AGENZIA delle ENTRATE – Risoluzione n. 47/E del 19 settembre 2024
IVA – Emissione nota di variazione – Liquidazione ordinaria di una società e sua estinzione mediante cancellazione dal Registro delle Imprese
Da più parti è stato chiesto di chiarire se alla liquidazione ordinaria di una società possano essere applicati i principi enunciati per le operazioni straordinarie in merito agli effetti successori negli adempimenti fiscali e, in particolare, con riguardo alla possibilità di emettere note di variazione, ex articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito decreto IVA).
In proposito, con riferimento alle operazioni di fusione o incorporazione, l’articolo 2504-bis del codice civile dispone che, «La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione. […]».
La disciplina fiscale, a sua volta, stabilisce all’articolo 172, comma 4, del TUIR, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 che, «Dalla data in cui ha effetto la fusione la società risultante dalla fusione o incorporante subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate relativi alle imposte sui redditi, salvo quanto stabilito nei commi 5 e 7».
Coerentemente, l’articolo 15 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, dispone, al comma 1, che «La società o l’ente risultante dalla trasformazione o dalla fusione, anche per incorporazione, subentra negli obblighi delle società trasformate o fuse relativi al pagamento delle sanzioni. Si applica l’articolo 2499 codice civile.».
Al riguardo, come recentemente chiarito dalla Corte di Cassazione con la sentenza a sezioni unite n. 21970 del 30 luglio 2021, «La fusione realizza una successione a titolo universale corrispondente alla successione mortis causa e produce gli effetti, tra loro interdipendenti, dell’estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione a questa, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, della società incorporante, che rappresenta il nuovo centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti incorporati. La successione universale, come vicenda giuridica, ben si attaglia invero anche a quella fra enti, avente ad oggetto un patrimonio unitariamente considerato e non soltanto elementi che lo compongono.
La fusione non è, in sé operazione che mira a concludere tutti i rapporti sociali (come la liquidazione), né unicamente a trasferirli ad altro soggetto con permanenza in vita del disponente (come il conferimento in società, la cessione dei crediti o dei debiti, la cessione di azienda, etc.), quanto a darvi prosecuzione, mediante il diverso assetto organizzativo: ma ciò non può essere sminuito ed artificiosamente ridotto ad una vicenda modificativa senza successione in senso proprio in quei rapporti.».
Al verificarsi delle condizioni innanzi citate, dunque, la società che subentra nelle posizioni soggettive del cedente/prestatore di servizi acquisisce, tra l’altro, la facoltà di emettere note di variazione, ex articolo 26 del decreto IVA, con riferimento alle operazioni effettuate originariamente dalla società scissa/incorporata.
In tal senso si è espressa più volte la prassi (Cfr. per tutte la risoluzione n. 183 del 13 luglio 1995), chiarendo che, «Per le eventuali variazioni dell’imponibile o dell’imposta, inerenti a rapporti pregressi trasferiti alla società beneficiaria, la procedura di rettifica prevista dall’art. 26 del DPR n. 633 del 1972 dovrà essere posta in essere da quest’ultima società subentrata nei diritti e negli obblighi della società scissa». Tale subentro ricorre anche ai fini della ricezione della nota di variazione, laddove l’operazione straordinaria abbia visto coinvolto il cessionario/committente.
Tanto premesso, i medesimi principi enucleati dalla suprema Corte non si applicano, invece, nell’ipotesi di liquidazione ordinaria di una società che comporta l’estinzione della stessa mediante la sua cancellazione dal Registro delle imprese.
In tale evenienza, infatti, sebbene la giurisprudenza di legittimità ritenga che l’estinzione della società, a seguito della cancellazione dal Registro delle imprese, dia luogo ad un fenomeno successorio in favore dei soci – che subentrano nei rapporti attivi e passivi facenti capo alla società estinta (Cfr. Sentenza a sezioni unite della Corte di Cassazione n. 6070 del 12 marzo 2013) – resta ferma, come peraltro evidenziato dalla stessa Suprema Corte nella sentenza n. 21970 del 2021 innanzi citata, la diversa finalità della procedura liquidatoria rispetto alle altre “operazioni straordinarie” che determinano – al verificarsi di determinate condizioni (1) – una successione dell’avente causa nei diritti e negli obblighi della società coinvolta nelle predette operazioni.
La liquidazione ordinaria, infatti, è una procedura volta alla conclusione di tutti i rapporti sociali, in cui il soggetto-società viene liquidato e cessa di operare sul mercato; non vi è, dunque, continuazione dell’impresa, né alcun subentro di altri soggetti (i soci) nell’esercizio delle posizioni soggettive ad essa riferibili – ivi compresa la facoltà, prevista dall’articolo 26, comma 2, del decreto IVA – di emettere note di variazione in diminuzione.
In particolare, le predette posizioni soggettive si estinguono per effetto della estinzione della società in capo alla quale le medesime sono sorte, sicché non ricadono nel fenomeno successorio, di cui alla richiamata sentenza della Cassazione n. 6070 del 2013, in virtù della quale, «Qualora all’estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato.».
Ne consegue che, qualora la società emittente la fattura si estingua, per effetto della relativa cancellazione dal Registro delle imprese, prima di avere esercitato la facoltà di emissione della nota di variazione in diminuzione, il diritto di credito verso l’Erario alla restituzione della maggiore IVA a debito – essendo ancora fermo allo stadio di una mera aspettativa di diritto – non può essere trasferito per successione ai soci, ma si estingue insieme ad essa. Non si realizza, infatti, quanto invece accade nell’ambito di una operazione straordinaria con effetti successori, ove il soggetto che sopravvive e prosegue l’attività imprenditoriale eredita anche le posizioni soggettive ad essa correlate e la possibilità di assolvere ai connessi adempimenti fiscali.
Stante quanto sopra, tornano, conseguentemente, applicabili i limiti più volte ricordati dalla prassi (Cfr. risoluzione n. 120/E del 2009, cui rinvia la risposta ad interpello n. 427/E pubblicata l’11 settembre 2023) secondo cui, «il recupero dell’imposta attraverso la nota di variazione ai sensi dell’articolo 26 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 presuppone sempre “l’identità tra l’oggetto della fattura e della registrazione originaria, da un lato, e, dall’altro, l’oggetto della registrazione della variazione, in modo che esista corrispondenza tra i due atti contabili” (Corte di cassazione sentenza 6 luglio 2001, n. 9188 e 2 giugno 1999, n. 5356). In tal senso, anche la sentenza della Cassazione Civile del 29 marzo 2001, n. 8455, secondo cui “l’applicazione del citato articolo 26 comma 2 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 presuppone una variazione del rapporto giuridico tra i due soggetti originari dell’operazione imponibile: cedente e cessionario di un bene, committente e prestatore di un servizio”».
In conclusione, una volta estinta la società, senza che sia stata ancora esercitata la facoltà di emissione della nota di variazione in diminuzione, non è consentito ai soci sostituirsi ad essa nella sua emissione per recuperare l’IVA relativa ad un credito non incassato.
Per completezza, a chiarimento del punto a) delle conclusioni della sentenza del 2013 innanzi richiamata – ove, invece, è riconosciuto un effetto successorio con riguardo alle posizioni debitorie della società estinta – si rammenta che, secondo la suprema Corte, «[…] deve escludersi che la cancellazione dal registro, pur provocando l’estinzione dell’ente debitore, determini al tempo stesso la sparizione dei debiti insoddisfatti che la società aveva nei riguardi dei terzi, è del tutto naturale immaginare che questi debiti si trasferiscano in capo a dei successori e che, pertanto, la previsione di chiamata in responsabilità dei soci operata dal citato art. 2495 (2) implichi, per l’appunto, un meccanismo di tipo successorio, che tale è anche se si vogliano rifiutare improprie suggestioni antropomorfiche derivanti dal possibile accostamento tra l’estinzione della società e la morte di una persona fisica.
La ratio della norma dianzi citata, d’altronde, palesemente risiede proprio in questo: nell’intento d’impedire che la società debitrice possa, con un proprio comportamento unilaterale, che sfugge al controllo del creditore, espropriare quest’ultimo del suo diritto. Ma questo risultato si realizza appieno solo se si riconosce che i debiti non liquidati della società estinta si trasferiscono in capo ai soci, salvo i limiti di responsabilità nella medesima norma indicati. Il dissolversi della struttura organizzativa su cui riposa la soggettività giuridica dell’ente collettivo fa naturalmente emergere il sostrato personale che, in qualche misura, ne è comunque alla base e rende perciò del tutto plausibile la ricostruzione del fenomeno in termini successori (sembra dubitarne Cass. 13 luglio 2012, n. 11968, ma in base ad una motivazione in buona parte imperniata sulla disposizione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 36, comma 3, operante solo nello specifico settore del diritto tributario). Puntualmente autorevole dottrina ha affermato che la responsabilità dei soci trova giustificazione nel “carattere strumentale del soggetto società: venuto meno questo, i soci sono gli effettivi titolari dei debiti sociali nei limiti della responsabilità che essi avevano secondo il tipo di rapporto sociale prescelto”».
Conformemente all’indirizzo della Suprema Corte, l’articolo 28, comma 4, del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, dispone che, «Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzione e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese».
Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.
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– Note –
(1) In generale, l’effetto successorio – sia nell’ipotesi di scissione parziale ovvero di cessione di ramo d’azienda o di scissione parziale – si realizza con riferimento alle posizioni debitorie e creditorie attribuibili all’azienda scissa o al ramo aziendale ceduto purché le stesse siano state contabilizzate con contabilità separata (cfr. la risposta ad interpello n. 484 pubblicata il 3 ottobre 2022, la risoluzione n. 183 del 13 luglio 1995.
(2) L’articolo 2495 del codice civile dispone che, «Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società».