AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 186 del 26 settembre 2024

IRAP – Rideterminazione della base imponibile a seguito di sentenza – Rimborso – Applicabilità dell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

Quesito

[ALFA], nel prosieguo istante, fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.

L’istante riferisce che, nel luglio 2022, «è risultato parte vincitrice in un procedimento contro un ex dipendente di livello dirigenziale, il quale è stato condannato alla restituzione di somme percepite indebitamente negli anni dal 2002 al 2011 […]».

La sentenza «ha disposto, inoltre, che la parte soccombente operi la restituzione dell’indebito al netto dei contributi previdenziali trattenuti al lavoratore e delle imposte […]».

L’istate precisa inoltre che:

«nel determinare tale importo netto da restituire, la Corte di Appello […] non ha ritenuto di operare la quantificazione secondo quanto disposto dal punto 3 della Circolare 8/E del 14/7/2021 di codesta spett.le Agenzia, ma ha accolto le risultanze di una perizia redatta da un C.T.U. incaricato dal Comune […] e prodotta durante il dibattimento.»;

«oltre al recupero del credito d’imposta di cui alla citata circolare 8/E del 14/7/2021, già oggetto di separata Istanza di Interpello, il Comune […] dovrebbe procedere al recupero dell’Irap a suo tempo versata sull’importo lordo oggetto della restituzione […]».

A fronte di quanto sopra, l’istante «si trova in una condizione di incertezza con riferimento a tale recupero in quanto la ripetizione dell’indebito netto da parte del soccombente avviene ratealmente, tramite pignoramento di un quinto sul trattamento di quiescenza».

In conseguenza, «chiede quali possano essere le modalità operative per fruire del recupero dell’Irap versata sugli emolumenti soggetti a ripetizione.».

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

In sintesi, l’istante, richiamando la circolare n. 8/E del 2021, «ritiene che, analogamente a quanto avviene per la fruizione del credito d’imposta ai fini Irpef, il recupero dell’Irap sia consentito integralmente a decorrere dall’inizio della restituzione da parte del debitore», mentre per «quanto concerne le modalità operative del recupero, l’Ente ritiene di poter scomputare l’importo lordo soggetto a restituzione […] dall’imponibile Irap da versare sulle retribuzioni mensili del personale dipendente, in occasione del primo mese utile».

Parere dell’Agenzia delle Entrate

Va preliminarmente osservato come l’istanza presentata non abbia ad oggetto la correttezza dei versamenti inizialmente effettuati a titolo di imposta sulle attività produttive (IRAP) nel periodo dal 2002 al 2011, né con riguardo al metodo di calcolo utilizzato, né in riferimento alla tempestività e completezza dei pagamenti stessi.

Su tali elementi per la corretta valutazione dei quali si rinvia ai molteplici documenti di prassi emanati, nonché agli ulteriori chiarimenti resi tramite le risposte pubblicate nell’apposita sezione del sito istituzionale dell’Agenzia delle entrate (si veda, ad esempio, la n. 187 dell’8 aprile 2022 resa allo stesso istante) rimangono, quindi, impregiudicate eventuali azioni di controllo da parte degli Uffici competenti.

Tanto premesso, deve subito rilevarsi come nel caso in esame non possano trovare applicazione le indicazioni ed i chiarimenti forniti con la circolare n. 8/E del 14 luglio 2021 a commento dell’articolo 150 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

Infatti, secondo quanto evidenziato nello stesso documento di prassi, l’articolo richiamato, rubricato ”Modalità di ripetizione dell’indebito su prestazioni previdenziali e retribuzioni assoggettate a ritenute alla fonte a titolo di acconto”, ha:

«introdotto nell’articolo 10 del Testo unico delle imposte dirette, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), il comma 2bis con il quale è stata espressamente prevista la cosiddetta modalità di restituzione ”al netto” in aggiunta a quella al ”lordo” della ritenuta stabilita dall’articolo 10, lettera dbis).»;

«inoltre, disciplinato le modalità con le quali il sostituto d’imposta recupera le ritenute Irpef versate all’Erario all’atto della corresponsione delle somme, […]».

Nessuna deroga è stata, quindi, apportata agli ordinari criteri di rimborso dei tributi propri che i sostituti d’imposta, al pari di qualsiasi altro soggetto, abbiano versato.

In merito, con specifico riferimento all’IRAP, va ricordato che l’articolo 50 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo di tale imposta, ha tra l’altro previsto che «6. Per la dichiarazione, la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, il contenzioso, le sanzioni e tutti gli aspetti non disciplinati espressamente, si applicano le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche. […]».

Norma di riferimento, è dunque, per i rimborsi, l’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, secondo cui «Il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede il concessionario presso il quale è stato eseguito il versamento istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento. […]».

Nessun dubbio, quindi, che anche per l’IRAP, «in caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento, il soggetto che ha effettuato il versamento, può, in base al primo comma dell’articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973 (come modificato dalla legge 13 maggio 1999, n. 133, articolo 1, comma 5 e dal d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46), presentare istanza di rimborso entro il termine di decadenza di quattro anni dalla data del versamento stesso. L’istanza di rimborso deve essere presentata all’Ufficio locale territorialmente competente in ragione del domicilio fiscale del soggetto richiedente.» (così già la risoluzione n. 80/E del 31 marzo 2003).

Fermo tale criterio generale e per gli enti pubblici quello di cui all’articolo 3 del d.m. 2 novembre 1998, n. 421 ”Regolamento recante disciplina delle modalità e dei termini di versamento dell’acconto mensile dell’IRAP dovuta dalle amministrazioni statali e dagli enti pubblici, da adottare ai sensi dell’articolo 30, comma 5, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446”, in base al quale «1. I soggetti indicati nell’articolo 1 versano il saldo tenendo conto degli acconti già pagati mensilmente, entro il termine di presentazione della dichiarazione di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, con le modalità di cui al presente regolamento. Le eccedenze derivanti dalle operazioni di conguaglio possono essere fatte valere sui successivi versamenti mensili eseguiti ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive. […]» va osservato che, secondo quanto emergente dall’istanza, nel caso di specie il versamento dell’imposta era in origine dovuto (nell’an e nel quantum), difettando i presupposti per l’applicazione delle norme richiamate.

Rispetto a questa lacuna, soccorre tuttavia il c.d. ”rimborso anomalo” previsto dall’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 secondo cui «[…] La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.» il quale costituisce norma di chiusura del sistema, come peraltro più volte osservato anche dalla Corte di Cassazione: «[…] secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, cui il Collegio intende dare continuità, ”in tema di rimborso di versamenti effettuati in relazione ad imposte dirette non dovute, la disciplina di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, che prevede la possibilità di presentare la relativa richiesta entro il termine di quarantotto mesi, si applica esclusivamente se tali versamenti non risultavano dovuti fin dall’origine; quando, invece, il diritto alla restituzione sia sorto in data posteriore a quella del pagamento dell’imposta, è applicabile il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, disposizione di carattere residuale e di chiusura del sistema, secondo cui l’istanza di rimborso può essere presentata entro due anni dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione” (Cass., sez. 6 T, Ordinanza n. 32309 dell’11/12/2019, Rv. 656467 01; Cass., Sez. T, Sentenza n. 3575 del 16/02/2010, Rv. 611761 01).» (cfr.,ex multis, Cassazione, ordinanza 25 settembre 2023, n. 27315).

Rilevato che, in base a quanto esposto nell’istanza, il presupposto per la parziale restituzione dell’IRAP versata con riferimento agli anni dal 2002 al 2011 è da individuarsi nella più volte citata sentenza della Corte d’Appello che ha statuito sulla non debenza delle retribuzioni corrisposte in detto periodo dall’istante ad un proprio dipendente, dovendo fare applicazione delle previsioni sopra richiamate, va detto che da tale data ossia quella in cui la sentenza in parola è divenuta definitiva (informazione non contenuta nell’interpello pervenuto) decorre il termine biennale per la presentazione della richiesta di rimborso ex articolo 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 all’Ufficio dell’Agenza delle entrate territorialmente competente, il quale ne valuterà i relativi presupposti e l’ammontare.