La vicenda ha riguardato un professionista a cui veniva notificata una cartella di pagamento per IRAP emessa ai sensi dell’art. 36 bis del D.P.R. 600/73. Il professionista impugna la cartella con ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, i cui giudici rigettano il ricorso proposto dal contribuente. Il professionista impugna la decisione del giudice di prime cure con ricorso alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello confermano la sentenza della CTP.
Avverso la decisione della CTR il contribuente propone ricorso in cassazione fondato su quattro motivi.
Gli Ermellini dichiarano inammissibili il terzo e quarto motivo ed accolgono i primi due.
I giudici di legittimità hanno ritenuto fondato la violazione di omesso esame dei motivi, da parte della CTR, non risultando da parte del giudice di appello alcuna valutazione su tali doglianze.
I giudici del palazzaccio, nel ritenere inammissibili i motivi riguardanti sia la domanda di annullamento delle sanzioni amministrative che la violazione di legge in merito pretesa impositiva riferibile agli incarichi svolti nei collegi sindacali, hanno ribadito l’orientamento della Corte.
Per quanto concerne la disapplicazione delle sanzioni la Corte Suprema riafferma che le “sanzioni amministrative per violazioni di norme fiscali, sussiste il potere del giudice tributario di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni, anche in sede di legittimità, per errore sulla norma tributaria, in caso di obiettiva incertezza sulla portata e ambito applicativo della stessa, solo in presenza di una domanda del contribuente formulata nei modi e nei termini processuali appropriati, che non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di appello o di legittimità (cfr. Cass. n. 14402/16).
Sul punto la Suprema Corte, inoltre, evidenzia come il contribuente, nel censurare la decisione della CTR con cui veniva riconosciuto l’assoggettamento all’IRAP dei compensi di sindaco sulla base della riconosciuta esistenza di beni strumentali, non coglie “la ratio della decisione che, secondo la CTR, riposa nel fatto che anche per l’espletamento di siffatta attività il contribuente aveva utilizzato conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione e che lo stesso non aveva assolto l’onere di dimostrare che non si avvaleva di un’organizzazione autonoma.”
I giudici di legittimità, invece, sul diritto del professionista al rimborso IRAP, confermando il loro orientamento, puntualizzano che “non ha diritto al rimborso di imposta il dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attività unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione nel suo complesso, allorché non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame, per il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sul contribuente.” (Cass. n. 3434 del 05/03/2012)
Il contribuente, nel caso esaminato dalla Corte, ha proposto la domanda di riduzione delle sanzioni per obiettiva incertezza normativa solo in grado di appello, dunque tardivamente.
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