Agenzia delle Entrate – Risposta n. 322 del 3 giugno 2022
IVA applicabile ai canoni corrisposti da una Società concessionaria a favore di un Comune concedente per l’affidamento del servizio di prelievo, trasporto, deposito e custodia dei veicoli rimossi e per l’uso di immobili strumentali allo svolgimento del predetto servizio. Artt. 3-4 del DPR n. 633/72
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
Il Comune istante (di seguito anche “Concedente”) fa presente di aver affidato ad una società (di seguito “Concessionaria”), con contratto di concessione del 9 giugno 2021, all’esito di una procedura di gara aperta (n. ) ai sensi dell’articolo 164 del d.lgs.
18 luglio 2016, n. 50 (c.d. “Codice dei contratti pubblici”), il “servizio di prelievo, trasporto, deposito e custodia dei veicoli rimossi“, ai sensi delle norme contenute nel d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (c.d. “Codice della strada”) e nel d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (che rappresenta il relativo regolamento di esecuzione e di attuazione), nell’ambito del territorio dello stesso Comune, per una durata di quattro anni e con decorrenza dalla data di avvio del servizio.
Ai sensi dell’articolo 3 del predetto contratto sono oggetto di concessione:
- il servizio di prelievo, trasporto, deposito e custodia dei veicoli di ogni categoria, rimossi ai sensi delle disposizioni del Codice della strada e del relativo regolamento di attuazione;
- il servizio di prelievo, trasporto, deposito, custodia, radiazione e demolizione dei veicoli rinvenuti sul territorio comunale in stato di abbandono;
- il servizio di prelievo, trasporto, deposito e custodia o spostamento dei veicoli di ogni categoria rimossi per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza, ;
- il servizio di prelievo, trasporto, deposito e custodia dei veicoli di ogni categoria rimossi per motivi di polizia giudiziaria;
- il servizio di prelievo, trasporto e custodia di veicoli incidentati.
L’istante rappresenta che, a valle, gli importi dovuti a fronte dei servizi di cui alle lettere a), d) ed e) sono posti direttamente a carico del cittadino trasgressore o dell’avente diritto al ritiro e verranno riscossi direttamente dalla Concessionaria all’atto della restituzione del veicolo, mentre gli importi dei servizi di cui alle lettere b) e c) sono a carico dell’Amministrazione concedente, che li corrisponde alla Concessionaria medesima.
In base al contratto di concessione, i predetti importi riscossi dalla Concessionaria sono stabiliti nelle tabelle A e B allegate al Capitolato Speciale Descrittivo Prestazionale. Al riguardo, come emerge dalla documentazione prodotta, viene stimato un valore indicativo presunto della concessione pari a euro … (cfr. articolo 9 del contratto rubricato “VALORE DEL CONTRATTO/CORRISPETTIVO DEL SERVIZIO/RAPPORTI ECONOMICI”).
I compensi per i servizi pagati dal Concedente (di cui alle lettere b e c) verranno corrisposti a misura, a seguito di presentazione di fattura allo stesso intestata e con la partita iva indicata, con cadenza mensile, sulla base dell’attività effettuata nel mese di riferimento.
Ai sensi del citato articolo 9 del contratto “A fronte del godimento dei descritti servizi affidati in concessione, la Concessionaria si impegna nei confronti del Concedente, per tutta la durata della concessione, alla corresponsione di un canone annuo” determinato in euro … annui, da corrispondere mensilmente.
A carico della Concessionaria, il medesimo articolo 9 prevede il pagamento di ulteriore canone, nella misura di euro … annui, a fronte della concessione di un’area per il temporaneo deposito dei veicoli rimossi, come risulta dall’articolo 14 del contratto di concessione e dal Capitolato Speciale Descrittivo Prestazionale. Detto articolo 14 dispone, infatti, che “per il temporaneo deposito dei veicoli rimossi l’Amministrazione Comunale concede al Concessionario, in locazione, un’area di proprietà comunale sita nel (…), dove sono presenti uffici e locali da utilizzare per l’accoglimento dell’utenza all’atto del ritiro dei veicoli rimossi oltre a spazi e altri locali in uso del personale della Polizia Locale”.
Ciò posto, il Comune istante chiede di conoscere quale sia il trattamento fiscale, agli effetti dell’IVA, applicabile ai predetti canoni che la Concessionaria è tenuta a corrispondere allo stesso.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
Il Comune ritiene che entrambi i canoni dovuti dalla Concessionaria non siano da assoggettare ad IVA, in considerazione dell’insussistenza del presupposto soggettivo d’imposta ai sensi sia delle specifiche disposizioni di cui all’articolo 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 sia della disposizione contenuta nell’articolo 13 della direttiva n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006.
Più in particolare, con riferimento alla concessione del servizio di prelievo, trasporto, deposito e custodia dei veicoli rimossi per il quale viene richiesto alla Concessionaria il versamento del canone, l’istante ritiene applicabile l’articolo 4, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972 – il quale ricomprende tra le attività che non devono considerarsi commerciali “le operazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dagli altri enti di diritto pubblico nell’ambito di attività di pubblica autorità” – e l’articolo 13 della direttiva n. 2006/112/CE, in quanto il concedente agisce nella veste di pubblica autorità, avente il titolo a provvedere alla concessione quale ente proprietario della strada, ai sensi dell’articolo 354 del d.P.R. n. 495 del 1992. Con riferimento alle attività da considerarsi aventi natura commerciale l’istante richiama altresì la circolare ministeriale n. 18 del 22 maggio 1976 e il D.M. 31 dicembre 1983, relativo all’individuazione delle categorie dei servizi pubblici a domanda individuale.
Per quanto attiene al canone per l’uso della porzione di immobile, ove sono presenti anche altri locali a disposizione della polizia locale, l’istante ritiene che l’esercizio del suddetto servizio dei veicoli rimossi non possa essere attuata se non disponendo anche di un’apposita area. Al riguardo, l’area individuata, di proprietà comunale, non è né stabilmente né esclusivamente oggetto di svolgimento di attività commerciale, la stessa rientra nel patrimonio indisponibile del Comune e non è nemmeno inserita nell’elenco degli immobili da valorizzare, con alienazione o con locazione, in base alla Deliberazione della Giunta Comunale n. (…)- Approvazione Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari 2021-2023.Il Comune afferma che la strumentalità dell’area rispetto al predetto servizio relativo ai veicoli rimossi si evince anche dalla circostanza che lo stesso ente si riserva la facoltà di modificare il sito dell’area individuata come luogo di deposito dei veicoli rimossi, mettendo a disposizione un’altra area e locali aventi le medesime caratteristiche adeguate allo scopo (articolo 14, comma 1, secondo periodo, del contratto di concessione).
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Ai fini dell’assoggettamento ad IVA di una operazione occorre verificare la sussistenza dei presupposti soggettivo, oggettivo e territoriale previsti dall’articolo 1 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Assunto sussistente il presupposto territoriale, con riferimento al presupposto oggettivo, per quanto qui di interesse, l’articolo 3 del citato d.P.R. prevede al comma 1 che “costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo di pendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazione di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”. Lo stesso articolo 3, secondo comma, n. 1), prevede che costituiscono prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, “le concessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili”.
La disposizione è conforme ai principi dettati con le disposizioni contenute nella direttiva n. 2006/112/CE del 2006 (Titolo I articolo 2, Titolo IV articoli 24 e seguenti); al riguardo, la Corte di Giustizia UE, nel definire l’ambito oggettivo di applicazione dell’IVA, ha statuito, con ampia definizione, che “la possibilità di qualificare una prestazione di servizi come operazione a titolo oneroso presuppone unicamente l’esistenza di un nesso diretto tra tale prestazione e un corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo. Tale nesso diretto esiste qualora tra il prestatore e il destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni e il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario” (cfr. sentenze 26 settembre 2013 causa C-283/12; 22 giugno 2016 causa C-11/15. In tal senso anche sentenze della stessa Corte di Giustizia 23 marzo 2006 causa C-210/04; 3 marzo 1994 emessa nella causa C-16/93).
Sostanzialmente, il presupposto oggettivo si ravvisa ogniqualvolta sussiste una correlazione tra attività finanziata ed erogazione di denaro; di conseguenza, in caso contrario il medesimo presupposto deve considerarsi escluso.
Con riferimento al presupposto soggettivo, l’articolo 4 del suddetto d.P.R. n. 633 del 1972, al primo comma prevede che “per esercizio di imprese si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del Codice civile, anche se non organizzate in forma d’impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma d’impresa, dirette alle prestazioni di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del Codice civile.”
Lo stesso articolo 4 prevede che per gli enti pubblici e privati “che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole, si considerano effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di attività commerciali o agricole” (quarto comma) e che non si considerano commerciali “le operazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dagli altri enti di diritto pubblico nell’ambito di attività di pubblica autorità” (quinto comma).
L’articolo 13, paragrafo 1, della citata direttiva n. 2006/112/CE del 2006 prevede tra l’altro, che “Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni. Tuttavia, allorché tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono considerarsi soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni della concorrenza di una certa importanza. (…)”.
In altri termini, con riferimento agli enti pubblici (tra i quali i Comuni), le attività poste in essere nella “veste di pubblica autorità” non sono rilevanti agli effetti dell’IVA, sempre che il loro non assoggettamento possa provocare distorsioni di concorrenza di una certa importanza. Viene, quindi, prevista una deroga ai principi generali di applicazione del tributo, al verificarsi di determinate condizioni. In particolare, da quanto emerge sia dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (cfr sentenze C-72/13 del 20 marzo 2014; C-604/19 del 25 febbraio 2021), che è stata chiamata a interpretare il concetto di “pubblica autorità”, sia da quella della Corte di Cassazione (cfr. da ultimo, le sentenze n. 26208 del 28 settembre 2021; n. 28558 del 18 ottobre 2021; n. 4835 del 15 febbraio 2022; n. 6066 del 24 febbraio 2022), sono riconducibili tra le attività svolte in veste di pubblica autorità quelle fondate su un rapporto di diritto pubblico (“iure imperi“), mentre sono da ricondurre tra le attività di natura commerciale quelle fondate su rapporti di carattere privatistico.
Al riguardo, a parere dei giudici unionali, non assumono rilievo l’oggetto e lo scopo dell’attività (cfr. sentenza del 14 dicembre 2000, causa C-446/98), bensì rilevano piuttosto le modalità di esercizio dell’attività, ossia occorre accertare se gli stessi enti agiscano nella veste, loro propria, di soggetti di diritto pubblico o in quella di diritto privato, cioè alle condizioni giuridiche proprie degli operatori economici privati, secondo il regime giuridico applicato in base al diritto nazionale (in tal senso anche le risoluzioni n. 348/E del 2008; n. 122/E del 2009; n. 139/E del 2010). Sul tema, la Suprema Corte, nella recente pronuncia 2 dicembre 2021, n. 37951, ha chiarito che “Il fatto che l’attività persegua uno scopo d’interesse generale, persino nell’esercizio di funzioni conferite e regolamentate dalla legge, è irrilevante per valutare se tale attività si traduca in prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso (Corte giust. causa C-263/15, Lajvér, punto 42)“.
Infine, non rileva la circostanza che i beni utilizzati nello svolgimento dell’attività appartengano o meno al demanio o al patrimonio dell’ente pubblico (cfr. risoluzione n. 348/E del 7 agosto 2008).
Pertanto, alla luce del quadro di riferimento richiamato, nel caso di un’attività resa da un Comune è necessario stabilire in primo luogo se la stessa sia realizzata nella sua veste autoritativa poiché, in tal caso, sempre che il mancato assoggettamento all’IVA non provochi distorsioni della concorrenza di una certa importanza, non integrandosi in capo al medesimo ente il requisito soggettivo, l’operazione è esclusa dall’ambito applicativo del tributo. Diversamente, se, nello svolgimento dell’attività, non si rinviene in capo al Comune la veste di pubblica autorità è necessario accertare se il medesimo ente svolga o meno un’attività economica (rectius d’impresa), ai sensi delle disposizioni nazionali (citato articolo 4) e unionali (cfr. articolo 9 della Direttiva n. 112/2006/CE).
In particolare, ai sensi dell’articolo 9 della predetta Direttiva soggetto passivo “è chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo e dai risultati” e detta disposizione, relativamente al concetto di “attività economica” è stata interpretata dalla Corte di Giustizia UE, nel senso che essa deve essere intesa “come lo sfruttamento di un bene materiale e immateriale per ricavarne introiti avente carattere di stabilità” (cfr. sentenze Corte di Giustizia 26 settembre 1996, causa C-230/94 e 27 gennaio 2000, causa C-23/98. Anche Corte di Cassazione, sentenza n. 37951 del 2021, cit.). Al fine di verificare la sussistenza di detta finalità, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha affermato che occorre considerare il complesso dei dati che caratterizzano il caso specifico e, in particolare, la natura del bene.
Con riguardo alla normativa interna, alla luce del disposto dell’articolo 4 del d.P.R. n. 633 del 1972, qualora l’ente effettui un’attività riconducibile nell’articolo 2195 del Codice Civile, il carattere commerciale della stessa attività si configura a prescindere dalla sussistenza di una determinata organizzazione d’impresa, mentre nell’ipotesi in cui il medesimo ente svolga un’attività non rientrante tra quelle di cui all’articolo 2195, al fine di accertare il carattere commerciale della stessa attività è necessario verificare l’esistenza di un’organizzazione d’impresa (cfr. risoluzioni n. 286/E del 11 ottobre 2007, n. 348/E del 7 agosto 2008 e n. 122/E del 6 maggio 2009) e tale verifica, come sopra evidenziato, non può prescindere da un esame delle circostanze e degli elementi che connotano il caso concreto.
Nel caso di specie, dall’esame della documentazione prodotta, inclusa quella richiesta in sede di documentazione integrativa (disciplinare di gara n. ; determinazioni nn. …, … e … rispettivamente del 30 giugno, del 4 agosto e dell’11 dicembre 2020), emerge che i servizi aggiudicati alla società, di cui alle lettere da a) ad e) in precedenza descritti, sono regolati mediante “Contratto di concessione” stipulato (all’esito di una procedura di gara aperta finalizzata all’affidamento del predetto servizio, ai sensi delle norme del Codice della Strada e del relativo regolamento di esecuzione e di attuazione) ai sensi dell’articolo 164 e ss. del Codice degli appalti. In particolare, secondo quanto rappresentato:
- a seguito di procedura di gara aperta ai sensi dell’articolo 164 del “Codice dei contratti pubblici”, il Comune ha aggiudicato il Contratto di concessione dei servizi in precedenza descritti alle lettere da a) a e) dell’articolo 3 del Contratto medesimo;
- a fronte della concessione di tali servizi, la Concessionaria:
- è tenuta al pagamento al Comune di un canone annuale determinato in modo unitario (pari a euro 47.060,00 annui);
- riscuote, a valle, i compensi stabiliti nelle tabelle A e B allegate al Capitolato Speciale Descrittivo Prestazionale, stimati in una somma pari un valore indicativo presunto della Concessione (pari a euro …);
- per il temporaneo deposito dei veicoli rimossi, il Comune concede alla Concessionaria un’area di proprietà comunale inclusi locali ad uso ufficio, a fronte della quale la società medesima corrisponde un canone annuo (pari a euro …).
Tale contratto rappresenta per le parti (Concedente e Concessionaria) fonte di reciproche obbligazioni vincolanti, legittime, valide, azionabili ed eseguibili (articolo 2 “Condizioni generali“). In particolare, ai sensi dell’articolo 3 (“Oggetto”) del medesimo Contratto “Tutti i servizi indicati devono essere erogati in conformità alle previsioni del Capitolato Speciale Descrittivo Prestazionale, del progetto offerta presentato dal Concessionario …”.
Negli articoli 6 e 7 del suddetto Contratto di concessione dei servizi sono definiti gli obblighi e le attività rispettivamente sia del Comune concedente sia della società Concessionaria. In particolare, viene stabilito che in caso di mancato pagamento il Concedente potrà avvalersi del disposto dell’articolo 1453 del Codice Civile il quale prevede la risolvibilità del contratto per inadempimento, di conseguenza in tal caso la concessione decadrà di diritto e scatterà l’obbligo di sgombero dei locali in uso. All’articolo 3 dello stesso contratto viene, peraltro, stabilito che in caso di inosservanza degli obblighi previsti dall’articolo 6 che la stessa concessionaria si impegna a rispettare, viene prevista la revoca e la decadenza della stessa concessione.
Il successivo articolo 8 prevede che “Per le attività di “prelievo, trasporto, deposito, custodia, radiazione, demolizione di veicoli di ogni categoria, nei limiti del 40% (quaranta per cento) del valore contrattuale, al Concessionario sarà consentito il subappalto, avendo preventivamente indicato, in sede di gara, di volersi avvalere del subappalto per queste tipologie di attività, nel rispetto delle regole previste dall’art. 174 del D.Lgs. n. 50/2016“.
Inoltre, l’articolo 9 stabilisce a fronte del godimento dei servizi dati in concessione, che il “Concessionario si impegna nei confronti del Concedente per tutta la durata della concessione alla corresponsione di un canone annuo determinato dal Concedente in Euro. … (…), oltre l’IVA ai sensi di legge, ovvero del maggiore importo offerto in sede di gara, pari al 1,15% (…), come da offerta economica già richiamata, per un ammontare pari a Euro. … (…), oltre l’IVA ai sensi di legge“. Detta somma sarà corrisposta mensilmente in ragione di un dodicesimo dell’importo per ogni rateo (punto 16). La mancata corresponsione del suddetto canone per sei mesi costituisce grave inadempienza della società Concessionaria e potrà determinare per volontà espressa del concedente la risoluzione del medesimo contratto (punto 18).
Per lo svolgimento del servizio, la Concessionaria utilizzerà (non essendone titolare in proprio) una porzione di immobile (area per la rimessa dei veicoli e locali ad uso ufficio) di proprietà dello stesso Comune in base a contratto della durata di quattro anni, con pagamento di un canone annuale unitario di euro (. ). Il predetto contratto ha una durata collegata alla Concessione del servizio; lo stesso, infatti, è soggetto a proroga tecnica legata alla Concessione del servizio di prelievo, trasporto, deposito e custodia dei veicoli rimossi, ovvero a cessazione collegata a revoca anticipata e decadenza della concessione per i motivi indicati all’articolo 3 del medesimo contratto. Al riguardo, l’articolo 14 prevede che “3. Sono a totale carico del Concessionario tutti gli eventuali adeguamenti dell’area e dei locali, messi a disposizione dalla Concedente, alle normative di natura impiantistica e di sicurezza e gli adeguamenti ai fini dell’ottenimento della licenza di rimessa, necessaria per l’espletamento del servizio di cui al contratto, … 4. Per il periodo di vigenza della concessione il Concessionario sarà tenuto a provvedere alla pulizia cura e manutenzione ordinaria dell’area e dell’immobile in locazione, fatte salve possibili azioni di rivalsa, in caso di danneggiamento per fatto altrui. Sono a carico del Concessionario le utenze (elettriche, idriche, telefoniche etc.) dell’immobile adibito a depositeria. 5. È a carico del Concessionario la realizzazione della segnaletica orizzontale di delimitazione delle piazzole di sosta dei veicoli rimossi. 6. In caso di risoluzione del contratto o alla sua scadenza, il Concessionario deve rendere libere le aree e i locali da persone e cose, entro il termine di 10 giorni dalla richiesta. 7. Per la locazione dell’area e dei locali, il Concessionario si impegna a versare all’Amministrazione Comunale il canone di cui all’art. 9 comma 15 del presente contratto)”.
Nel contesto descritto, non sembrano ravvisarsi elementi per ritenere che il Comune istante, nel caso specifico, operi nella veste di pubblica autorità, anche tenuto conto che a fronte del complesso dei servizi oggetto di concessione in precedenza descritti alle sub lettere da a) a e), è previsto a carico della Concessionaria un canone unico e indistinto. Analoghe considerazioni devono essere effettuate in relazione al contratto per l’uso degli immobili funzionali allo svolgimento dei servizi sopra descritti, come affermato dallo stesso istante.
Ciò posto, alla luce della normativa interna e comunitaria e dei criteri elaborati dalla giurisprudenza come sopra richiamati, si ritiene che, nel caso di specie, i predetti canoni siano da assoggettare ad IVA.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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