LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – TUTELA E SOSTEGNO DELLA MATERNITA’ E DELLA PATERNITA’ – TESTO UNICO – DISCIPLINA DEI RIPOSI GIORNALIERI PER LA LAVORATRICE MADRE DURANTE IL PRIMO ANNO DI VITA DEL BAMBINO – MANCATA FRUIZIONE DI PERMESSI GIÀ RICHIESTI AL DATORE DI LAVORO – CONSEGUENZE – CHIARIMENTI
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – riposi giornalieri della lavoratrice madre – art. 39, D.Lgs. n. 151/2001.
Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla corretta interpretazione dell’art. 39, D.Lgs. n. 151/2001 afferente alla disciplina dei riposi giornalieri per la lavoratrice madre durante il primo anno di vita del bambino.
In particolare l’istante chiede se, nelle ipotesi in cui la lavoratrice madre non intenda usufruire, spontaneamente e per proprie esigenze, dei permessi già richiesti al datore di lavoro ex art. 39 di cui sopra, possa trovare o meno applicazione nei confronti di quest’ultimo la sanzione contemplata dall’art. 46 del medesimo decreto legislativo.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro e delle Relazioni industriali e dell’Ufficio legislativo, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, occorre muovere dalla lettera della disposizione ex art. 39 in virtù della quale “il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore”.
In proposito, si precisa che i periodi di riposo hanno la durata di un’ora ciascuno, vengono considerati ore lavorative agli effetti sia della durata che della retribuzione e comportano il diritto della lavoratrice madre di uscire dall’azienda.
Alla luce del summenzionato dettato normativo, si evince dunque che il diritto di fruire dei riposi in questione ha natura di diritto potestativo, inteso quest’ultimo quale situazione giuridica soggettiva consistente nell’attribuzione di un potere alla lavoratrice madre cui corrisponde dal lato del datore una posizione giuridica passiva di soggezione e non di obbligo; il datore deve, infatti, consentire alla madre la fruizione dei permessi qualora la stessa presenti esplicita richiesta.
Nello specifico, a differenza di quanto avviene nell’ipotesi di astensione obbligatoria per maternità, la lavoratrice madre può scegliere se esercitare o meno il proprio diritto, fruendo dei summenzionati riposi; nell’ipotesi in cui decida di esercitarlo e il datore di lavoro non le consenta il godimento dei periodi di riposo troverà applicazione la sanzione amministrativa pecuniaria stabilita dall’art. 46.
Diversamente, qualora la lavoratrice madre presenti una preventiva richiesta al datore di lavoro per il godimento dei permessi giornalieri e successivamente, in modo spontaneo e per proprie esigenze non usufruisca degli stessi per alcune giornate, non sembra ravvisabile la violazione dell’art. 39 e di conseguenza non potrà trovare applicazione la misura sanzionatoria ad essa collegata.
Resta ferma la possibilità, da parte degli organi di vigilanza, di effettuare eventuali verifiche in ordine alla spontaneità della rinuncia della lavoratrice circa il godimento dei permessi in questione. Al riguardo appare pertanto opportuno che la suddetta rinuncia sia giustificata da ragioni che rispondano in modo inequivocabile ad un interesse della lavoratrice (ad es. frequenza di un corso di formazione, impossibilità di rientrare in casa in ragione di uno sciopero dei mezzi pubblici ecc.).
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