ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO – Nota 19 aprile 2019, n. 3861
Iniziative di contrasto agli appalti illeciti – certificazione dei relativi contratti – indicazioni operative
Si fa seguito alla pregressa corrispondenza concernente le iniziative da avviare nelle ipotesi in cui, nell’ambito di un accertamento che evidenzi l’illegittimità di un appalto, venga altresì accertata la certificazione del relativo contratto da parte di una delle Commissioni di cui all’art. 76 del D.Lgs. n. 276/2003 (fra cui enti bilaterali, università pubbliche e private, Consigli provinciali dei consulenti del lavoro).
Il ricorso alla certificazione di tali contratti avviene sempre più di frequente da parte di realtà datoriali che si affidano a tale strumento nella consapevolezza di dare successivamente esecuzione ad un appalto illecito. In tal senso, la certificazione è dunque utilizzata esclusivamente come strumento di ostacolo ad una eventuale attività di vigilanza che evidenzi una “difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione”.
Ciò premesso, è bene anzitutto ricordare che eventuali certificazioni di contratti di appalto possono ritenersi del tutto inefficaci sul piano giuridico, in particolare laddove le stesse siano riconducibili ad enti bilaterali che non possono ritenersi tali. Ai sensi dell’art. 2, comma 1 lett. h), del D.Lgs. n. 276/2003, infatti, detti enti sono esclusivamente gli “organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative”. In tal caso, così come peraltro già indicato con circ. n. 4/2018, il personale ispettivo sarà tenuto a verificare quali siano i soggetti collettivi che hanno dato vita all’ente che, in non pochi casi, risulta costituito da soggetti pressoché sconosciuti sul piano della rappresentatività sindacale e che operano per conto di una sola o di pochissime realtà datoriali.
In altre ipotesi, laddove non sia in discussione la legittimazione del soggetto certificatore, occorre verificare la volontà dello stesso circa la possibilità di agire sulle certificazioni già rilasciate, eliminandone gli effetti giuridici, in ragione di uno o più vizi che possano ritenersi inficianti la valutazione effettuata in sede di emanazione del provvedimento.
In tali casi occorre anzitutto verificare la sussistenza di eventuali vizi dell’istanza di certificazione che possano riverberarsi sul successivo provvedimento emanato dalla Commissione. In particolare appare necessario anzitutto accertare se l’istanza:
– sia stata sottoscritta da entrambe le parti del contratto;
– contenga tutti gli elementi utili a consentire una compiuta valutazione da parte della Commissione di certificazione. In tal senso occorre fra l’altro verificare la correttezza delle dichiarazioni, normalmente contenute nelle istanze di certificazione, in ordine ad eventuali precedenti ispettivi in capo ad una o entrambe le parti del contratto. Qualora infatti tali dichiarazioni non risultino veritiere o incomplete, può ritenersi evidentemente compromessa la successiva valutazione della Commissione, in particolare laddove gli illeciti abbiano a riguardare un uso distorto della tipologia di contratto per il quale si richiede la certificazione.
Altro elemento di valutazione riguarda l’obbligo in capo alle Commissioni di certificazione di comunicare “l’inizio del procedimento (…) alla Direzione provinciale del lavoro che provvede a inoltrare la comunicazione alle autorità pubbliche nei confronti delle quali l’atto di certificazione è destinato a produrre effetti” affinché possano “presentare osservazioni alle commissioni di certificazione” (art. 78, comma 2 lett. a), D.Lgs. n. 276/2003). Secondo un criterio di ragionevolezza, la comunicazione in questione dovrebbe essere trasmessa alla sede territoriale dell’Ispettorato del lavoro che, in relazione al luogo di svolgimento delle prestazioni lavorative, potrebbe essere interessata dagli effetti della certificazione. Non di rado la comunicazione è invece effettuata all’ITL competente in relazione alla sede legale dell’impresa (nel caso di appalto dell’impresa appaltatrice) che ha sottoscritto l’istanza. L’individuazione non corretta del destinatario della comunicazione potrebbe dunque compromettere la possibilità, da parte di questo Ispettorato – in particolare laddove non venga allegata la documentazione utile a formulare le osservazioni o ad individuare l’Ufficio territorialmente competente – di fornire importanti elementi di valutazione alla Commissione, ivi compresa la possibilità di rappresentare a quest’ultima, con la necessaria tempestività, l’esistenza di accertamenti ispettivi in corso o l’esistenza di precedenti violazioni in capo all’impresa.
Da ultimo, va ricordato che l’esame di numerosi contratti di appalto certificati ha evidenziato come le stesse certificazioni siano intervenute anche molto tempo dopo l’inizio della esecuzione del contratto.
Accertato che non ricorrono le condizioni di cui all’art. 79, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003 in ordine agli effetti retroattivi della certificazione, occorre dunque evidenziare che per il periodo “non coperto” dalla certificazione della Commissione è sempre possibile procedere con l’adozione dei provvedimenti sanzionatori e di recupero contributivo.
Inoltre, si ricorda che la certificazione non produce alcun effetto in ordine ad eventuali condotte di rilievo penale, ivi comprese le condotte che evidenziano la sussistenza di una somministrazione fraudolenta ai sensi dell’art. 38 bis D.Lgs. n. 81/2015.
Tutto ciò premesso, laddove nel corso dell’attività di vigilanza emergano contratti di appalto certificati, si invitano codesti Uffici ad attivarsi nei confronti delle relative Commissioni di certificazione – quantomeno nei confronti delle Commissioni da considerarsi effettivamente abilitate a svolgere attività certificatoria – per rappresentare eventuali vizi del provvedimento adottato.
Si fa riserva di fornire ulteriori indicazione anche sulla base di segnalazioni o problematiche che potranno essere indicate da codesti Uffici.
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