Agenzia delle Entrate – Risposta n. 206 del 22 aprile 2022
IVA- Esenzione attività di gestione dei fondi comuni di investimento art. 10, primo comma, n. 1) del DPR n. 633 del 1972.
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
La società istante ALFA Italia s.r.l. (di seguito “ALFA Italia“) – avente per oggetto sociale la prestazione di servizi di consulenza e sub-consulenza relativi alla ricerca, ristrutturazione, investimento, monitoraggio, disinvestimento ed altre questioni connesse a concentrazioni e/o acquisizioni di imprese o altre operazioni similari – è stata costituita in data XXX dalla ALFA (di seguito “ALFA“), società di diritto tedesco quotata alla Borsa di XXX.
In particolare, la società controllante ALFA, appartenente all’omonimo gruppo d’imprese tedesco ALFA, opera nel settore del “private equity” sia direttamente sia indirettamente, ovvero attraverso una famiglia di Fondi aventi la forma societaria di limited partnership, equiparabile a quella delle società in accomandita semplice di diritto italiano, (di seguito “Fondi ALFA“).
I predetti Fondi ALFA, istituiti in XXXX, XXXX e XXX, hanno due diverse tipologie di soci:
- il general partner (BETA per i Fondi ALFA istituiti in Germania e GAMMA per quelli costituiti in Lussemburgo, di seguito “Gestore“) che ha il potere di controllo e di gestione dell’attività di ordinaria amministrazione dell’OICVM e che risponde del proprio operato con responsabilità illimitata;
- i limited partner (di seguito “LP” o “Investitori“) che sono meri investitori che non hanno diritto di partecipare alla gestione del patrimonio in virtù di una responsabilità limitata al capitale
La società istante evidenzia che non tutte le tipologie di Fondi ALFA sono effettivamente equiparabili agli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) disciplinati dalla normativa comunitaria, in quanto:
- alcune tipologie di Fondi ALFA si qualificano come fondi di investimento alternativi (cosiddetti FIA) secondo quanto previsto dalla Direttiva 2011/61/UE dell’8 giugno 2011 (cosiddetta “Direttiva AIFM“);
- un ulteriore gruppo di Fondi, qualificandosi come meri organismi di investimento non aperti ad investitori diversi da ALFA, sono privi dei caratteri distintivi della nozione generale di “organismi di investimento collettivo” e, pertanto, non sono riconducibili né tra i fondi comuni d’investimento individuati dalla Direttiva AIFM né tra gli OICVM regolamentati dalla Direttiva 2009/65/CE del 13 luglio 2009 (cosiddetta “Direttiva OICVM“).
I Gestori di entrambe le tipologie di Fondi ALFA sopra illustrati hanno affidato alla società tedesca BETA 1 (di seguito “Advisor“), facente parte del medesimo gruppo d’imprese ALFA, il compito di identificare e valutare l’opportunità di investimento, nonché di rendere assistenza e consulenza agli stessi gestori in relazione all’acquisizione e alla dismissione degli investimenti (di seguito “servizi di advisory“).
In data XXXX l’Advisor e la società ALFA Italia hanno stipulato un contratto di sub-advisory (di seguito “sub-advisory Agreement“) con il quale viene conferito alla società istante l’incarico di assistere l’Advisor nell’attività di consulenza in materia di investimenti svolta da quest’ultimo nei confronti dei gestori dei Fondi ALFA.
Nello specifico, la ALFA Italia, a seguito del perfezionamento del sub-advisory Agreement, si è impegnata a svolgere le seguenti attività a favore dell’Advisor:
- assistenza nella valutazione, preparazione ed implementazione delle strategie di investimento delineate dall’Advisor con particolare riguardo alle strategie di investimento dei Fondi ALFA sul territorio italiano, secondo le previsioni dei rispettivi Partnership Agreement;
- valutazione degli investimenti, in particolare quelli da effettuarsi in Italia che la società istante ritenga appropriati in relazione all’attività di consulenza in materia di investimenti dell’Advisor;
- assistenza e consulenza in relazione alla revisione dei dati delle società target e/o portafogli di investimento dei Fondi ALFA con particolare riguardo alle società italiane;
- consulenza all’Advisor in merito all’acquisizione e/o alla dimissione di investimenti, anche con riguardo a timing di effettuazione di ciascuna operazione di investimento o disinvestimento;
- consulenza ed assistenza nel monitoraggio di ciascun investimento realizzato dai Fondi ALFA, con particolare riguardo a quelli effettuati in Italia ed eventuale predisposizione di report periodici, laddove richiesti dall’Advisor;
- messa a disposizione dei propri amministratori per l’assunzione del ruolo di amministratori non esecutivi all’interno dei consigli di amministrazione delle società in portafoglio italiane;
- consulenza all’Advisor in merito all’esercizio dei diritti sociali nelle società detenute in portafoglio dai Fondi ALFA;
- consulenza in merito a tutte le azioni da intraprendere al fine del perseguimento degli obiettivi e delle politiche di investimento dei Fondi ALFA;
- predisposizione di materiale da includere nella reportistica periodica relativa agli investimenti dei Fondi ALFA laddove richiesto dall’Advisor;
- consulenza nell’implementazione e revisione periodica dei processi di due diligence preordinati all’investimento in società italiane.
Il contratto di sub-advisory Agreement prevede, in ogni caso, che la decisione finale in merito all’effettuazione e/o alla dismissione del singolo investimento, da parte dei Fondi ALFA, spetti al rispettivo Gestore del fondo.
La società istante, a fronte di servizi di sub-advisory resi a favore dell’advisory, percepirà un compenso annuo determinato sulla base del metodo del costo maggiorato, ovvero prendendo a riferimento tutti i costi sostenuti dalla società nello svolgimento dei servizi individuati nel contratto maggiorati da un markup.
Ciò posto, la società interpellante – dopo aver premesso che:
- le prestazioni di servizio di consulenza rese dalla stessa, essendo effettuate a favore di un soggetto passivo IVA (tedesco) residente in un altro Stato membro, non sono territorialmente rilevanti in Italia, ai sensi dell’art. 7-ter del DPR n. 633 del 1972 (in particolare, in base alla normativa vigente in Germania i predetti servizi sarebbero assoggettati ad IVA, attraverso il meccanismo dell’inversione contabile, nel territorio dello Stato tedesco e ad opera del committente estero. Pertanto, i predetti servizi sono inclusi negli elenchi riepilogativi delle prestazioni rese ex art. 50, comma 6, decreto legge 331 del 1993);
- l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA assolta in Italia sugli acquisti di beni e servizi afferenti i servizi effettuati, in attuazione degli sub-advisory Agreements, dall’istante dipende dal regime IVA applicabile ai predetti servizi qualora gli stessi fossero effettuati nel territorio dello Stato italiano, ai sensi dall’articolo 19, comma 3, lettera b), del DPR n. 633 del 1972;
- non esistono nel diritto comunitario strumenti di cooperazione amministrativa che impongano un obbligo in capo alle Amministrazioni finanziarie degli Stati di addivenire ad una determinazione condivisa circa il corretto trattamento di una data operazione;
chiede di conoscere il regime IVA applicabile ai servizi di sub-advisory resi dalla stessa qualora i predetti servizi vengano erogati nei confronti di un soggetto passivo d’imposta residente in Italia.
Nello specifico, la società interpellante chiede di sapere se nell’ipotesi in cui i servizi di sub-advisory di cui trattasi fossero rilevanti, agli effetti dell’IVA, nel territorio dello Stato italiano:
- i predetti servizi, qualificandosi come generiche prestazioni di consulenza in materia di investimenti, siano da assoggettare ad aliquota ordinaria, non essendo quindi applicabile agli stessi il regime di esenzione IVA previsto dall’art. 10, primo comma, 1) del DPR n. 633 del 1972, per la gestione di fondi comuni di investimento;
- la stessa istante possa legittimamente esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta (o dovuta o alla stessa addebitata a titolo di rivalsa) in relazione ai beni e/o servizi importati o acquistati ed utilizzati per l’erogazione dei servizi di sub- advisory, ai sensi dall’articolo 19, comma 3, lettera b), del DPR 633 del 1972.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
La società interpellante richiama, in primo luogo, la previsione esentativa recata dall’art. 135, paragrafo 1, lett. g) della Direttiva n. 112 del 2006, recepita
nell’ordinamento domestico nell’art. 10, comma 1, n. 1) del DPR n. 633 del 1972 evidenziando che l’applicazione del regime di esenzione IVA previsto, dalle disposizioni anzidette, per l’attività di gestione di fondi comuni d’investimento è subordinata ad una duplice condizione, ovvero:
- che le prestazioni di servizio erogate siano riconducibili, sotto il profilo oggettivo, tra i servizi di “gestione” dei fondi comuni d’investimento;
- che i predetti servizi di gestione debbano essere resi in relazione a fondi che si qualificano come “fondi comuni d’investimento“.
Per quanto concerne la condizione di cui alla lettera a), concernente la nozione di “gestione” degli OICR, l’istante richiama i principi espressi in materia dai giudici comunitari.
In particolare, la Corte di Giustizia dell’UE ha affermato che:
- nella nozione di “gestione” dei fondi comuni di investimento rientrano tutte le operazioni che “attengono specificamente all’attività degli organismi d’investimento collettivo“, ovvero non solo le funzioni relative alla gestione vera e propria degli investimenti (la raccolta dei capitali e la gestione dei rapporti con gli investitori, la ricerca di mercato e l’identificazione di opportunità di investimento, l’attività di due diligence sui possibili investimenti, la strutturazione degli investimenti in portafoglio e il disinvestimento), ma anche le funzioni di amministrazione degli organismi di investimento collettivo, come ad esempio quelle indicate nell’elenco non esaustivo di cui all’allegato II della Direttiva OICVM;
- la nozione di “gestione” di fondi comuni di investimento “è definita in funzione della natura delle prestazioni di servizi fornite e non del prestatore o del destinatario del servizio“. L’applicabilità del regime di esenzione non è quindi subordinata alla sussistenza di qualsivoglia requisito di carattere soggettivo e/o regolamentare in capo al prestatore che può quindi essere un soggetto terzo rispetto alla società di gestione;
- il tenore letterale della norma esentativa in argomento “non esclude in linea di principio che la gestione di fondi comuni di investimento sia smembrata in diversi servizi distinti che possono così rientrare nella nozione di gestione di fondi comuni d’investimento” ai sensi di tale disposizione e beneficiare dell’esenzione da essa prevista anche qualora siano forniti da un gestore esterno;
- il fatto che le prestazioni fornite da un terzo non incidano in modo diretto sulla composizione degli attivi del fondo e, conseguentemente, non comportino una modifica della situazione giuridica e finanziaria del fondo, non osta a che esse rientrino nell’ambito della nozione di “gestione“;
- affinché l’esenzione possa trovare applicazione è in ogni caso necessario che i servizi eventualmente prestati dal gestore esterno formino “un’insieme distinto, valutato globalmente, che abbia l’effetto di adempiere le funzioni specifiche ed essenziali del servizio di gestione di fondi comuni d’investimento“.
L’interpellante evidenzia, altresì, che la prassi amministrativa, recependo i principi elaborati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha riconosciuto l’applicabilità del beneficio dell’esenzione IVA di cui al menzionato articolo 10, comma 1, punto 1) del DPR n. 633 del 1972, ai servizi di consulenza resi da un Advisor in favore di una società autorizzata alla gestione di FIA.
Per quanto concerne, invece, la condizione di cui alla lett. b) – concernente la riferibilità delle prestazioni agli OICR riconducibili tra i fondi comuni di investimento destinatari della norma esentativa in esame – l’istante evidenzia che i giudici comunitari hanno in più occasioni statuito che si qualificano come “fondi comuni d’investimento“, ai fini dell’applicazione della norma esentativa di cui all’art. 135, paragrafo 1, lett. g) della Direttiva n. 112 del 2006:
- i fondi che costituiscono organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM di cui alla Direttiva 85/611/CEE, trasfusa nella Direttiva 2009/65/CE, c.d. Direttiva UCITS) che hanno per oggetto esclusivo l’investimento collettivo in valori mobiliari dei capitali raccolti presso il pubblico, il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi, e le cui quote sono, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi (cfr. sentenze relative alle cause C- 595/13; C-424/11; C-464/12);
- i fondi non armonizzati che – pur non costituendo OICVM ai sensi della Direttiva sopra richiamata – presentano caratteristiche analoghe ed effettuano le stesse operazioni o comunque presentano aspetti comparabili al punto da poter essere equiparati a questi ultimi (cfr. sentenze relative alle cause C-595/13; C-424/11; C- 464/12).
In particolare, la Corte di Giustizia dell’UE ha affermato il principio di diritto secondo cui affinché un FIA possa considerarsi come avente caratteristiche comparabili ad un OICVM e, quindi, qualificarsi come fondo comune di investimento ai sensi della menzionata Direttiva IVA, dovrebbero essere soddisfatti i seguenti requisiti individuati dalla giurisprudenza comunitaria e confermati dalla prassi amministrativa:
- la sottoposizione del fondo a “vigilanza statale specifica“;
- la partecipazione al fondo da parte di una pluralità di investitori che “abbiano diritto ai benefici e sopportino il rischio connesso alla relativa gestione“;
- l’esclusiva dipendenza del “rendimento dell’investimento realizzato dai risultati di gestione del fondo“.
Pertanto, i FIA, al ricorrere delle predette condizioni, possono qualificarsi come “fondi comuni di investimento” ai fini dell’applicabilità della disposizione esentativa recata dall’art. 135, paragrafo 1, lett. g) della Direttiva n. 112 del 2006, trasfusa nell’art. 10, primo comma, n. 1) del DPR n. 633 del 1972.
Ai fini della soluzione del quesito oggetto di interpello, la società istante richiama la sentenza 2 luglio 2020, relativa alla causa C-231/19, con cui la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affrontato la questione concernente l’individuazione del regime IVA applicabile ai servizi (di analisi di mercato, monitoraggio delle prestazioni e dei rischi nonché di vigilanza sul rispetto della normativa mediante l’utilizzo di una piattaforma informativa) resi da un fornitore terzo nei confronti di una società di gestione del risparmio che gestiva una pluralità di fondi solo in parte qualificabili come “fondi comuni di investimento” riconducibili tra quelli destinatari della previsione esentativa recata dall’art. 135, paragrafo 1, lett. g) della Direttiva n. 112 del 2006.
In particolare, l’interpellante evidenzia che nell’iter argomentativo che ha portato alla decisione della causa, i giudici comunitari hanno evidenziato che:
- i servizi prestati dal fornitore terzo (analisi di mercato, monitoraggio delle prestazioni, valutazione dei rischi, controllo del rispetto della normativa applicabile) costituiscono fasi successive tutte parimenti necessarie e di importanza equivalente nella realizzazione delle operazioni di investimento della società di gestione, che danno quindi luogo ad una prestazione unica da assoggettare ad un trattamento fiscale unico (punti 26, 33 e 40 della sentenza relativa alla causa C-231/19);
- tale trattamento fiscale unico non può essere determinato in funzione della natura dei fondi prevalentemente gestiti dalla società di gestione, in quanto l’applicazione di un trattamento fiscale unitario in funzione della destinazione principale dei servizi forniti avrebbe come effetto quello di estendere l’applicazione del beneficio dell’esenzione previsto per la gestione di “fondi comuni di investimento” anche ad altri fondi (punto 44 della sentenza) in violazione del principio di interpretazione restrittiva delle esenzioni (punti 22 e 45 della sentenza);
- per poter beneficiare del regime di esenzione di cui all’art. 135, paragrafo 1, g), della Direttiva n. 112 del 2006 i servizi forniti da un terzo devono formare un insieme distinto che, nella sua globalità, sia destinato a soddisfare funzioni specifiche ed essenziali della gestione di “fondi comuni d’investimento” (punto 47 della sentenza); e poiché il servizio prestato dal fornitore terzo è nel caso di specie “concepito ai fini della gestione di investimenti di varia natura” e “può essere utilizzato indifferentemente per la gestione di fondi comuni d’investimento e per quella di altri fondi” esso “non può essere considerato specifico per la gestione dei fondi comuni d’investimento” e non soddisfa, pertanto, le condizioni per beneficiare dell’esenzione di cui all’art. 135, paragrafo, lett. g) della Direttiva n. 112 del 2006 (punti 48 e 49 della sentenza).
In altri termini, in base all’orientamento espresso dai giudici comunitari la carenza del requisito di specificità fa venire meno il beneficio dell’esenzione: ovvero il fatto che il servizio possa essere utilizzato indifferentemente sia per i fondi riconducibili tra quelli destinatari della previsione esentativa di cui trattasi sia per quelli non qualificabili come fondi comuni d’investimento nell’accezione declinata dalla normativa unionale inciderebbe sulla natura del servizio stesso che non risulterebbe specifico ed essenziale per la gestione di “fondi comuni d’investimento” di cui all’art.135, paragrafo, lett. g) della Direttiva n. 112 del 2006.
Tanto premesso, la società istante ritiene che anche nel caso di servizi forniti dal sub-Advisor, il regime di esenzione IVA di cui trattasi rimarrebbe in ogni caso subordinato al soddisfacimento congiunto dei requisiti già analizzati e nello specifico:
- sotto il profilo “oggettivo” la qualificazione delle prestazioni rese dal sub- Advisor come servizi di “gestione“, nell’accezione declinata dalla giurisprudenza comunitaria e dalla prassi emanata in materia dall’Amministrazione finanziaria;
- sotto il profilo “soggettivo” tali prestazioni siano rese esclusivamente in relazione ai fondi qualificabili come “fondi comuni d’investimento” e non anche, seppur marginalmente, in relazione ad organismi d’investimento non qualificabili come
Nel caso di specie, a parere dell’interpellante il secondo requisito, relativo alla esclusiva riferibilità dei servizi di sub-advisory alla gestione di Fondi ALFA qualificabili come “fondo comuni d’investimento” non può considerarsi soddisfatto.
A sostegno della propria tesi la società istante fa presente inoltre che:
- dal punto di vista del Gruppo ALFA e dell’Advisor, il valore dei servizi di sub- advisory risiede dunque nella disponibilità di una consulting/advisory entity sul territorio italiano, allo scopo di identificare, strutturare ed eventualmente implementare opportunità di investimento sul territorio italiano;
- i predetti servizi costituiscono prestazioni uniche ed inscindibili oggetto di una remunerazione annuale unitaria e parametrata ai costi sostenuti dalla società per l’effettuazione degli stessi che possono essere o non essere utilizzate dall’Advisor e dai gestori dei Fondi.
Sulla base delle considerazioni sopra svolte, l’interpellante ritiene che i servizi effettuati dalla stessa nei confronti dell’Advisor non possano essere annoverati tra quelli di “gestione di fondi comuni d’investimento” ai sensi dell’art. 135, paragrafo 1, lett. g) della direttiva n. 112 del 2006, come recepito dall’art. 10, primo comma, n. 1) del DPR n. 633 del 1972.
Conseguentemente, l’Istante sostiene di poter legittimamente esercitare, ai sensi dall’articolo 19, comma 3, lettera b), del DPR n. 633 del 1972, il diritto di detrazione dell’IVA assolta a monte sull’acquisto di beni e servizi afferenti le prestazioni di servizi effettuate in attuazione degli “sub-advisory Agreements“.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
In linea generale, ai sensi dell’art. 19, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, “non è detraibile l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta […]“.
Nel caso di specie, i servizi di sub-advisory erogati a favore dell’Advisor (a sua volta prestatore del medesimo servizio di consulenza nei confronti dei Gestori dei Fondi ALFA) dalla società istante, essendo effettuati a favore di un committente (soggetto passivo d’imposta) residente in un altro Stato membro (Germania), non sono territorialmente rilevanti in Italia ai sensi dell’art. 7-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Conseguentemente, l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA relativa all’acquisto di beni e servizi utilizzati dalla ALFA Italia per l’erogazione dei predetti servizi di consulenza (assoggettati ad IVA in Germania) sarebbe, in linea di principio, precluso, a meno che non trovi applicazione la previsione contenuta nella lett. b) del comma 3 del richiamato art. 19 del DPR n. 633 del 1972 che reca un’eccezione alla regola generale d’indetraibilità dell’IVA relativa all’acquisto di beni e servizi afferenti – come nel caso in esame – a operazioni non soggette all’imposta, nell’ipotesi in cui le predette operazioni siano costituite da “operazioni effettuate fuori dal territorio dello Stato le quali se effettuate nel territorio dello Stato darebbero diritto alla detrazione di imposta“.
Pertanto, ai fini della soluzione del quesito prospettato con l’istanza d’interpello in esame – concernente in sostanza il riconoscimento, ai sensi del citato articolo 19, comma 3, lettera b), del DPR n. 633 del 1972, del diritto alla detrazione dell’IVA assolta in Italia sugli acquisti di beni e servizi afferenti i servizi di consulenza resi in esecuzione degli “sud-advisory Agreement” – occorre, in primo luogo, individuare il regime IVA delle predette prestazioni di servizio di sud-advisory e, nello specifico, verificare se per le stesse possa trovare applicazione il beneficio dell’esenzione IVA previsto per i servizi di gestione di fondi comuni di investimento, ai sensi dell’art. 135, paragrafo 1, lett. g) della Direttiva n. 112 del 2006, recepito nell’ordinamento interno dall’art. 10, primo comma, n. 1) del DPR n. 633 del 1972.
Ai fini che qui interessano, si evidenzia che l’ambito di operatività della predetta norma esentativa è stata oggetto di chiarimenti da parte dell’Amministrazione finanziaria, la quale con diversi documenti di prassi (cfr. risposta pubblicata n. 628 del 2020; risposta n. 571 del 2021, risposta n. 631 del 2021, risposta n.104 del 14 marzo 2022), ha illustrato i principi e i criteri, elaborati dai giudici comunitari, cui attenersi al fine di stabilire se le prestazioni di consulenza fornite da un Advisor (soggetto terzo) nei confronti di una società di gestione di fondi comuni d’investimento possano rientrare nell’ambito applicativo della disposizione esentativa prevista dall’art. 10, primo comma, n. 1) del DPR n. 633 del 1972.
Nello specifico, la risposta n. 104 del 2022 da ultimo citata, nel dare riscontro al quesito oggetto di interpello, ha fornito precisazioni in merito a due quesiti, vertenti sulla ricorrenza delle condizioni rilevanti ai fini dell’applicabilità del beneficio dell’esenzione IVA in argomento al servizio di consulenza reso dall’Advisor, ovvero:
- la riconducibilità, sotto il profilo oggetto, dei servizi di consulenza resi dal soggetto terzo tra i servizi di gestione di fondi comuni di investimento esenti da IVA ai sensi dell’art. 135, paragrafo 1, g) della Direttiva 2006/112/CE trasfuso nell’art. 10, primo comma, n. 1), del DPR n. 633 del 1972;
- la riferibilità dei predetti servizi a fondi comuni di investimento riconducibili, sotto il profilo soggettivo, tra gli OICM destinatari della predetta previsione esentativa.
Per quanto riguarda il quesito di cui al punto 1), è stato richiamato l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia dell’UE in diverse pronunce secondo cui i servizi forniti da un gestore esterno possono, sotto il profilo oggettivo, rientrare nell’ambito di operatività dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della Direttiva 2006/112/CE a condizione che gli stessi formino “un insieme distinto, valutato globalmente, destinato a soddisfare funzioni specifiche ed essenziali della gestione di fondi comuni d’investimento” (cfr. sentenza del 4 maggio 2006, relativa alla causa C-169/04; sentenza del 19 luglio 2012 relativa alla causa C-44/11, sentenza del 13 marzo 2014, relativa alla causa C-464/12; sentenza 17 giugno 2021, relativa alle cause riunite C- 58/20 e C-59/20).
Con la risposta n. 104 del 2022 è stato, altresì, precisato che con la pronuncia datata 7 marzo 2013, relativa alla causa C-275/11, richiamata nella recente sentenza 17 giugno 2021, relativa alle cause riunite C-58/20 e C-59/20, i giudici comunitari hanno statuito che “le prestazioni di consulenza in materia di investimento in valori mobiliari e le raccomandazioni di acquisto e di vendita di elementi patrimoniali fornite da un terzo a una società di gestione di fondi comuni d’investimento, che sono specifiche ed essenziali per la gestione di tali fondi, possono rientrare nell’esenzione prevista all’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA.“
In altri termini, secondo la Corte di Giustizia dell’UE “al fine di stabilire se le prestazioni fornite da un terzo a una società di gestione ricadano nell’esenzione di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA, occorre esaminare se il servizio fornito da detto terzo presenti un nesso intrinseco con l’attività propria di una società di gestione, di modo che abbia l’effetto di adempiere le funzioni specifiche ed essenziali della gestione di un fondo comune d’investimento (v., in tal senso, sentenza del 7 marzo 2013, GfBk, C-275/11, EU:C:2013:141, punto 23).“
In sintesi, in presenza di un nesso intrinseco tra i servizi di consulenza e di ricerca in materia di investimenti erogati dal soggetto terzo (Advisor) e l’attività propria del soggetto autorizzato alla gestione dei fondi comuni d’investimento, i predetti servizi possono essere ricondotti, sotto il profilo oggettivo, tra i servizi di gestione dei fondi comuni d’investimento di cui alla fattispecie esentativa in argomento.
Per quanto riguarda il quesito di cui al punto 2), concernente la riferibilità dei servizi di gestione ai fondi comuni di investimento di cui alla previsione esentativa in argomento, tornano applicabili i chiarimenti già forniti con la risposta n. 628 del 2020, in base ai quali “ai fini dell’applicabilità del regime in esame, la CGE (Corte di Giustizia UE) ha chiarito, altresì, che sono ricompresi nella nozione di fondi comuni di investimento gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (c.d. OICVM, disciplinati dalla direttiva 85/61/CEE), che hanno per oggetto esclusivo “l’investimento collettivo in valori mobiliari dei capitali raccolti presso il pubblico, il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi, e le cui quote sono, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi“.
Inoltre, secondo i giudici comunitari, si qualificano come fondi comuni di investimento quelli che, pur non costituendo OICVM, “presentano caratteristiche identiche a questi ultimi ed effettuano, quindi, le stesse operazioni, o quanto meno, presentano tratti comparabili a tal punto da porsi in rapporto di concorrenza con essi ” (in tal senso, cfr. sentenza 28 giugno 2007, causa C-363/05; sentenza 19 luglio 2012, C-44/11; sentenza 7 marzo 2013, C-424/11; sentenza del 13 marzo 2014, causa C- 464/12 e sentenza 9 dicembre 2015, causa C-595/13).
In particolare, ai fini della comparabilità di un fondo ad un OICVM, occorre che lo stesso, oltre ad essere sottoposto a “vigilanza statale specifica”, sia partecipato da più investitori che abbiano diritto ai benefici o sopportino il rischio connesso alla relativa gestione. Il rendimento dell’investimento realizzato deve, altresì, dipendere esclusivamente dai risultati della gestione del fondo medesimo (cfr. paragrafi 51 e 52 della sentenza 9 dicembre 2015, causa C-595/13 da ultimo citata).
In conclusione, solo i servizi di consulenza, classificabili sotto il profilo soggettivo quali servizi di gestione dei fondi secondo i richiamati principi interpretativi espressi dalla giurisprudenza unionale, riferibili a fondi effettivamente equiparabili agli OICVM, nell’accezione declinata dagli stessi giudici comunitari (cfr. risposta n. 631 del 2021), sono riconducibili nell’ambito applicativo del regime di esenzione IVA di cui all’art. 10, primo comma, n. 1) del DPR n. 633 del 1972.
Ai fini della soluzione dello specifico quesito oggetto d’interpello, assume altresì rilievo l’orientamento espresso con la sentenza 2 luglio 2020 relativa alla causa C-231- 19, richiamata dallo stesso istante, con cui la Corte di Giustizia dell’UE ha esaminato la questione concernente l’applicabilità del regime di esenzione IVA in argomento alla prestazione di servizio complessa (analisi di mercato, monitoraggio delle prestazioni e dei rischi nonché di vigilanza sul rispetto della normativa) fornita, attraverso una piattaforma informatica appartenente a un fornitore terzo, a favore di una società che gestisce sia fondi comuni d’investimento equiparabili agli OICVM che altre tipologie di fondi non riconducibili nella previsione esentativa di cui trattasi. La predetta prestazione di servizio non frazionabile, sotto il profilo IVA, è stata ritenuta fondamentale al fine della gestione dei fondi comuni d’investimento.
In particolare, con la predetta pronuncia relativa alla causa C-231-19 i giudici comunitari, muovendo da principi di diritto ormai consolidati, (sintetizzati dallo stesso istante nella soluzione prospettata) enunciati in numerose sentenze, secondo cui:
- “l’esenzione di cui all’art. 135, paragrafo 1, lettera g) della direttiva IVA è definita unicamente in relazione alla natura della prestazione di cui trattasi, nel caso di specie le operazioni di gestione dei fondi comuni d’investimento” e che “il tenore letterale di tale disposizione non autorizza a scomporre il trattamento fiscale di una prestazione unica in funzione dei suoi utilizzi“;
- “una prestazione unica, come quella di cui trattasi nel procedimento principale deve essere oggetto di un trattamento fiscale unico“;
- “per essere qualificati come operazioni esenti, ai sensi di tale disposizione, i servizi forniti da un gestore esterno devono formare un insieme distinto, valutato globalmente, destinato a soddisfare funzioni specifiche ed essenziali della gestione di fondi comuni d’investimento”
sono pervenuti alla conclusione che il servizio descritto nella fattispecie esaminata nel procedimento principale “è stato concepito ai fini della gestione di investimenti di varia natura e che, in particolare, esso può essere utilizzato indifferentemente per la gestione di fondi comuni d’investimento e per quella di altri fondi. Quindi tale servizio non può essere considerato specifico per la gestione di fondi comuni d’investimento“.
Ciò posto tenendo conto dell’orientamento giurisprudenziale sopra illustrato, in linea di principio, una prestazione di servizi composita, sotto il profilo IVA, erogata a favore di un soggetto che gestisce sia organismi di investimento collettivo del risparmio riconducibili a quelli della fattispecie esentativa sia fondi non assimilabili ai predetti organismi collettivo del risparmio non può beneficiare del regime di esenzione IVA previsto dal richiamato art. 135, paragrafo 1, lett. g) della Direttiva n. 112 del 2006.
Tanto premesso, con riferimento al caso di specie, nel presupposto assunto acriticamente che non tutte le tipologie di Fondi ALFA siano equiparabili agli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) disciplinati dalla normativa comunitaria, si è dell’avviso che i servizi di consulenza resi dalla società istante in esecuzione del “sud-advisory Agreement” allegato all’istanza possano essere esclusi dall’ambito applicativo della fattispecie esentativa prevista per la gestione dei fondi comuni di investimento dall’art. 135, paragrafo 1, lett. g) della Direttiva n. 112 del 2006 ove ricorrano le condizioni valorizzate dalla citata pronuncia della Corte di Giustizia ovvero ove si configuri nel caso di specie una complessa prestazione servizi non frazionabile, utilizzabile “indifferentemente” per la gestione di fondi comuni d’investimento e per quella di altri fondi e non, invece, un “servizio destinato a soddisfare funzioni specifiche ed essenziali della gestione di fondi comuni d’investimento“.
Detta circostanza, dipendendo da una serie di elementi fattuali non valutabili dalla scrivente in sede di interpello, deve essere appurata nel singolo caso concreto e sulla stessa resta impregiudicato il potere di controllo dell’amministrazione finanziaria nelle opportune sedi.
Solo sussistendo tali condizioni, pertanto, i servizi di consulenza in materia di investimenti (sub-advisory) resi dalla società istante sarebbero da assoggettare ad IVA con aliquota ordinaria qualora fossero effettuati nel territorio dello Stato italiano e la società istante sarebbe, conseguentemente, legittimata ad esercitare, ai sensi del citato articolo 19, comma 3, lettera b), del DPR n. 633 del 1972, il diritto di detrazione dell’IVA assolta in Italia sugli acquisti di beni e servizi utilizzati per l’erogazione del complesso dei servizi erogati nei confronti dell’Advisor, società di diritto tedesco.
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