AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 01 ottobre 2021, n. 644
Interruzione del regime del Transito Comune – IVA all’importazione accertata in Italia su beni destinati ad essere immessi in consumo in Germania – diritto alla detrazione del soggetto non residente “debitore di imposta” in Italia – articolo 60 comma 7 del d.P.R. n. 633 del 1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA – società attiva nel mercato dei prodotti per il settore … – è stabilita in Germania ed identificata, ai fini IVA, in Italia ai sensi dell’articolo 35-ter del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito decreto IVA).
Per le operazioni effettuate in Italia nei confronti di soggetti non residenti, la società veicola le fatture tramite la posizione IVA italiana, non trovando applicazione nel caso di specie il meccanismo dell’inversione contabile previsto dall’articolo 17, comma 2, del decreto IVA.
L’interpellante fa presente di aver acquistato nel … da un fornitore … diversi “componenti per …” destinati ad essere immessi in libera pratica ed in consumo in Germania, nonché vincolati al regime doganale sospensivo del Transito Comune (cfr. articoli 226-236 Regolamento UE n. 952/2013). A causa del mancato appuramento del regime del Transito in Germania, la Dogana di … (ufficio di passaggio) ha emesso nel … un avviso di accertamento per il recupero dell’IVA all’importazione sui beni in questione (pari a … euro), oltre ai diritti doganali.
Nel mese di dicembre …, lo spedizioniere ha versato quanto richiesto nell’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane (cfr. Allegato 3) e ha successivamente “richiesto e (…) intimato ad ALFA il rimborso delle somme da questo pagate in relazione alla violazione commessa nel regime di transito in questione, in assenza del quale verrà instaurata una causa civile”.
La società istante fa presente, al riguardo, di: i) non aver ancora rimborsato allo spedizioniere la somma dallo stesso versata a titolo di IVA; ii) aver presentato ricorso avverso l’avviso di accertamento “ritenendo non fondato l’assoggettamento ad IVA delle operazioni”.
Per completezza, la società fa presente che intenderebbe rinunciare alla prosecuzione del contenzioso avverso l’avviso di accertamento emesso dalla Dogana di … in caso di esito favorevole all’istanza di interpello presentata.
Tanto premesso, il soggetto istante chiede se l’imposta accertata in Italia, versata dallo spedizioniere e da questi chiesta a rimborso alla società istante, possa essere portata in detrazione tramite la posizione IVA italiana. L’interpellante fa presente, da ultimo, di non poter accedere al rimborso per non residenti previsto dall’articolo 38-bis 2 del decreto IVA, in quanto nel periodo di riferimento ha assunto nel territorio dello Stato il ruolo di “debitore di imposta” per le operazioni attive ivi effettuate ex articolo 17, comma 3, del medesimo decreto.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Sebbene l’IVA all’importazione accertata in Italia sia relativa a beni destinati ad essere immessi in consumo in Germania, l’istante ritiene, tuttavia, che il principio di neutralità fiscale alla base del funzionamento dell’imposta consenta comunque il riconoscimento del diritto alla detrazione ancorché i beni non siano impiegati per effettuare operazioni imponibili nel territorio dello Stato.
In subordine, qualora non venga accolta la soluzione prospettata, l’interpellante è dell’avviso che dovrebbe essere riconosciuta la possibilità di attivare la procedura di rimborso ex articolo 38-bis2 del decreto IVA e ciò “a prescindere dall’effettuazione di operazioni attive”.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Con l’istanza di interpello in oggetto, la società istante ha chiesto chiarimenti in ordine alla spettanza del diritto alla detrazione in relazione all’imposta accertata in Italia, versata dallo spedizioniere e da questi chiesta a rimborso alla società istante.
Preliminarmente giova ricordare che la società istante ha fatto presente di essere identificata ai fini IVA in Italia ex articolo 35-ter del decreto IVA e di veicolare tramite la propria partita IVA italiana le operazioni attive territorialmente rilevanti effettuate nei confronti di soggetti non residenti. Come correttamente evidenziato dall’interpellante, tale circostanza risulta ostativa all’accesso alla procedura di rimborso dell’IVA sugli acquisti effettuati in Italia prevista per i non residenti dall’articolo 38-bis 2 del decreto IVA.
In relazione ai beni (i.e. componenti …) acquistati in …, sulla base di quanto riferito dall’interpellante, la società BETA., in qualità di spedizioniere, ha provveduto a versare l’IVA (per complessivi … euro) e i relativi diritti di confine presso la Dogana di …, a seguito dell’interruzione del regime di Transito Comune cui tali beni erano sottoposti, in quanto “destinati ad essere immessi in libera pratica ed in consumo in Germania, dopo aver attraversato il territorio italiano” (cfr. pag. 2 istanza di interpello).
Al riguardo, la società dichiara che lo spedizioniere ha “richiesto e (…) intimato a ALFA il rimborso delle somme da questo pagate in relazione alla violazione commessa nel regime di transito in questione, in assenza del quale verrà instaurata una causa civile”. Risulta, inoltre, che “avverso l’accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane di … la società ha presentato ricorso lo scorso …, ritenendo non fondato l’assoggettamento ad IVA delle operazioni” (cfr. pag. 3 istanza di interpello).
In proposito, torna utile ricordare che lo spedizioniere (rectius dichiarante in dogana), pur essendo soggetto passivo dell’obbligazione doganale in solido con il proprio committente (effettivo proprietario dei beni importati), assume la veste di obbligato principale per fictio iuris, avendo la materiale disponibilità dei beni al momento dell’entrata degli stessi nel territorio doganale. Il pagamento dell’IVA e dei relativi dazi fa, dunque, sorgere in capo allo spedizioniere un diritto di credito nei confronti dell’importatore nel cui interesse ha agito. Tuttavia, agli effetti dell’IVA, il debitore di imposta è sempre l’effettivo proprietario della merce e non l’intermediario che agisce come rappresentante indiretto, obbligato al pagamento dell’IVA e dei diritti doganali all’atto dell’ingresso della merce nel territorio dello Stato. Allo stesso modo, è sempre il destinatario delle merci l’unico soggetto legittimato a recuperare in detrazione l’IVA assolta, al momento dell’importazione, sulle merci impiegate nell’esercizio della propria attività, previa registrazione della bolletta doganale nel registro degli acquisti di cui all’articolo 25 del decreto IVA (cfr. risposta ad interpello n. 4 del 13 gennaio 2020).
In particolare, ai sensi dell’articolo 19 del decreto IVA il soggetto passivo ha diritto a detrarre l’imposta assolta in relazione a beni e servizi: i) importati/acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione (c.d. principio di inerenza); ii) concretamente utilizzati per effettuare operazioni imponibili/assimilate (c.d. principio di afferenza).
Al fine di tutelare i principi comunitari di neutralità e proporzionalità dell’imposta sul valore aggiunto, l’articolo 60, ultimo comma, del decreto IVA, disciplina le modalità di rivalsa e detrazione dell’imposta (o maggiore imposta) corrisposta in sede di accertamento, disponendo che «Il contribuente ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione.».
Con la circolare n. 35/E del 17 dicembre 2013, è stato chiarito che il diritto alla detrazione sussiste anche con riferimento all’IVA liquidata in sede di accertamento “doganale” divenuto definitivo e che deve essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il debitore di imposta ha provveduto al relativo pagamento, oltre a sanzioni e interessi.
Alla luce di quanto sopra evidenziato, si ritiene che il diritto alla detrazione in capo all’istante potrà essere riconosciuto, nel caso di specie, a condizione che:
– l’imposta accertata in dogana in capo alla società, in qualità di importatore e di effettivo debitore di imposta e soggetto al quale è intestata la bolletta doganale, nonché gli interessi e le relative sanzioni, siano stati effettivamente versati, anche mediante anticipazione da parte dello spedizioniere, che ha diritto alla restituzione di quanto pagato in nome e per conto dell’importatore;
– sia definitivamente concluso il contenzioso in essere con l’Agenzia delle Dogane in relazione all’avviso di accertamento prot. … del …;
– sia predisposto un documento (al quale allegare per completezza l’atto di accertamento e l’attestato di versamento), da registrare ai sensi dell’articolo 25 del decreto IVA nel registro degli acquisti intestato alla partita IVA italiana, dal quale si evinca l’ammontare dell’imposta versata a seguito di accertamento, nonché il titolo giustificativo della detrazione d’imposta (art. 60, settimo comma, del DPR n. 633 del 1972, estremi identificativi dell’accertamento);
– siano rispettati i principi sopra richiamati di inerenza ed afferenza (nel senso che i beni siano effettivamente utilizzati in Germania per effettuare operazioni imponibili o assimilate).
Si ricorda, infine, che, ai fini della completa regolarizzazione dell’operazione in argomento, essendo la merce stata effettivamente sdoganata in Italia, il suo successivo trasferimento in Germania costituisce una cessione “assimilata” ex articolo 41, comma 2, lett. c) del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, con obbligo di emissione da parte dell’istante, mediante la sua partita IVA italiana, di una fattura non imponibile a se stesso.
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