La Corte di Cassazione con la sentenza n. 9477 del 12 aprile 2017 intervenendo in tema di IRAP ha affermato che il professionista che non si sia avvalso di lavoratori dipendenti ma di collaboratori esterni non esclude la esistenza di una sua autonoma struttura organizzativa assoggettabile all’IRAP, dovendosi invece valutare la qualità e quantità di tali collaborazioni autonome.
La vicenda ha riguardato un ingegnere che ha ricevuto una cartella di pagamento per IRAP, emessa ai sensi dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973, il professionista avverso la cartella di pagamento propone ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure accolgono le doglianze del contribuente annullando le cartelle. La decisione veniva confermata anche dai giudici di appello, a cui aveva adito l’Agenzia delle Entrate, che sulla scorta della documentazione prodotta, che non ricorressero i presupposti per applicare l’IRAP ritenendo rilevante la mancanza dell’impiego di lavoro dipendente.
L’Amministrazione finanziaria avverso la decisione dei giudici di appello proponeva ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
Gli Ermellini accolgono il ricorso dell’Agenzia delle Entrate cassano la sentenza impugnata con rinvio ed invito al riesame in base a due principi di diritto. In base al primo, i giudici di legittimità riaffermano che in tema dell’IRAP, di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 446 del 1997, il presupposto dell’imposta è la sussistenza di un’autonoma struttura organizzativa “esterna”, che ricorre qualora il professionista impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, non essendo sufficiente l’assenza di limitazioni e controlli da parte di altri soggetti (Cass. n. 22468/2015);
I giudici del palazzaccio inoltre rammentano che il fattore-indice (rilevante nel caso di specie) costituito dal lavoro altrui, si deve ritenere che “anche il ricorso al lavoro di terzi per la fornitura di tutti i necessari servizi (dalla telefonia al segretariato) in forma rilevante e non occasionale, ma continuativa,integra il presupposto dell’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, non rilevando che la struttura posta a sostegno e potenziamento dell’attività professionale del contribuente sia fornita da personale dipendente o da un terzo in base ad un contratto di fornitura” (Cass. n.101/2010, n. 2099/2015 e n. 8962/2013).
I giudici di legittimità precisano che l’“auto-organizzazione” del professionista è un elemento essenziale per la sottoposizione alla imposta, ma non è sufficiente, essendo altresì necessario un elemento organizzativo esterno, basato sull’esistenza di beni strumentali, sul ricorso a lavoro altrui e sull’apporto di capitale, anche in via tra loro alternativa. In particolare, “la circostanza che il contribuente non si sia avvalso di lavoratori dipendenti, ma di collaborazioni autonome esterne di per sé non esclude la ricorrenza di una sua autonoma struttura organizzativa assoggettabile ad IRAP, dovendosi invece valutare la qualità e quantità di tali collaborazioni.”
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