisposte al coniuge in un’unica soluzione. Una interpretazione che vada al di là del tenore testuale della norma sarebbe infatti in contrasto con il principio di tassatività degli oneri deducibili”.
Questa interpretazione viene confermata dalla stessa Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 153e/2009 sopracitata: “Non hanno natura reddituale, invece, gli assegni corrisposti in unica soluzione, i quali rappresentano sostanzialmente una transazione in ordine alle pregresse posizioni patrimoniali dei coniugi. Per detti assegni, non è prevista alcuna tassazione in capo al beneficiario, né alcuna deduzione per il soggetto che li corrisponde. … la possibilità di rateizzare il pagamento costituisce solo una diversa modalità di liquidazione dell’importo pattuito tra le parti e non va quindi confuso con la corresponsione periodica dell’assegno, il cui importo è invece rivedibile nel tempo”
Conseguentemente, la corresponsione di un assegno una tantum divorzile, anche se frazionato in rate, non costituisce onere deducibile per il soggetto erogatore e non assume rilevanza reddituale per il soggetto percettore.
Con la risoluzione n. 448/e del 2008 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che “la somma corrisposta al coniuge è ammessa in deduzione solo nella misura determinata dal provvedimento dell’autorità giudiziaria. Pertanto, le maggiori somme corrisposte al coniuge a titolo di adeguamento Istat potranno essere dedotte solo nel caso in cui la sentenza del giudice preveda un criterio di adeguamento automatico dell’assegno dovuto al coniuge medesimo. In sostanza, resta esclusa la possibilità di dedurre assegni corrisposti volontariamente dal coniuge al fine di sopperire alla mancata indicazione da parte del Tribunale di meccanismi di adeguamento dell’assegno di mantenimento.”
Pertanto se l’adeguamento dell’assegno divorzile non è previsto nella sentenza di separazione le somme corrisposte a tale titolo sono considerate volontarie e quindi sono indeducibili dal reddito del soggetto erogante.
Con riguardo agli assegni periodici pregressi scaduti o rimasti insoluti, la Cassazione con l’Ordinanza n. 4402/2014 ha riconosciuto la deducibilità degli stessi in capo al soggetto erogante anche se corrisposti in un’unica soluzione, ciò in quanto la corresponsione in un’unica soluzione non ne modifica la natura di “assegno periodico”. Tuttavia, per il percettore dette somme non potranno mai essere assoggettate a tassazione separata. Al riguardo, la nota MEF n. 984/1997 ha precisato infatti che “non è possibile assoggettare a tassazione separata ex art. 17, comma 1, lett. b) del TUIR gli assegni per alimenti percepiti a titolo di arretrato. Gli stessi vanno tassati ordinariamente nell’anno di percezione, in quanto la nozione di emolumenti arretrati è riferibile soltanto ai lavoratori dipendenti e altre specifiche categorie di lavoratori assimilati.” Inoltre, ai fini della collocazione temporale del riconoscimento della deduzione dal reddito nonché per la valenza reddituale si rammenta che rileva il criterio di cassa.
Infine, si precisa che la deduzione è ammessa solo in relazione all’assegno di mantenimento del coniuge e non anche del figlio; in caso di mancata distinzione nel provvedimento giudiziale, il beneficio fiscale viene riconosciuto al 50% (articolo 3 del DPR n. 42/1988, circolare ADE n. 95/2000).
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