La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 34407 depositata il 12 settembre 2024, intervenendo in tema somministrazione irregolare di lavoro, ha ribadito il principio secondo cui ” integra il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni soggettivamente inesistenti ai fini IVA l’utilizzo di elementi passivi fittizi costituiti da fatture emesse da una società che, attraverso contratti simulati di appalto di servizi, abbia in realtà effettuato attività di intermediazione illegale di manodopera, stante la diversità tra il soggetto che ha effettuato la prestazione, ovvero i singoli lavoratori, e quello indicato in fattura (Sez. 3, n. 11633 del 02/02/2022, Casanova, Rv. 282985 – 01, e Sez. 3, n. 20901 del 26/06/2020, Montevecchi, Rv. 279509 – 02).”
La vicenda ha riguardato una società per azione accusata che dopo aver stipulato contratti di appalto di servizi, aventi ad oggetto logistica e distribuzione di merci, li avrebbe subappaltati a società cooperative. Il legale rappresentante della società veniva accusato dei reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000 contestati ai capi 8, 12, 13, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22 e 23. Tale accuse si fondavano sulla circostanza, secondo l’accusa, che nelle dichiarazioni della società ai fini IVA ed IRES per gli anni di imposta dal 2013 al 2019, di elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti emesse da numerose società cooperative. L’accusa riteneva che la società dopo aver stipulato contratti di appalto di servizi, aventi ad oggetto logistica e distribuzione di merci, li avrebbe subappaltati a società cooperative da ritenere fittizie o ad associazioni temporanee di imprese costituite da società cooperative da ritenere fittizie, al fine di far emettere, da queste ultime, fatture nei propri confronti relative, in realtà, al proprio costo del lavoro, e, quindi, a prestazioni non detraibili ai fini dell’IVA, così da riportarle in contabilità ed operare illegittime detrazioni IVA, nonché deduzioni di costi superiori a quelli effettivi ai fini IRES. Nei confronti dell’imputato il Tribunale. con ordinanza, disponeva l’applicazione, nei confronti del legale rappresentante della società, della misura degli arresti domiciliari in parziale accoglimento dell’appello proposto dal Procuratore della Repubblica. Avverso il provvedimento del Tribunale, l’imputato proponeva ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
I giudici di legittimità rigettavano il ricorso.
Gli Ermellini evidenziano che per il Tribunale “le fatture utilizzate nelle dichiarazioni fiscali della società, ricevute dalle ditte subappaltatrici, in realtà si riferiscono a prestazioni di lavoro subordinato rese da persone assunte su decisione di G.A., reale gestore della precisata “N.D. s.p.a.”, ed utilizzate secondo le direttive del medesimo, e, perciò, attengono non a prestazioni di servizi, ma a mera “somministrazione di lavoro”.
Ora, il contratto di somministrazione di lavoro è nullo se non è stipulato in forma scritta, ed i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore (art. 38, comma 1, d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e succ. modif.; di contenuto sostanzialmente sovrapponibile la disciplina precedentemente vigente, di cui, in particolare, al d.lgs. n. 10 settembre 2003, n. 276). “
Il Supremo consesso precisa che “quando la somministrazione di lavoro avviene al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli artt. 31, commi 1 e 2, 32 e 33, comma 1, lett. a), b), e) e d), del d.lgs. cit., «il lavoratore può chiedere, anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione». Per chiarezza, e ad esempio, l’art. 31 fissa rigorosi limiti quantitativi, perché, in linea generale, il numero dei «lavoratori somministrati» con contratto di lavoro a tempo indeterminato non può eccedere il venti per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore (art. 31, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015), mentre il numero dei «lavoratori somministrati» con contratto di lavoro a tempo determinato non può eccedere il trenta per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore (art. 31, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2015). L’art. 33, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015, poi, esige che il contratto di somministrazione di lavoro, oltre ad essere stipulato in forma scritta, contenga l’indicazione: 1) dell’autorizzazione rilasciata al somministratore (art. 31, comma 1, lett. a), d.lgs. cit., da leggere in combinato disposto con l’art. 30 d.lgs. cit.); 2) del numero dei lavoratori da somministrare (art. 31, comma 1, lett. b), d.lgs. cit.); 3) di eventuali rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e delle misure di prevenzione adottate (art. 31, comma 1, lett. e), d.lgs. cit.); 4) della data di inizio e della durata prevista della somministrazione di lavoro (art. 31, comma 1, lett. d), d.lgs. cit.).
E, in ragione di questa disciplina, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza civile di legittimità, nel caso di somministrazione irregolare di manodopera schermata da un contratto di appalto di servizi, va escluso il diritto alla detrazione dei costi dei lavoratori per invalidità del titolo giuridico dal quale scaturiscono, non essendo configurabile prestazione dell’appaltatore imponibile ai fini IVA (cfr.: Sez. 5 civ., n. 34876 del 17/11/2021, Rv. 663136 – 01; Sez. 5 civ., 12807 del 26/076/2020, Rv. 658043 – 01; Sez. 5 civ., n. 31720 del 07/12/2018, Rv. 651778 – 01; Sez. 5 civ., n. 18808 del 28/07/2017, Rv. 645451 – 01), e neppure ai fini IRAP (vds. 5 civ., n. 7440 del 08/03/2022, Rv. 664129 – 01).”
Pertanto per i giudici di piazza Cavour, alla luce dei propri precedenti, ha ribadito che “integra il delitto di cui all’art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, l’utilizzazione, nella dichiarazione ai fini delle imposte dirette di fatture formalmente riferite a un contratto di appalto di servizi, che costituisca di fatto lo schermo per occultare una somministrazione irregolare di manodopera, realizzata in violazione dei divieti di cui al previgente d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, sostituito dal d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, trattandosi di fatture relative a un negozio giuridico apparente, diverso da quello realmente intercorso tra le parti, attinente ad un’operazione implicante significative conseguenze di rilievo fiscale (Sez. 3, n. n. 45114 del 28/10/2022, Testa, Rv. 283771 – 01).”