Non può essere attribuito alla richiesta di un’istanza di rateazione presentata da un contribuente il valore di “riconoscimento del debito”. Da ultima la sentenza n. 4265 del 20 febbraio 2017 della sez. III della Commissione tributaria provinciale di Roma. La sentenza si colloca nel solco di un orientamento, ormai in maniera unanime. Occorre rammentare che non sono rare le volte in cui il contribuente pur non condividendo le richieste fattegli dall’agente della riscossione, decida comunque, nelle more della valutazione circa l’eventuale impugnativa, di rateizzare il carico tributario esistente a suo carico. Questo anche e soprattutto sulla circostanza che in nessun caso il ricorso giudiziale sospende o impedisce l’adozione di eventuali azioni esecutive a scapito del debitore.
I giudici della CTP in perfetta aderenza all’orientamento sopra richiamato hanno disatteso totalmente l’eccezione sollevata dall’agente della riscossione, avendo cura di sottolineare che: “In relazione alle richieste di rateazione, dichiarate e non documentate da Equitalia, asseritamente presentate dalla società ricorrente e che la stessa ricorrente disconosce e contesta di aver mai presentato, l’assunto dell’Agente della riscossione che tale comportamento equivarrebbe ad acquiescenza del debito è da disattendere, poiché la deduzione, ammesso e non concesso che sia reale, non è suffragata da alcun dettato normativo, infatti ha, oltre il principale scopo di rateizzare il debito, quello subordinato di evitare le procedure esecutive con la riserva in caso di impugnativa con esito non negativo di sgravio parziale o totale.
Infine i giudici della CTP nella sentenza in esame finiscono con il suggerire al contribuente la giusta strategia da adottare nel caso in cui non dovesse ritenere legittimo l’eventuale atto notificatogli precisando che è sempre opportuno presentare, parallelamente al ricorso, un’istanza di rateazione del debito, ciò, anche e soprattutto, allo scopo di impedire che il contribuente, nell’attesa della definizione del giudizio, possa subire eventuali azioni invasive della propria sfera patrimoniale.
Tanto più, in considerazione del fatto che, stando al dettato della pronuncia in rassegna, qualora il giudizio tributario dovesse concludersi con esito favorevole per il contribuente, ogni versamento dallo stesso effettuato in relazione all’atto oggetto di annullamento dovrà essergli integralmente rimborsato.