LAVORO – CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO – CONTRATTAZIONE DI PROSSIMITA’ – UTILIZZO DEL CONTRATTO A TERMINE – DEROGA AI LIMITI QUANTITATIVI STABILITI DALLA LEGISLAZIONE O DALLA CONTRATTAZIONE NAZIONALE – AMMISSIBILITA’ – CHIARIMENTI
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – derogabilità ai limiti di carattere quantitativo alla stipula di contratti a termine da parte della contrattazione collettiva di prossimità, a norma dell’art. 8 del D.L. n. 138/2011 (conv. da L. n. 148/2011).
L’ARIS – Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari – ha avanzato istanza di interpello a questa Direzione generale in merito alla possibilità di deroga, da parte della contrattazione di prossimità, ai sensi dell’art. 8 del D.L. n. 138/2011 (conv. da L. n. 148/2011), ai limiti quantitativi di utilizzo del contratto a tempo determinato.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro e delle Relazioni Industriali, si rappresenta quanto segue.
La disciplina contenuta nell’art. 8 del D.L. n. 138/2011 consente ai contratti collettivi sottoscritti a livello aziendale o territoriale di derogare, con “specifiche intese”, alla disciplina legale e contrattuale collettiva nelle particolari materie elencate al comma 2 del medesimo articolo.
Il suddetto elenco ha peraltro carattere tassativo (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 221, dep. il 4 ottobre 2012) e, pertanto, la possibilità di deroga è contemplata esclusivamente in riferimento a tali materie.
Tra i casi previsti, ai sensi del comma 2 lett. c) del citato art. 8 vi sono i contratti a termine, per il cui utilizzo la legge contempla limiti quantitativi di natura legale e contrattuale, ai sensi degli artt. 1, comma 1 e 10, comma 7, del D.Lgs. n. 368/2001, la cui disciplina appare pertanto derogabile attraverso la contrattazione di prossimità.
Occorre tuttavia ricordare che, come espressamente previsto dall’art. 8 del D.L. n. 138/2011 (conv. da L. n. 148/2011), l’intervento della contrattazione di prossimità è ammesso solo a fronte di specifiche finalità – che andranno chiaramente indicate nel contratto – e nel rispetto di alcune condizioni. In particolare, le intese:
– devono essere “finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività”;
– e sono subordinate al “rispetto della Costituzione, nonché [dei] vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro”.
Sotto tale ultimo profilo va pertanto evidenziato come i contratti di prossimità siano abilitati ad intervenire con discipline che, ad ogni modo, non mettano in discussione il rispetto della cornice giuridica nella quale vanno ad inserirsi e, in particolare, di quanto previsto a livello comunitario dalla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato.
Nell’ambito di tale accordo (così come del resto anche all’art. 1, comma 01, del D.Lgs. n. 368/2001) si prevede, tra l’altro, che “i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori” e pertanto appare evidente come l’intervento della contrattazione di prossimità non potrà comunque rimuovere del tutto i limiti quantitativi previsti dalla legislazione o dalla contrattazione nazionale ma esclusivamente prevederne una diversa modulazione.
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